TRATTAMENTO DI MISSIONE ESTERA ED INDENNITA' DI TRASCINAMENTO PER IL PERSONALE DEL COMPARTO AERONAVALE GDF: QUESTIONI NODALI ANCORA IRRISOLTE - di Eliseo Taverna, Daniele Tisci e Francesco Zavattolo
lunedì 17 gennaio 2011
Il peculiare aspetto del trattamento di missione estera spettante al personale delle FF.PP e FF.AA. non risulta, al momento, affrontato nei lavori parlamentari attualmente calendarizzati in Commissione Difesa, da nessuno dei quattro atti della camera (c. 1213, c. 1820, c. 2605 e c. 2849).
Come si evince dal corpo delle proposte di legge sopracitate l’intento dei relatori è teso a riorganizzare - sotto uno stabile quadro legislativo - i vari profili normativi, economici ed amministrativi che attualmente disciplinano l’istituto della missione estera. Pur comprendendo appieno l’importante finalità  che le proposte summenzionate si prefiggono, è necessario evidenziare che la materia - complessa e articolata - andrebbe affrontata anche sotto l’aspetto, forse meno visibile, ma sicuramente non meno importante, che riguarda le attività  espletate all’estero dal personale delle FF.PP e FF.AA. in assenza di una specifica previsione normativa ad hoc (ovvero quelle operazioni che non rientrano sotto i profili delle c.d. “missioni internazionali legiferate”).
Il trattamento di missione estera fu istituito con il R.D. 03/06/1926 n. 941 ed innovato, in modo sostanziale (sotto il profilo economico), dal comma 39 dell’art. 39-vicies semel del decreto legge 273/2005 convertito con modificazioni nella L. 51 del 2006. che recita:
“L'articolo 1 del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941, gli articoli 1, primo comma, lettera b), e 3 della legge 8 luglio 1961, n. 642, e l'articolo 4, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 1973, n. 838, si interpretano nel senso che i trattamenti economici ivi previsti hanno natura accessoria e sono erogati per compensare disagi e rischi collegati all'impiego, obblighi di reperibilità  e disponibilità  ad orari disagevoli, nonchà © in sostituzione dei compensi per il lavoro straordinario”.
L’interpretazione autentica sopra riportata ha vincolato le amministrazioni ad attenersi al divieto di cumulo tra l’indennità  di missione estera e il compenso per il lavoro straordinario, eventualmente effettuato dal personale beneficiario del trattamento in parola. Al riguardo bisogna rilevare che, nella fattispecie, il legislatore ha trattato l’argomento in modo univoco senza fare le debite differenze tra le due sostanziali tipologie di missioni: missioni internazionali, propriamente dette, sottoposte al regime A.L.S.E. (assegno per lungo servizio all’estero di cui alla L. 8-7-1961 n. 642), a cui sono assoggettati i dipendenti dello Stato impiegati in missioni in territorio estero e la cui partecipazione presuppone una previsione normativa con preciso campo d’impiego anche in materia economica e assicurativa (si pensi, ad esempio, alle missioni militari per interventi di pace-keeping in Afghanistan, Libano, etc.) e missioni estere “generiche”, ovvero non assoggettate a regime A.L.S.E, o comunque non sottoposte a previsione normativa specifica, ma rientrante nelle ordinarie attività  d’Istituto delle varie Amministrazioni dello Stato, come ad esempio:
attività  di Polizia Giudiziaria eseguite su territorio estero, interventi di contrasto all’immigrazione clandestina effettuati oltre i confini nazionali o Europei, traduzione nei Paesi di origine di immigrati espulsi dallo Stato con atto dell’A.G., ecc.
Quest’ultima fattispecie, a differenza della prima (missioni internazionali), riguarda principalmente operatori appartenenti alle FF. PP. e FF. AA. (ed anche altri dipendenti civili dello Stato) che per ragioni di servizio vengono impiegati sul territorio estero per brevi e circoscritti periodi di tempo (basti pensare ad uno degli esempi sopra riportati).
