IL FINANZIERE PARZIALMENTE INVALIDO DESTINATO AL SERVIZIO DI "ADDETTO ESCLUSIVAMENTE AGLI UFFICI" NON PUO' ESSERE IMPIEGATO IN TURNI DI VIGILANZA ALLO STADIO

lunedì 03 giugno 2013

IL FINANZIERE PARZIALMENTE INVALIDO DESTINATO AL SERVIZIO DI “ADDETTO ESCLUSIVAMENTE AGLI UFFICI” NON PUO’ ESSERE IMPIEGATO IN TURNI DI VIGILANZA ALLO STADIO

 

Un militare della Guardia di Finanza in servizio presso un Nucleo PT, ha chiesto la condanna dell’amministrazione al risarcimento del danno biologico e morale per essere stato impiegato in mansioni non compatibili con il proprio stato di salute, poichà©, in quanto militare già  riconosciuto permanentemente non idoneo nella forma parziale al servizio d’istituto, veniva impiegato in turni esterni come vigilanza antibagarinaggio allo stadio, servizi di polizia giudiziaria, servizi di notifiche di atti, etc.

Il giudice di primo grado ha respinto il ricorso adducendo che la locuzione “esclusivamente addetto agli uffici” doveva intendersi non nella forma letterale del termine, bensì nella natura “operativa” o “non operativa” del servizio, di conseguenza tutti quei servizi non inclusi nell’elenco predisposto dall’amministrazione ed offerto in comunicazione al G.A., dovevano considerarsi non operativi e come tali compatibili con lo stato di salute del militare invalido.

In sostanza il giudice di primo grado, sposando una discutibile tesi dell’amministrazione, aveva rilevato che il discrimine non fosse tra servizio esterno e servizio in ufficio, bensì tra servizio operativo e servizio non operativo, sicchà© il militare parzialmente idoneo al servizio destinato al servizio “esclusivamente addetto agli uffici” poteva svolgere tutti quei servizi esterni (vigilanza allo stadio, indagini di p.g., notifiche…. etc.) che l’amministrazione, a suo giudizio, non considerava operativi.

Una posizione discutibile per almeno due motivi:

-          Il decreto di parziale invalidità  non può essere interpretato a seconda della bisogna, lasciando decidere ad una parte, in tutta autonomia, che “esclusivamente addetto agli uffici” significhi “servizio non operativo” e stabilire quali debbano essere considerati tali;

-          anche a voler accettare questa singolare tesi, non si può non rilevare che i servizi di vigilanza allo stadio sono comunque servizi operativi (non credo che un ufficiale, in tutta coscienza, potrebbe negare davanti ad un giudice penale simile evidenza).

Ad ogni modo, il giudice di primo grado ha rigettato il ricorso adducendo che il militare era stato legittimamente impiegato in servizi compatibili con il proprio stato di salute.

Il Consiglio di Stato ha invece ribaltato quella decisione sull’aspetto più importante della vicenda. E’ vero che anche nel secondo grado di giudizio il militare si è visto rigettare la richiesta di risarcimento, perchà©, a dire dei giudici, non è stato riconosciuto il nesso di causalità  tra servizi a cui era stato illecitamente preposto e aggravamento della patologia, tuttavia sono stati messi in chiaro altri aspetti della contesa.

E’ stato detto dai giudici di Palazzo Spada che le attività  esterne a cui era stato preposto il militare quali “le attività  di notificazione di atti giudiziari fuori sede, nonchà© le attività  di indagini di polizia giudiziaria fuori sede e il servizio antibagarinaggio presso lo stadio” rientrano tra quei servizi gravosi che il militare non poteva in alcun modo svolgere. Inoltre, secondo i giudici del gravame, quelle attività  “non possono essere tout court assimilate a quelle effettuate sedendo dietro una scrivania, e ciò in quanto esse ragionevolmente implicano l’effettuazione per la maggior parte delle relative prestazioni in piedi, e senza quindi la posizione prevalentemente seduta della persona, viceversa intuitivamente essenziale per l’attività  espletata da colui che è addetto ad un ufficio”

La sentenza conclude che permanendo lo stato di salute del militare è bene che tali servizi non vengano più a lui affidati.

Il risultato della vicenda è il seguente: al militare non è stato riconosciuto alcun risarcimento poichà© non è stato ravvisato alcun nesso di causalità  tra servizi illecitamente ordinati e aggravamento della patologia; è stato però chiarito che quei servizi esterni per i quali era stato impiegato nel periodo 2003-2006 lui non doveva assolutamente farli, dato il suo stato di salute documentato dalle decisioni degli organi collegiali sanitari.


