PENSIONI, LE NUOVE REGOLE PER CHI LASCERÀ IL LAVORO DAL 2010
LE NUOVE REGOLE PER CHI LASCIA IL LAVORO DAL 2010
Chi lascerà il lavoro dal 2010 sarà sottoposto a nuove regole. Subirà una decurtazione della pensione se saranno stati versati meno di 18 anni di contributi entro il 1995. Da gennaio sono entrati infatti in vigore i nuovi coefficienti per il calcolo dei trattamenti quantificati con il sistema misto o interamente contributivo.
La revisione dei parametri iniziali, prevista dalla riforma Dini doveva scattare ogni dieci anni. L’obiettivo era di considerare l’aspettativa di vita nel calcolo della pensione.
La cosidetta “legge Damiano”, la n. 247 del 24 dicembre 2007, all’articolo 1, commi 12-16, ha stabilito di far partire i nuovi coefficienti non dal 2006 ma dal 2010 e di aggiornarli ogni tre anni.
In particolare, per coloro che al 31 dicembre 1995 hanno raggiunto un'anzianità pari o superiore a 18 anni, la pensione è calcolata secondo il sistema retributivo. Questo assume come base di calcolo l'ultima retribuzione percepita dal lavoratore o la media delle retribuzioni o dei redditi riferiti ad un periodo più o meno lungo della carriera lavorativa (a seconda del settore di appartenenza e dell'anzianità contributiva, in media gli ultimi 10 anni), rivalutati in modo da rapportarli al valore delle retribuzioni dell'ultimo periodo precedente la pensione. Per tali lavoratori non ci sono novità dal 2010.
Per coloro, invece, che al 31 dicembre 1995 avevano raggiunto un'anzianità inferiore ai 18 anni, la pensione viene calcolata con il sistema misto cioè retributivo per il periodo di anzianità maturata fino al 1995, contributivo per la anzianità successive. Il suo importo è la somma di tre quote di pensione:
- quota A: calcolata secondo le regole del vecchio sistema retributivo (media retributiva degli ultimi 5 anni, riferita al periodo di contribuzione che va fino al 31 dicembre 1992);
- quota B: calcolata secondo le regole del nuovo sistema retributivo (media retributiva degli ultimi 10 anni, per chi ha maturato 15 anni di contributi al 31 dicembre 1992, o media contributiva dell'intera vita lavorativa per chi a questa data non ha maturato 15 anni di contribuzione;
- quota C: calcolata secondo il sistema contributivo (importo dei contributi relativi al periodo lavorativo successivo al 31 dicembre 1995).
Per gli assunti dal 1° gennaio 1996 la pensione viene calcolata con il sistema contributivo. Questo sistema, introdotto dalla legge 335/95, prevede la pensione commisurata direttamente all'importo dei contributi versati nel corso dell'intera vita lavorativa. I contributi sono rivalutati annualmente al tasso di capitalizzazione e sul coefficiente di trasformazione, che applicato alla somma, consente di ottenere l'importo annuo della pensione. Il suo valore cresce in funzione dell'età del soggetto che richiede la pensione.
COEFFICIENTI DI TRASFORMAZIONE
Dal 1 gennaio 2010 sono entrati in vigore i nuovi coefficienti di trasformazione utilizzati per il calcolo della pensione per coloro che rientrano nell’applicazione del metodo contributivo e misto.
Come funziona il metodo contributivo? La logica sottostante è quella di una capitalizzazione virtuale dei contributi versati lungo l’arco della intera vita lavorativa; specifichiamo “virtuale” perché dal punto di vista finanziario il nostro sistema pensionistico si basa invece sul meccanismo della ripartizione. Dal punto di vista concettuale LA PENSIONE CALCOLATA CON IL CONTRIBUTIVO È FUNZIONE DELLA INTERA CARRIERA DEL LAVORATORE MENTRE CON IL PRECEDENTE METODO RETRIBUTIVO ERA RAPPORTATA UNICAMENTE CON L’ULTIMA FASE, quella tendenzialmente più favorevole in cui la retribuzione è più elevata, potendosi beneficiare degli scatti di anzianità, degli adeguamenti contrattuali, delle progressioni di carriera.
Tornando al metodo contributivo e volendo schematizzare:
1) l’ammontare dei contributi si ottiene moltiplicando la retribuzione annua dei lavoratori dipendenti oppure il reddito dei lavoratori autonomi, per l’aliquota di computo (33 per cento per i lavoratori dipendenti e 20 per cento per i lavoratori autonomi);
2) la sommatoria dei contributi determina un montante individuale che viene rivalutato annualmente considerando come tasso di capitalizzazione la Variazione media quinquennale del PIL (Prodotto Interno Lordo), calcolato dall’ISTAT. Il rallentamento economico in atto si riflette allora anche sulla determinazione della rivalutazione del montante pensionistico contributivo;
3) la determinazione dell’assegno pensionistico deriva poi dalla conversione in rendita di tale montante al raggiungimento dell’età pensionabile, moltiplicandolo per un coefficiente di trasformazione che tiene conto della probabilità di sopravvivenza e dell’età dell’assicurato alla data di decorrenza della pensione; questi coefficienti, determinati dalla riforma Dini (legge 335/1995) erano scalettati in base all’età, partendo dal presupposto che il lavoratore razionalmente avrebbe preferito età pensionabili più avanzate per percepire una pensione più consistente; sono però indifferenziati rispetto al sesso
QUALI SONO I NUOVI COEFFICIENTI?
Si va dal 4,419 in corrispondenza dei 57 anni (in precedenza era il 4,72), al 4,538 per i 58 anni (in precedenza era il 4,860), al 4,664 ai 59 anni (già 5,006), al 4,798 per i 60 (ex 5,163), al 4,94 per i 61 anni (ex 5,334), 5,093 per i 62 (precedentemente il 5,510), 5,257 per i 63 (già 5,706) e poi 5,432 ai 64 anni (prima 5,911) e 5,620 per i 65 anni (in precedenza il 6,136).
QUALI SONO GLI EFFETTI PRATICI?
La novità ha il suo impatto già sui lavoratori che hanno lasciato l’impiego da gennaio 2010 per la parte di pensione che deriva dal metodo contributivo; per quest’ultima componente l’assegno scenderà dal 6,38 all’8,41% a seconda dell’età.