Considerata la natura delle attività  sopracitate, ed atteso che le stesse molto spesso non vengono espletate nel rispetto dell’orario di servizio settimanale, contrattualmente stabilito, (un pedinamento non può essere ostacolato dalla fruizione del riposo settimanale o festivo), e considerato che la diaria giornaliera prevista, a seconda del paese di destinazione, non è sufficiente a coprire in senso complessivo le spese ed i disagi sostenuti dal personale impiegato su territorio estero, l’interpretazione autentica di cui al citato comma 39 dell’art. 39-vicies semel del decreto legge 273/2005 sia sotto il profilo economico, sia sotto quello giuridico, crea delle importanti discriminazioni nei confronti delle personale impiegato, a seconda che le predette attività  vengano espletate sul territorio nazionale o su quello estero.
Al riguardo, il Consiglio di Stato (sentenza n. 4074/2007) – che giustamente non ha tenuto conto dell’interpretazione autentica menzionata - ha stabilito che “la diversità  ontologica dell’indennità  prevista per il personale dell’amministrazione dello Stato incaricato di missione all’estero, disciplinata dal R.D. 3 giugno 1926, n. 941, rispetto al trattamento economico dovuto per l’espletamento di prestazioni lavorative eccedenti l’orario obbligatorio di lavoro, esclude che tra le stesse possa sussistere un ambito, sia pur parziale, di coincidenza (tra attività  lavorativa prestata e retribuzione), solo in presenza del quale potrebbe astrattamente ammettersi tra di loro una incompatibilità  – strutturale o funzionale – tale da giustificare il divieto di cumulo.
Ed invero, non può ragionevolmente negarsi che l’indennità  corrisposta al personale incaricato di missione all’estero, al pari del resto dell’ordinario trattamento di missione (di cui alla legge 18 dicembre 1978, n. 836, ovvero alla legge 8 luglio 1961, n. 642) ha lo scopo di sopperire ai disagi e alle maggiori necessità  , anche di carattere economico, del personale derivanti dal trasferimento in altra sede (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 22 settembre 2005, n. 5006; 22 marzo 2005, n. 1157; 28 febbraio 2005, n. 758; 10 agosto 2004, n. 5489; 17 giugno 2003, n. 3421), con esclusione di qualsiasi corrispettivo per compiti espletati in aggiunta al normale orario di lavoro (C.d.S., sez. IV, 25 luglio 2005, n. 3964).
Ciò, peraltro, trova conferma nell’attenta lettura delle disposizioni contenute nel già  citato R.D. 3 giugno 1926, n. 941, ed in particolare nell’articolo 6 che prevede la riduzione dell’indennità  in parola per i “funzionari che godono di assegni o di indennità  nella qualità  di enti od uffici all’estero o incaricati di servizi all’estero” (comma 1) ovvero “se l’incarico viene adempiuto nello stesso luogo ove ha sede l’ufficio o si svolga il servizio…” (comma 2) ovvero ancora “…quando il personale sia ospite di governi esteri, o quando sia destinato al seguito di sovrani, di principi reali o comunque fruisca di trattamento gratuito” (comma 3) o infine fruisca di alloggio gratuito:
in realtà  , l’indennità  di missione di cui si discute, diversamente da quanto prospettato dalle amministrazioni appellanti, non costituisce affatto un trattamento economico onnicomprensivo e speciale, rispetto all’ordinario trattamento di missione.
La dedotta specialità  ed il suo preteso carattere di onnicomprensività  , peraltro in mancanza di un’apposita previsione normativa di rango primario, non può trovare esclusivo ed autonomo fondamento nelle normative interne dell’amministrazione, pena la violazione del principio di legalità  fissato dall’articolo 97 della Costituzione.
Deve pertanto escludersi che il trattamento di missione, proprio per la sua natura giuridica (indennitaria) e per la sua funzione, possa inglobare il compenso per lavoro straordinario che ha invece carattere retributivo, trattandosi della giusta remunerazione di una prestazione lavorativa ulteriore rispetto al normale orario di lavoro.
