LEGGE 104 E SPECIFICITA': IL TAR LAZIO “CASSA†IL CONSIGLIO DI STATO. di Filippo Lo Presti
LEGGE 104 E SPECIFICITA’: IL TAR LAZIO “CASSA” IL CONSIGLIO DI STATO
Con la controversa sentenza n. 2707/2011 depositata il 05.05.2011, il Consiglio di Stato negava ad un appartenente alla Polizia Penitenziaria il diritto al trasferimento ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge 104/1992, in relazione ad una istanza presentata prima dell’entrata in vigore della L. 04.11.2010, n. 183 (c.d. “collegato lavoro).
Come è noto, l’art. 24 della L. 183/2010, entrata in vigore il 24.11.2010, ha previsto che il “dipendente pubblico può ottenere il trasferimento indipendentemente dall'<<attualità >>, <<continuità >> ed <<esclusività >> dell'assistenza prestata” (C.d.s. 2707/2011).
Il Consiglio di Stato, tuttavia, con la richiamata sentenza stabiliva che “la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate , alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria , al Corpo Nazionali dei VV.FF. solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della richiamata legge”.
Su un caso analogo relativo ad altro appartenente alla Polizia Penitenziaria è successivamente intervenuto il TAR Lazio con sentenza n. 5590/2011 depositata il 23.06.2011, stabilendo in sintesi che:
a) “l’applicabilità dell’art. 33 della legge n. 104/1992, nel testo attualmente vigente, al personale delle Forze Armate è imposta da un’interpretazione costituzionalmente orientata del sistema normativo, potendosi, in caso contrario, ipotizzare un’ingiustificata disparità di trattamento nei confronti dei disabili che risultano parenti del personale delle Forze Armate stesse”;
b) la sentenza 2707/2011 del C.d.S. non è comunque applicabile alle richieste di trasferimento ex art. 33 della legge 104 presentate a decorrere dall’entrata in vigore della L. 183/2010 (24.11.2010);
c) la ritenuta inapplicabilità della nuova normativa al personale delle Forze Armate non appare coerente con il contenuto e la ratio sottesa all’art. 19 (c.d. Specificità ) della legge n. 183/2010. Tale disposizione, infatti, costituisce disposizione meramente programmatica, che impone al legislatore di tenere conto, nei successivi interventi, delle specifiche funzioni esercitate dalle Forze Armate stesse e non ha (e non può avere) immediata efficacia ed effetto abrogante, limitatamente alle Forze Armate, dell’art. 33 della legge n. 104/1992.
Le motivazioni del TAR Lazio appaiono chiaramente condivisibili così come appaiono manifestamente infondate le carenti motivazioni fornite dal Consiglio di Stato nel vano tentativo di sostenere una tesi palesemente contra legem.
E’ certamente sfuggito agli occhi di quest’ultimo Collegio la palese incostituzionalità di un’eventuale regolamento che possa limitare la previsione dell’art. 33 della L. 104/1992 per le Forze di Polizia o le Forze Armate: è opportuno ricordare che la norma è finalizzata ad agevolare il disabile e non il familiare che lo assiste e come prontamente rilevato dal TAR Lazio sarebbe incostituzionale penalizzare il disabile che ha avuto la “sfortuna” di poter essere assistito solo da un cittadino in divisa.
Si ritiene quindi che l’art. 33 della L. 104/1992 sia immediatamente applicabile per tale categoria di lavoratori che hanno presentato o presentano istanza a decorrere dal 24.11.2010.
FILIPPO LO PRESTI
Presidente Sezione Ficiesse Catanzaro
Componente Direttivo Nazionale di Ficiesse
f.lopresti@ficiesse.it
N. 05590/2011 REG.PROV.COLL.
N. 04266/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
ex artt. 60 e 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 4266 del 2011, proposto da:
***********, rappresentato e difeso dall’Avv. ***********, con domicilio eletto presso il suo studio in ***********;
Il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato per legge presso i suoi uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
della nota GDAP 0032470-2011 del 26.1.2011, notificata il 22 febbraio 2011, con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria ha rigettato l’istanza di trasferimento, avanzata dal ricorrente, per carenza del requisito della continuità .
