DA MAGGIO 15 BLITZ DELLA FINANZA E UN MIGLIAIO DI STRANIERI RESPINTI. LE OPERAZIONI SEMPRE PIÙ LONTANO DALLE COSTE ITALIANE "QUASI SEMPRE LI PORTIAMO SULLE NOSTRE PATTUGLIE E POI LI TRASFERIAMO IN LIBIA" (LA REPUBBLICA)

martedì 25 agosto 2009

Più a sud le motovedette italiane così cambia la strategia anti clandestini

Da maggio 15 blitz della Finanza e un migliaio di stranieri respinti

(la Repubblica, domenica 23 agosto 2009)

Le operazioni sempre più lontano dalle coste italiane "Quasi sempre li portiamo sulle nostre pattuglie e poi li trasferiamo in Libia"

FRANCESCO VIVIANO

LAMPEDUSA - C’è una nuova strategia italiana per la questione immigrati. Blitz in acque maltesi, sempre più lontano dalle coste italiane per bloccare le imbarcazioni di stranieri e far scattare respingimenti indiscriminati. Operazioni eseguite dalle motovedette della finanza. Dal comando della fiamme gialle non ci sono conferme ufficiali, ma c’è chi - protetto dall’anonimato - racconta quel che succede veramente. Sono già una quindicina le operazioni di respingimento da maggio ad oggi, da quando cioè è entrato in vigore l’accordo, un migliaio gli immigrati allontanati senza le verifiche di legge per stabilire chi ha diritto d’asilo o lo status di rifugiato politico.

«Noi queste cose non le abbiamo mai fatte... anzi no, siamo stati costretti a farle soltanto il 6 maggio, quando in mare, insieme ad un pattugliatore della finanza, abbiamo incrociato una imbarcazione con 240 extracomunitari. Quel giorno ci hanno ordinato, per la prima volta, di prenderli a bordo e riportarli in Libia». Il marinaio della Guardia costiera parla come se avesse un senso di colpa. «Noi siamo uomini di mare - dice - lo abbiamo nel nostro Dna. Un uomo in mare va salvato, soccorso, rifocillato. Non respinto. Quello che fanno i finanzieri non lo so e non lo voglio sapere. Mollano gli ormeggi e mancano anche per sette, otto ore, sembrano operazioni militari in teatri di guerra. Operazioni top secret».

Al Gan, il gruppo aeronavale della finanza, una palazzina nel porto vecchio di Lampedusa, il comandante non è in sede: «È fuori per servizio e non so quando torna. Al cellullare non risponde» dice il militare alla porta. Nella caserma nessuno parla, i militari da mesi impegnati tra il mare di Lampedusa e quello libico allargano le braccia, hanno paura di violare il segreto sulle missioni. «Non possiamo dire nulla - rispondono - non possiamo parlare con i giornalisti, chiamate il comando generale a Roma».

E nella Capitale confermano: «L’ordine che abbiamo dato ai nostri uomini è di non avere nessun rapporto con la stampa e di non ospitare giornalisti a bordo delle nostre motovedette che operano a Lampedusa come avveniva fino a qualche tempo fa».

Ma non tutti nella caserma di Lampedusa restano in silenzio. E un finanziere conferma: «Noi eseguiamo ordini che vengono da Roma, quando troviamo in mare delle imbarcazioni con extracomunitari comunichiamo tutto a Roma e sono loro che ci dicono cosa fare». E cioè? «Quasi sempre li trasbordiamo sulle nostre motovedette e poi li trasferiamo in Libia, in questi ultimi mesi, da quando è entrato in vigore l’accordo tra Tripoli e Roma, accade sempre questo». E i cinque eritrei trovati stremati sul gommone a poche miglia da Lampedusa, come mai non sono stati "respinti" e portati in Libia? «Erano stati abbandonati dai maltesi ed erano ormai giunti in acque territoriali italiane», e poi, spiega il militare della finanza «era evidente che stavano molto male».

Secondo alcune versioni che circolano tra i volontaria al lavoro sull’isola, appena dieci giorni fa, è stata bloccata un’imbarcazione carica di extracomunitari a cento miglia a sud di Lampedusa: gli immigrati a bordo sarebbero stati consegnati ai libici. «È vero, è successo. Io non ero presente ma so che è andata esattamente così. E molti soccorsi e respingimenti li abbiamo compiuti in acque di competenza maltese».

Squarci di verità. Neanche la Procura della Repubblica di Agrigento, viene informata di queste operazioni. «Non sappiamo niente di questi respingimenti - dice il procuratore di Agrigento Renato Di Natale - loro decidono, credo, sulla base di accordi bilaterali con la Libia». Ma quando gli extracomunitari vengono soccorsi a bordo delle nostre motovedette, quello diventa territorio italiano e quindi dovrebbero scattare tutte le procedure di legge per l’identificazione degli extracomunitari e stabilire chi ha diritto d’asilo o avere lo status di rifugiato. Come possono i finanzieri stabilire, in pochi minuti, tutto questo? Il procuratore Di Natale sussurra: «È una storia complicata».

 


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