La giurisprudenza, d’altro canto, ha ammesso in via generale la cumulabilità  dei trattamenti economici connessi agli istituti in esame (indennità  di missione e remunerazione del lavoro straordinario), precisando che al dipendente pubblico inviato in missione spetta durante lo svolgimento della stessa il compenso per lavoro straordinario in relazione a prestazioni effettivamente rese in eccedenza al normale orario lavorativo (C.d.S., sez. IV, 6 aprile 1982, n. 231), aggiungendo che, se non può essere considerato come lavoro straordinario il periodo di tempo impiegato per recarsi dalla sede di servizio al luogo di svolgimento della missione, nulla impedisce che il servizio prestato presso la sede di missione, qualora ecceda l’ordinaria durata, sia riconosciuto e retribuito come lavoro straordinario (se prestato effettivamente e se debitamente autorizzato, C.d.S., sez. IV, 24 dicembre 2003, n. 8522; Corte dei Conti, reg. Lazio, sez. giurisd., 28 gennaio 1998, n. 11).”
Altro aspetto peculiare nella fattispecie delle c.d. “missioni internazionali” sta nel fatto che il Paese di riferimento, per profilo economico-tabellare a cui viene rapportata la diaria di missione estera (con i D.L. concernenti le “Disposizioni urgenti in materia di interventi di cooperazione allo sviluppo ed al sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonchà © relative alla partecipazione delle Forze armate e di polizia a missioni internazionali” es. il D.L. 31.1.2008), spesso non coincide con lo Stato estero in cui viene effettivamente svolta la missione.
Ad esempio al personale che partecipa alle missioni ISAF in Afghanistan e negli Emirati Arabi Uniti, nonchà © al personale militare impiegato in Iraq e al personale dell'Arma dei Carabinieri in servizio di sicurezza presso la sede diplomatica di Kabul e quella di Herat (D.L. 31.1.2008) la missione viene calcolata sulla diaria prevista con riferimento ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman.
Questo accade in ragione del rischio e dei disagi a cui viene esposto il personale, e pertanto il legislatore ritiene che per alcuni Paesi la diaria di missione prevista per quello Stato non è sufficiente a remunerare adeguatamente le spese sostenute e i rischi affrontati.
Nel caso di attività  “ordinarie” svolte su territorio estero (a causa dell’interpretazione autentica già  citata) l’indennità  di missione, escludendo ogni altro trattamento accessorio provoca, ingiustamente, delle forti discriminazioni tra il personale. Tant’è vero, che paradossalmente, in un giorno festivo (ad esempio il giorno di Natale), è più gratificante, economicamente, un turno di servizio come piantone di una caserma, in Italia, che non un pedinamento in Spagna.
E’ necessario, al riguardo, che il legislatore operi una distinzione tra missioni internazionali soggette a regime di A.L.S.E. (L. 8-7-1961 n. 642) e missioni estere non sottoposte al predetto regime. Per queste ultime, anche allo scopo di non vanificare le conquiste contrattuali che gli operatori del comparto sicurezza e difesa hanno raggiunto negli anni, si ritiene indispensabile riconoscere al personale impiegato in missione estera l’estensione di tutte le indennità  accessorie, per gli stessi previste, in ambito nazionale (presenza esterna, presenza festiva, presenza superfestiva, indennità  notturna etc.)
Per concludere, alla luce delle considerazioni evidenziate, si rende necessaria la modifica del comma 39 dell’art. 39-vicies semel del decreto legge 273/2005 convertito con modificazioni nella L. 51 del 2006 dopo le parole <<legge 27 dicembre 1973, n. 838>> sono inserite le seguenti <<per il personale civile e militare dello Stato, impiegato su territorio estero, la cui missione è disciplinata da specifiche norme istitutive e/o autorizzative>>. Quindi la nuova formulazione dell’art. 39-vicies semel del decreto legge 273/2005 convertito con modificazioni nella L. 51 del 2006 dovrebbe essere:
39) L'articolo 1 del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941, gli articoli 1, primo comma, lettera b), e 3 della legge 8 luglio 1961, n. 642, e l'articolo 4, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 1973, n. 838, per il personale civile e militare dello Stato, impiegato su territorio estero, la cui missione è disciplinata da specifiche norme istitutive e/o autorizzative, (cosiddette missioni legiferate) si interpretano nel senso che i trattamenti economici ivi previsti hanno natura accessoria e sono erogati per compensare disagi e rischi collegati all'impiego, obblighi di reperibilità  e disponibilità  ad orari disagevoli, nonchà © in sostituzione dei compensi per il lavoro straordinario.