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti impugnati con i motivi aggiunti, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2011, la dott.ssa Rita Tricarico e udito l’Avv. *********** per il ricorrente, assente l’Avvocatura generale dello Stato, come specificato nel verbale;
Visto l’articolo 60, comma 1, del D.Lgs. 2.7.2010, n. 104, che facoltizza il Tribunale amministrativo regionale a definire il giudizio nel merito, con sentenza in forma semplificata, in sede di decisione della domanda cautelare, una volta verificato che siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso ed accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria;
che nella specie il presente giudizio può essere definito con decisione in forma semplificata, ai sensi del menzionato art. 60, comma 1, del D.Lgs. n. 104/2010, stante la completezza del contraddittorio e della documentazione di causa;
che sono state espletate le formalità dell’art. 60 del D.Lgs. n. 104/2010;
Ritenuto che il ricorso sia fondato e meriti accoglimento;
che il provvedimento impugnato ha negato il beneficio del trasferimento in ragione della carenza del requisito della continuità assistenziale in atto, da parte del dipendente;
che, come fondatamente dedotto in ricorso, per effetto della modifica apportata alla citata disposizione normativa dalla legge n. 183/2010 (vigente al momento dell’adozione dell’atto impugnato), ai fini della concessione del beneficio previsto dalla norma in esame non è più necessario il requisito della continuità dell’assistenza, in quanto espunto dalla disposizione, a seguito della citata modifica legislativa;
che tale opzione ermeneutica risulta confermata dalla Circolare n. 13/2010 del Ministero della Funzione Pubblica;
Ritenuta inapplicabile alla fattispecie la sentenza del Consiglio di Stato n. 2707/2011, richiamata dall’Amministrazione nella relazione depositata il 28.5.2011;
che, infatti, la sentenza in esame ha ad oggetto una fattispecie regolata dalla normativa vigente prima dell’emanazione della legge n. 183/2010 e che inoltre la ritenuta inapplicabilità della nuova normativa al personale delle Forze Armate non appare coerente con il contenuto e la ratio sottesaall’art. 19 della legge n. 183/2010;
che la norma in esame, nel rinviare a successivi provvedimenti legislativi la “definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale”, costituisce disposizione meramente programmatica, che impone al legislatore di tenere conto, nei successivi interventi, delle specifiche funzioni esercitate dalle Forze Armate stesse;
Tenuto conto che, seguendo l’interpretazione del Giudice di Appello, dovrebbe riconoscersi al menzionato art. 19 della legge n. 183/2010 immediata efficacia ed effetto abrogante, limitatamente alle Forze Armate, dell’art. 33 della legge n. 104/1992 e delle altre norme che regolano attualmente la disciplina del rapporto di lavoro delle stesse, il che è logicamente inconcepibile;
che l’immediata applicabilità di quest’ultima disposizione, nel testo attualmente vigente, al personale delle Forze Armate sia imposta da un’interpretazione costituzionalmente orientata del sistema normativo, potendosi, in caso contrario, ipotizzare un’ingiustificata disparità di trattamento nei confronti dei disabili che risultano parenti del personale delle Forze Armate stesse;
che per i suesposti motivi il ricorso sia fondato e da accogliere, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato ed obbligo dell’Amministrazione di assumere le proprie determinazioni coerentemente con quanto rilevato nel presente provvedimento;
che, in considerazione della peculiarità e della novità della questione giuridica oggetto di causa, si ravvisino i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio, dei diritti e degli onorari di difesa, ai sensi dell’art. 26 c.p.a. e dell’art. 92 c.p.c.;
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato ed ordina all’Amministrazione di assumere le conseguenti determinazioni.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2011, con l’intervento dei Magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Pierina Biancofiore, Consigliere
Rita Tricarico, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/06/2011
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
sul ricorso numero di registro generale 1861 del 2011, proposto da:
***********, rappresentato e difeso dagli avv. ***********, con domicilio eletto presso *********** in ***********;
Ministero della Giustizia- Dipartimento della Giustizia Minorile Direzione Generale del Personale e della Formazione, in persona del Ministro in carica rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.le dello Stato , domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUA n. 36991/2010, resa tra le parti, concernente della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I QUA n. 36991/2010, resa tra le parti, concernente DINIEGO TRASFERIMENTO SENZA ONERI AI SENSI DELLA LEGGE 104/92 PRESSO LA CASA CIRCONDARIALE DI MELFI O MATERA - MCP - RIS. DANNI.
