CHI VUOLE UCCIDERE L'ANTIMAFIA? ( huffingtonpost.it)

mercoledì 10 ottobre 2012

CHI VUOLE UCCIDERE L'ANTIMAFIA? 

di Giovanni TIZIAN

Pubblicato: 08/10/2012 09:00

Il 2012 è stato l'anno dei ricordi, della memoria, dei ventennali, dei trentennali.
23 maggio 1992, strage di Capaci, muoiono Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i poliziotti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Il 19 luglio dello stesso anno in via D'Amelio un'autobomba imbottita di tritolo esplode sotto casa della mamma del giudice Paolo Borsellino. Assieme a lui muoiono Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina. La sua scorta.

Dieci anni prima, il 30 aprile 1982, la sentenza di morte arriva per Pio La Torre. Muore da segretario regionale del Pci. Barbaramente ucciso a Palermo su ordine dei Corleonesi, dicono i pentiti. Ma anche per La Torre i sospetti vanno ben oltre la mafia militare.
Il 3 settembre 1982 viene ammazzato il Prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, con lui muore la moglie Emanuela Setti Carraro e l'agente della scorta Domenico Russo. La domanda è sempre la stessa, Cosa nostra unica colpevole?

Morti eccellenti, omicidi che hanno scosso le intorpidite coscienze degli italiani. Sdegno, lacrime, mea culpa, che a distanza di decenni sembrano un lontano ricordo sbiadito dall'indifferenza collettiva e istituzionale tornata in auge.
Antimafia lo sono tutti, a parole. Ma parole e fatti viaggiano separati nel nostro Paese.

Nei giorni scorsi si è tenuta la cerimonia del ventennale della Direzione Investigativa Antimafia, con l'emissione di un francobollo commemorativo. Presenti le più alte cariche dello Stato del settore dell'ordine pubblico, della sicurezza, del mondo giudiziario e politico. La struttura voluta da Giovanni Falcone però lamenta ormai da tempo gravi carenze di fondi. Gli agenti e i sindacati sono stanchi di sentire promesse mai mantenute. "Oggi siamo qui a chiederci perchà© nel Dipartimento della PS la Dia non abbia trovato sostenitori così convinti, come ci si sarebbe aspettato, tanto da suscitare in noi l'impressione che la Dia. sia una struttura invisa", scrivono le sigle sindacali di base in un comunicato del 28 settembre inviato al ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri. "Retribuzioni e fondi per la gestione tagliati con la falce - continua la lettera - creazione di gruppi di lavoro, ai quali partecipa anche il personale di questa Direzione, che duplicano le competenze della Dia, in controtendenza con la necessità  di coordinamento che richiedono le indagini antimafia, come è stato ricordato dal Procuratore Grasso nel suo intervento".

Se da un lato, denunciano i sindacati, il ministro ha espresso l'intenzione di potenziare la Dia, il 27 settembre il sottosegretario all'Interno De Stefano in Senato ha sollecitato il ritiro della mozione al Governo in cui si chiedeva di investire maggiori risorse nelle strutture della Direzione investigativa. "Con la giustificazione che si trattava di problematiche complesse, oggetto di attenzione in altri sedi istituzionali del Parlamento".
"Quale peccato originale ha commesso questo Ufficio tanto da dover assistere periodicamente alle più svariate forme di depotenziamento, non da ultimo la mortificazione delle carriere?", si chiedono i sindacati.

A vent'anni dalle stragi di mafia, con un processo sulla trattativa Stato-mafia alle porte, a trent'anni dalla uccisione di Pio La Torre, ideatore del reato di associazione mafiosa(la legge porta il suo nome), e del Prefetto Dalla Chiesa, che fin dai primi giorni in Sicilia denunciò la complicità  tra cosche e politica, forse esistono modi più concreti per commemorare il sangue versato dai giusti di questo Paese.

Più che delle sfilate estemporanee dei politici di fronte alle lapidi delle vittime della mafia (e delle mafie), la memoria andrebbe onorata ogni giorno con politiche e leggi coerenti ai proclami fatti durante le commemorazioni. Falcone e Borsellino farebbero probabilmente a meno di qualche passerella in cui tutti, ma proprio tutti, si riempiono la bocca con la parola legalità  e antimafia, salvo poi bloccare la legge sulla corruzione, disinteressarsi del destino della Dia, lasciare un esercito di giovani nella precarietà  più assoluta, che diventano così ricattabili dal potere e dalle mafie, e latitare nelle politiche sociali, arma micidiale, in grado di togliere dalla strada possibile manovalanza per i clan.

 http://www.huffingtonpost.it/giovanni-tizian/chi-vuole-uccidere-lantim_b_1946671.html?utm_hp_ref=italy


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