Una questione di non poco conto, poi, è quella legata all’istituto del trascinamento.
Il cosiddetto trascinamento, infatti, è il riconoscimento di uno specifico sostegno economico spettante a determinate categorie di lavoratori nel momento in cui questi non si trovano più nelle condizioni di poter usufruire di specifiche indennità  . In particolare, il personale impiegato in attività  di aeronavigazione e volo, nel caso in cui per un qualsiasi motivo perda il diritto a percepire l’indennità  di cui agli articoli 3, 4, 5, 6, 7 e 13 della legge 78/83 può godere del beneficio del riconoscimento di 1/20 dell’indennità  percepita, per ogni anno di servizio espletato nella specialità  , fino ad un massimo di 20 anni.
Inizialmente riconosciuto al solo personale delle Forze Armate (l’art. 5, comma 2, del D.P.R. n. 394/1995) grazie all’opera dei Sindacati e del Co.Ce.R. delle Forze di Polizia, il predetto beneficio venne esteso anche al personale del comparto sicurezza.
Il Servizio Amministrativo del Comando Generale della Guardia di Finanza ha però, a suo tempo, interpretato – e quindi disciplinato in modo restrittivo - la norma in esame stabilendo che il diritto alla percezione del trascinamento spetta solo allorquando viene a cessare, in ragione delle mutate condizioni d’impiego, la corresponsione delle citate indennità  supplementari (circolare n. 117968/62 datata 13/04/2005).
E’ stata stabilita, inoltre, l’incompatibilità  del c.d. trascinamento con l’esclusione temporanea dell’indennità  . In altre parole, un militare specializzato, non impiegato nella propria specialità  per la frequenza di un qualsiasi corso interno o per assenze dovute a licenza straordinaria o per infermità  protratta per oltre 15 giorni non può godere di questo beneficio.
Al riguardo, però, è da evidenziare che altre Amministrazioni, hanno interpretato la norma in modo estremamente più favorevole per il personale, stabilendo che il beneficio del trattamento in questione spetta ogni qualvolta il personale, a qualsiasi titolo, non ha diritto all’indennità  in misura piena. Una marcata disparità  di trattamento che dovrà  essere necessariamente riequilibrata, al fine di evitare che per una stessa mansione, con analoghe prestazioni lavorative, si corrisponda un trattamento economico differenziato.
Un’altra questione di non poco rilievo, rimasta purtroppo ancora irrisolta, è quella riguardante gli Operatori Subacquei del Corpo, che com’è noto, percepiscono il 50% “dell’indennità  supplementare per truppe da sbarco, per unità  anfibie e per incursori subacquei” art 9 di cui Legge 78/83. (legge quadro per il trascinamento), in seguito al D.P.R. 254/99.
Non può certo negarsi che i sommozzatori del Corpo sono una categoria altamente operativa, pertanto non si capisce il motivo per cui non siano stati inseriti tra i beneficiari del cosiddetto trascinamento. Inoltre, appare di non poco conto che il citato personale, per la peculiarità  dell’attività  svolta, che richiede una perfetta efficienza fisica acclarata dai rinnovi biennali delle abilitazioni, sia costantemente in pericolo di perdere la specializzazione da cui dipende la relativa remunerazione economica. Infatti, nella sostanza, la ratio della sopracitata indennità  è quella di riconoscere la conservazione di un quid economico al militare, che non essendo più impiegato in settori a spiccato carattere operativo resti privo del diritto alla percezione delle indennità  spettanti.