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2011 il cons. Sandro Aureli e uditi per le parti gli avvocati Giorgio Cassotta e Giovanni Palatiello (Avv. St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
La sentenza impugnata, indicata in epigrafe, ha respinto il ricorso del sig. ***********, odierno appellante, promosso per l’annullamento del provvedimento di rigetto dell’istanza di trasferimento dalla sede di servizio richiesto ex art.33 , comma 5°, legge 5 febbraio 1992 n.104.
Il motivo del rigetto dell’istanza è rappresentato dalla carenza del requisito della continuità dell’assistenza alla figlia disabile.
Di tale decisione parte appellante chiede la riforma per violazione e falsa applicazione della norma su ricordata, adducendo la circostanza che la condizione di handicap è stata accertata solo dopo il 2004, anno dal quale egli si trova in servizio nella sede dalla quale chiede di essere trasferito..
Alla camera di consiglio del 5 aprile la causa è stata chiamata è trattenuta in decisione dopo che il difensore dell’unica parte presente in appello è stata sentita sull’intenzione del collegio di decidere, ex art.60 c.p.a., il merito della controversia
Il rigetto dell’istanza di trasferimento in questione, essendo nella fattispecie in esame fondato sull’assenza del requisito della continuità , è condiviso dal collegio poichà© in linea con il costante ed univoco orientamento di questa Sezione, da cui non vi sono ragioni per discostarsi, ribadito anche recentemente (sent. 3 dicembre 2010, n.8530), in tema di trasferimenti ex art. 33 , comma 5°, legge n.104 del 1992.
La particolarità della fattispecie in esame, è caratterizzata dall’insorgenza della situazione di handicap successivamente all’inserimento in sevizio in una sede distante dalla residenza della persona handicappata.
Ma ciò non conduce all’accoglimento del ricorso, posto che sulla base della legislazione applicabile all’epoca del diniego, la sentenza di primo grado insieme all’orientamento di questa Sezione prima evocato deve essere confermato.
E tuttavia va pure ricordato che il riconoscimento del diritto del dipendente pubblico s’inquadra oggi nella legge 4 novembre 2010 n.183 (c.d. “collegato lavoro”) intervenuta sull’assetto di disciplina delineato dalle disposizioni sopra menzionate, e che si segnala per aver scelto una direzione nuova ed antitetica alle acquisizioni giurisprudenziali sopra ricordate, avendo stabilito , per quel che riguarda gli aspetti che caratterizaano la fattispecie in esame, che il dipendente pubblico può ottenere il trasferimento indipendentemente dall' <<attualità >>,<<continuità >> ed <<esclusività >> dell'assistenza prestata (art. 24, 30° comma, l. n. 183 del 2010), posti a fondamento del restrittivo orientamento della giurisprudenza, fra cui si annovera la sentenza di questa Sezione. Tuttavia è bene anche ricordare che la nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate , alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria , al Corpo Nazionali dei VV.FF. solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della richiata legge, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, “della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonchà© per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”.
Quindi, se sul piano del diritto necessariamente applicabile alla specie, va confermato che l’appello deve essere respinto. resta, però, fermo che ciò non precluderà al ricorrente di presentare, alla luce della sopravvenuta disciplina , una nuova istanza di trasferimento dall’attuale sede di servizio., salvi i limiti di applicabilità come sopra evidenziati.
Non occorre pronunciarsi sulle spese della causa non essendosi costituita l’Amministrazione intimata.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e per l’effetto conferma la sentenza impugnata, con la precisazione di cui in motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Paolo Numerico, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Sandro Aureli, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
Guido Romano, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/05/2011