REPUBBLICA, UN FINANZIERE DELLE FIAMME GIALLE SOTTO ACCUSA PARLA ATTRAVERSO IL DELEGATO COCER SALVATORE TRINX: “SONO UN FESSO, NON UNA SPIA”.
Repubblica, domenica 29 ottobre 2006, pagina 11.
“IO TRA I DIECI FINANZIERI INDAGATI, COSI’ SPIAVO PRODI E BERLUSCONI”
L difesa di una delle Fiamme Gialle sotto accusa: volevo sapere quanto prendono i politici.
ROMA. “Sono un fesso. Non una spia. Volevo solo togliermi una curiosità: sapere quanti anni della mia avrei dovuto lavorare per guadagnare quanto dichiarano in un anno i leader di maggioranza e opposizione, Prodi e Berlusconi”. Così, uno dei 10 uomini della Guardia di finanza indagati nello scandalo dello spionaggio fiscale, s’è giustificato con un componente del Cocer nazionale delle fiamme gialle. E’ un appuntato, il finanziere sotto inchiesta. Ed è in servizio da vent’anni “senza mai avere un addebito”. Essendo un militare, non può rilasciare dichiarazioni o interviste, Per questo, ha chiesto l’anonimato e ha accettato di raccontare la sua storia con la mediazione di un suo collega del Cocer.
“Non faccio parte di partiti o di associazioni – ha chiarito – e i riferimenti delle dichiarazioni dei redditi dei due politici non li ho riferiti a nessuno”. La sua versione, che vuole allontanare il sospetto che fosse al soldo di qualche organizzazione di “spioni”, dovrà reggere al vaglio della magistratura che, invece, si muove nell’ipotesi che non si tratti di semplici curiosi.
Al Cocer il militare s’è rivolta anche per avere assistenza legale. “Ho una moglie e due figli – ha raccontato -, soldi per un avvocato non ne ho. Mi hanno nominato un legale d’ufficio e io ho chiesto il patrocinio gratuito. Se non me lo concederanno non so come fare per difendermi”. Non nega certo quanto gli ha contestato la procura di Milano, e cioè di aver spiato redditi, patrimoni, titoli, società e altri dati custoditi nell’anagrafe fiscale. “Sì, è vero – ha confessato al suo collega del Cocer – una decina di mesi fa ho avuto la tentazione di curiosare fra i patrimoni di Prodi e Berlusconi. Ho spulciato i dati sulla maschera del sistema, ho guardato i loro redditi, ma non ho stampato nulla. Mi rendo conto di aver fatto la più grande stupidaggine della mia vita”. Una stupidaggine che gli è costata cara e della quale s’è reso conto quando l’altro giorno, in ufficio, s’è trovato alcuni suoi colleghi con un decreto di perquisizione in mano. “Sono stati gentili – ha raccontato – ma quando mi hanno detto che dovevano eseguire una perquisizione per quel fatto, mi sono sentito svenire. Hanno cercato dappertutto, sulla scrivania, nell’armadietto, e mi hanno tolto l’accesso al sistema informatico”. L’attività investigativa ha accertato che non era la prima volta che quell’appuntato approfittava dell’accesso all’anagrafe tributaria per motivi non istituzionali. E’ ancora il suo racconto: “Cercavano carte, prove delle mie intrusioni illecite nel sistema. In un cassetto hanno trovato una misura catastale che avevo fatto alcuni anni fa non per motivi di lavoro. In effetti, me l’aveva chiesta mio padre. Poi, l’avevo lasciata là per una dimenticanza. Hanno sequestrato anche quel documento”. Subito dopo il controllo dell’ufficio, i finanzieri della procura di Milano hanno accompagnato il loro collega appuntato a casa, per la perquisizione domiciliare che, però – ha detto – “non ha portato a nulla”.
(a. cus.)