ELISEO TAVERNA
Delegato Co.Ce.R. Guardia di Finanza
DANIELE TISCI
Delegato Co.Ce.R. Guardia di Finanza
FRANCESCO ZAVATTOLO
Segretario Nazionale Ficiesse
Come si evince dal corpo delle proposte di legge sopracitate l’intento dei relatori è teso a riorganizzare - sotto uno stabile quadro legislativo - i vari profili normativi, economici ed amministrativi che attualmente disciplinano l’istituto della missione estera. Pur comprendendo appieno l’importante finalità  che le proposte summenzionate si prefiggono, è necessario evidenziare che la materia - complessa e articolata - andrebbe affrontata anche sotto l’aspetto, forse meno visibile, ma sicuramente non meno importante, che riguarda le attività  espletate all’estero dal personale delle FF.PP e FF.AA. in assenza di una specifica previsione normativa ad hoc (ovvero quelle operazioni che non rientrano sotto i profili delle c.d. “missioni internazionali legiferate”).
Il trattamento di missione estera fu istituito con il R.D. 03/06/1926 n. 941 ed innovato, in modo sostanziale (sotto il profilo economico), dal comma 39 dell’art. 39-vicies semel del decreto legge 273/2005 convertito con modificazioni nella L. 51 del 2006. che recita:
“L'articolo 1 del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941, gli articoli 1, primo comma, lettera b), e 3 della legge 8 luglio 1961, n. 642, e l'articolo 4, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 1973, n. 838, si interpretano nel senso che i trattamenti economici ivi previsti hanno natura accessoria e sono erogati per compensare disagi e rischi collegati all'impiego, obblighi di reperibilità  e disponibilità  ad orari disagevoli, nonchà © in sostituzione dei compensi per il lavoro straordinario”.
L’interpretazione autentica sopra riportata ha vincolato le amministrazioni ad attenersi al divieto di cumulo tra l’indennità  di missione estera e il compenso per il lavoro straordinario, eventualmente effettuato dal personale beneficiario del trattamento in parola. Al riguardo bisogna rilevare che, nella fattispecie, il legislatore ha trattato l’argomento in modo univoco senza fare le debite differenze tra le due sostanziali tipologie di missioni: missioni internazionali, propriamente dette, sottoposte al regime A.L.S.E. (assegno per lungo servizio all’estero di cui alla L. 8-7-1961 n. 642), a cui sono assoggettati i dipendenti dello Stato impiegati in missioni in territorio estero e la cui partecipazione presuppone una previsione normativa con preciso campo d’impiego anche in materia economica e assicurativa (si pensi, ad esempio, alle missioni militari per interventi di pace-keeping in Afghanistan, Libano, etc.) e missioni estere “generiche”, ovvero non assoggettate a regime A.L.S.E, o comunque non sottoposte a previsione normativa specifica, ma rientrante nelle ordinarie attività  d’Istituto delle varie Amministrazioni dello Stato, come ad esempio:
attività  di Polizia Giudiziaria eseguite su territorio estero, interventi di contrasto all’immigrazione clandestina effettuati oltre i confini nazionali o Europei, traduzione nei Paesi di origine di immigrati espulsi dallo Stato con atto dell’A.G., ecc.
Quest’ultima fattispecie, a differenza della prima (missioni internazionali), riguarda principalmente operatori appartenenti alle FF. PP. e FF. AA. (ed anche altri dipendenti civili dello Stato) che per ragioni di servizio vengono impiegati sul territorio estero per brevi e circoscritti periodi di tempo (basti pensare ad uno degli esempi sopra riportati).
Considerata la natura delle attività  sopracitate, ed atteso che le stesse molto spesso non vengono espletate nel rispetto dell’orario di servizio settimanale, contrattualmente stabilito, (un pedinamento non può essere ostacolato dalla fruizione del riposo settimanale o festivo), e considerato che la diaria giornaliera prevista, a seconda del paese di destinazione, non è sufficiente a coprire in senso complessivo le spese ed i disagi sostenuti dal personale impiegato su territorio estero, l’interpretazione autentica di cui al citato comma 39 dell’art. 39-vicies semel del decreto legge 273/2005 sia sotto il profilo economico, sia sotto quello giuridico, crea delle importanti discriminazioni nei confronti delle personale impiegato, a seconda che le predette attività  vengano espletate sul territorio nazionale o su quello estero.
Al riguardo, il Consiglio di Stato (sentenza n. 4074/2007) – che giustamente non ha tenuto conto dell’interpretazione autentica menzionata - ha stabilito che “la diversità  ontologica dell’indennità  prevista per il personale dell’amministrazione dello Stato incaricato di missione all’estero, disciplinata dal R.D. 3 giugno 1926, n. 941, rispetto al trattamento economico dovuto per l’espletamento di prestazioni lavorative eccedenti l’orario obbligatorio di lavoro, esclude che tra le stesse possa sussistere un ambito, sia pur parziale, di coincidenza (tra attività  lavorativa prestata e retribuzione), solo in presenza del quale potrebbe astrattamente ammettersi tra di loro una incompatibilità  – strutturale o funzionale – tale da giustificare il divieto di cumulo.
Ed invero, non può ragionevolmente negarsi che l’indennità  corrisposta al personale incaricato di missione all’estero, al pari del resto dell’ordinario trattamento di missione (di cui alla legge 18 dicembre 1978, n. 836, ovvero alla legge 8 luglio 1961, n. 642) ha lo scopo di sopperire ai disagi e alle maggiori necessità  , anche di carattere economico, del personale derivanti dal trasferimento in altra sede (ex pluribus, C.d.S., sez. IV, 22 settembre 2005, n. 5006; 22 marzo 2005, n. 1157; 28 febbraio 2005, n. 758; 10 agosto 2004, n. 5489; 17 giugno 2003, n. 3421), con esclusione di qualsiasi corrispettivo per compiti espletati in aggiunta al normale orario di lavoro (C.d.S., sez. IV, 25 luglio 2005, n. 3964).
Ciò, peraltro, trova conferma nell’attenta lettura delle disposizioni contenute nel già  citato R.D. 3 giugno 1926, n. 941, ed in particolare nell’articolo 6 che prevede la riduzione dell’indennità  in parola per i “funzionari che godono di assegni o di indennità  nella qualità  di enti od uffici all’estero o incaricati di servizi all’estero” (comma 1) ovvero “se l’incarico viene adempiuto nello stesso luogo ove ha sede l’ufficio o si svolga il servizio…” (comma 2) ovvero ancora “…quando il personale sia ospite di governi esteri, o quando sia destinato al seguito di sovrani, di principi reali o comunque fruisca di trattamento gratuito” (comma 3) o infine fruisca di alloggio gratuito:
in realtà  , l’indennità  di missione di cui si discute, diversamente da quanto prospettato dalle amministrazioni appellanti, non costituisce affatto un trattamento economico onnicomprensivo e speciale, rispetto all’ordinario trattamento di missione.
La dedotta specialità  ed il suo preteso carattere di onnicomprensività  , peraltro in mancanza di un’apposita previsione normativa di rango primario, non può trovare esclusivo ed autonomo fondamento nelle normative interne dell’amministrazione, pena la violazione del principio di legalità  fissato dall’articolo 97 della Costituzione.
Deve pertanto escludersi che il trattamento di missione, proprio per la sua natura giuridica (indennitaria) e per la sua funzione, possa inglobare il compenso per lavoro straordinario che ha invece carattere retributivo, trattandosi della giusta remunerazione di una prestazione lavorativa ulteriore rispetto al normale orario di lavoro.
La giurisprudenza, d’altro canto, ha ammesso in via generale la cumulabilità  dei trattamenti economici connessi agli istituti in esame (indennità  di missione e remunerazione del lavoro straordinario), precisando che al dipendente pubblico inviato in missione spetta durante lo svolgimento della stessa il compenso per lavoro straordinario in relazione a prestazioni effettivamente rese in eccedenza al normale orario lavorativo (C.d.S., sez. IV, 6 aprile 1982, n. 231), aggiungendo che, se non può essere considerato come lavoro straordinario il periodo di tempo impiegato per recarsi dalla sede di servizio al luogo di svolgimento della missione, nulla impedisce che il servizio prestato presso la sede di missione, qualora ecceda l’ordinaria durata, sia riconosciuto e retribuito come lavoro straordinario (se prestato effettivamente e se debitamente autorizzato, C.d.S., sez. IV, 24 dicembre 2003, n. 8522; Corte dei Conti, reg. Lazio, sez. giurisd., 28 gennaio 1998, n. 11).”
Altro aspetto peculiare nella fattispecie delle c.d. “missioni internazionali” sta nel fatto che il Paese di riferimento, per profilo economico-tabellare a cui viene rapportata la diaria di missione estera (con i D.L. concernenti le “Disposizioni urgenti in materia di interventi di cooperazione allo sviluppo ed al sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonchà © relative alla partecipazione delle Forze armate e di polizia a missioni internazionali” es. il D.L. 31.1.2008), spesso non coincide con lo Stato estero in cui viene effettivamente svolta la missione.
Ad esempio al personale che partecipa alle missioni ISAF in Afghanistan e negli Emirati Arabi Uniti, nonchà © al personale militare impiegato in Iraq e al personale dell'Arma dei Carabinieri in servizio di sicurezza presso la sede diplomatica di Kabul e quella di Herat (D.L. 31.1.2008) la missione viene calcolata sulla diaria prevista con riferimento ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman.
Questo accade in ragione del rischio e dei disagi a cui viene esposto il personale, e pertanto il legislatore ritiene che per alcuni Paesi la diaria di missione prevista per quello Stato non è sufficiente a remunerare adeguatamente le spese sostenute e i rischi affrontati.
Nel caso di attività  “ordinarie” svolte su territorio estero (a causa dell’interpretazione autentica già  citata) l’indennità  di missione, escludendo ogni altro trattamento accessorio provoca, ingiustamente, delle forti discriminazioni tra il personale. Tant’è vero, che paradossalmente, in un giorno festivo (ad esempio il giorno di Natale), è più gratificante, economicamente, un turno di servizio come piantone di una caserma, in Italia, che non un pedinamento in Spagna.
E’ necessario, al riguardo, che il legislatore operi una distinzione tra missioni internazionali soggette a regime di A.L.S.E. (L. 8-7-1961 n. 642) e missioni estere non sottoposte al predetto regime. Per queste ultime, anche allo scopo di non vanificare le conquiste contrattuali che gli operatori del comparto sicurezza e difesa hanno raggiunto negli anni, si ritiene indispensabile riconoscere al personale impiegato in missione estera l’estensione di tutte le indennità  accessorie, per gli stessi previste, in ambito nazionale (presenza esterna, presenza festiva, presenza superfestiva, indennità  notturna etc.)
Per concludere, alla luce delle considerazioni evidenziate, si rende necessaria la modifica del comma 39 dell’art. 39-vicies semel del decreto legge 273/2005 convertito con modificazioni nella L. 51 del 2006 dopo le parole <<legge 27 dicembre 1973, n. 838>> sono inserite le seguenti <<per il personale civile e militare dello Stato, impiegato su territorio estero, la cui missione è disciplinata da specifiche norme istitutive e/o autorizzative>>. Quindi la nuova formulazione dell’art. 39-vicies semel del decreto legge 273/2005 convertito con modificazioni nella L. 51 del 2006 dovrebbe essere:
39) L'articolo 1 del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941, gli articoli 1, primo comma, lettera b), e 3 della legge 8 luglio 1961, n. 642, e l'articolo 4, comma 1, lettera a), della legge 27 dicembre 1973, n. 838, per il personale civile e militare dello Stato, impiegato su territorio estero, la cui missione è disciplinata da specifiche norme istitutive e/o autorizzative, (cosiddette missioni legiferate) si interpretano nel senso che i trattamenti economici ivi previsti hanno natura accessoria e sono erogati per compensare disagi e rischi collegati all'impiego, obblighi di reperibilità  e disponibilità  ad orari disagevoli, nonchà © in sostituzione dei compensi per il lavoro straordinario.
Una questione di non poco conto, poi, è quella legata all’istituto del trascinamento.
Il cosiddetto trascinamento, infatti, è il riconoscimento di uno specifico sostegno economico spettante a determinate categorie di lavoratori nel momento in cui questi non si trovano più nelle condizioni di poter usufruire di specifiche indennità  . In particolare, il personale impiegato in attività  di aeronavigazione e volo, nel caso in cui per un qualsiasi motivo perda il diritto a percepire l’indennità  di cui agli articoli 3, 4, 5, 6, 7 e 13 della legge 78/83 può godere del beneficio del riconoscimento di 1/20 dell’indennità  percepita, per ogni anno di servizio espletato nella specialità  , fino ad un massimo di 20 anni.
Inizialmente riconosciuto al solo personale delle Forze Armate (l’art. 5, comma 2, del D.P.R. n. 394/1995) grazie all’opera dei Sindacati e del Co.Ce.R. delle Forze di Polizia, il predetto beneficio venne esteso anche al personale del comparto sicurezza.
Il Servizio Amministrativo del Comando Generale della Guardia di Finanza ha però, a suo tempo, interpretato – e quindi disciplinato in modo restrittivo - la norma in esame stabilendo che il diritto alla percezione del trascinamento spetta solo allorquando viene a cessare, in ragione delle mutate condizioni d’impiego, la corresponsione delle citate indennità  supplementari (circolare n. 117968/62 datata 13/04/2005).
E’ stata stabilita, inoltre, l’incompatibilità  del c.d. trascinamento con l’esclusione temporanea dell’indennità  . In altre parole, un militare specializzato, non impiegato nella propria specialità  per la frequenza di un qualsiasi corso interno o per assenze dovute a licenza straordinaria o per infermità  protratta per oltre 15 giorni non può godere di questo beneficio.
Al riguardo, però, è da evidenziare che altre Amministrazioni, hanno interpretato la norma in modo estremamente più favorevole per il personale, stabilendo che il beneficio del trattamento in questione spetta ogni qualvolta il personale, a qualsiasi titolo, non ha diritto all’indennità  in misura piena. Una marcata disparità  di trattamento che dovrà  essere necessariamente riequilibrata, al fine di evitare che per una stessa mansione, con analoghe prestazioni lavorative, si corrisponda un trattamento economico differenziato.
Un’altra questione di non poco rilievo, rimasta purtroppo ancora irrisolta, è quella riguardante gli Operatori Subacquei del Corpo, che com’è noto, percepiscono il 50% “dell’indennità  supplementare per truppe da sbarco, per unità  anfibie e per incursori subacquei” art 9 di cui Legge 78/83. (legge quadro per il trascinamento), in seguito al D.P.R. 254/99.
Non può certo negarsi che i sommozzatori del Corpo sono una categoria altamente operativa, pertanto non si capisce il motivo per cui non siano stati inseriti tra i beneficiari del cosiddetto trascinamento. Inoltre, appare di non poco conto che il citato personale, per la peculiarità  dell’attività  svolta, che richiede una perfetta efficienza fisica acclarata dai rinnovi biennali delle abilitazioni, sia costantemente in pericolo di perdere la specializzazione da cui dipende la relativa remunerazione economica. Infatti, nella sostanza, la ratio della sopracitata indennità  è quella di riconoscere la conservazione di un quid economico al militare, che non essendo più impiegato in settori a spiccato carattere operativo resti privo del diritto alla percezione delle indennità  spettanti.
ELISEO TAVERNA
Delegato Co.Ce.R. Guardia di Finanza
DANIELE TISCI
Delegato Co.Ce.R. Guardia di Finanza
FRANCESCO ZAVATTOLO
Segretario Nazionale Ficiesse