N. 00030/2013REG.PROV.COLL.
N. 05654/2009 REG.RIC.
 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5654 del 2009, proposto da:
*************, rappresentato e difeso dall’Avv. *************;
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Lecce, Sez. III, n. 3656 dd. 17 dicembre 2008, resa tra le parti e concernente risarcimento danno per svolgimento mansioni improprie
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2012 il Cons. Fulvio Rocco e uditi per l’appellante ************* e per l’appellato Ministero dell’Economia e delle Finanze l’Avvocato dello Stato Maurizio Greco;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
1.1.L’appellante, appuntato scelto della Guardia di Finanza *************, presta servizio presso il Nucleo di Polizia Tributaria di ************* e con ricorso proposto sub R.G. 781 del 2008 innanzi al T.A.R. per la Puglia, Sede di Lecce, ha chiesto la condanna del Ministero dell’Economia e delle Finanze al risarcimento in suo favore del danno biologico e del danno morale a lui cagionati dall’asserito suo impiego in mansioni lavorative diverse da quelle obbligatoriamente disposte per la sua persona, in quanto già  riconosciuto non idoneo permanentemente al servizio militare incondizionato.
A tale riguardo il ************* ha riferito e documentato di essere stato sottoposto nel 1987, allorquando prestava servizio presso la compagnia della Guardia di Finanza di *************, ad intervento chirurgico di colectomia totale per colite ulcerosa, a cui facevano seguito negli anni successivi altri due interventi consequenziali, di essere stato giudicato permanentemente non idoneo al servizio militare incondizionato in modo incondizionato e idoneo parzialmente allo svolgimento di servizi che non comportino stress fisici ed alimentazione irregolare, giusta verbale n. 444 dd. 1 febbraio 1990 della Commissione Medica Ospedaliera costituita presso l’Ospedale Militare di Verona e di essere stato quindi sempre adibito, dal 1990 al 2002, in mansioni d’ufficio, sia presso la Legione della Guardia di Finanza di *************dal 1990 al 1996, sia presso il Comando Provinciale di *************dal 1996 al 2002.
Il medesimo *************ha quindi riferito di essere stato impiegato presso il Nucleo di Polizia Tributaria con sede in *************, a far tempo dal 2003 e fino al 2006, in numerosi servizi esterni, incompatibili con le condizioni di salute e con il ridotto grado di idoneità  certificato a suo tempo dalla predetta Commissione Medica Ospedaliera, e ha prodotto a comprova di ciò agli atti del giudizio di primo grado copia di tutti gli ordini di servizio relativi a tali impieghi, tutti ricadenti nell’arco temporale 2003-2006.
Il *************ha pure precisato che la patologia da cui è affetto è connessa con l’apparato digerente, per cui le sue condizioni di salute sarebbero state pregiudicate proprio dai disordini alimentari legati allo svolgimento di attività  esterne.
Il *************, nel presupposto dell’avvenuta violazione colposa da parte dell’Amministrazione di appartenenza dell’art. 2087 cod. civ. per non aver garantito al dipendente le condizioni per lo svolgimento ottimale delle mansioni che questi è idoneo ad espletare (ed avendo, anzi, utilizzato il dipendente medesimo in mansioni incompatibili con il suo stato di salute), ha pertanto chiesto all’adito T.A.R. di condannare il Ministero dell’Economia e delle Finanze al risarcimento in suo favore dei danni biologici e morali, quantificati, rispettivamente, in € 212.546,00.- e in € 63.764,00.-
1.2. In tale primo grado di giudizio si è costituito il Ministero intimato, concludendo per la reiezione del ricorso.
1.3. Con sentenza n. n. 3656 dd. 17 dicembre 2008 la Sezione III dell’adito T.A.R. ha respinto il ricorso del *************, reputando in tal senso decisiva la documentazione depositata in giudizio dall’Amministrazione intimata, ed in particolare la relazione a firma del Comandante Regionale per la Puglia della Guardia di Finanza datata 9 giugno 2008 e gli atti ad essa allegati.
Il giudice di primo grado ha rilevato quindi che da tale documentazione, non smentita dal *************per quanto attiene alla veridicità  dei dati riferiti dallo stesso Comandante regionale, emerge che l’attuale appellante, nell’arco temporale 2003-2006 (ossia nel periodo in cui i superiori gerarchici lo avrebbero impiegato in servizi incompatibili con le sue condizioni di salute e che è pari complessivamente a circa 1450 giorni) ha prestato servizio per un totale di 250 giorni, nel mentre nel 2007 lo stesso *************ha prestato 62 giorni di servizio.
Il giudice di primo grado ha quindi da subito evidenziato che l’allegazione di tali dati non è finalizzata a mettere in cattiva luce il *************, se non altro perchà© l’eventuale sua condotta non ottimale rispetto alle esigenze del servizio da prestare non inciderebbe comunque sul suo diritto al risarcimento dei danni, laddove si dovesse ritenere che l’Amministrazione abbia violato l’art. 2087 cod. civ. e la propria disciplina organizzativa sull’impiego dei militari idonei in modo parziale al servizio, ma per dimostrare l’assenza del nesso di causalità  tra la condotta dell’Amministrazione medesima e il danno lamentato dal medesimo *************.
Tale assenza risulterebbe comprovata, sempre secondo lo stesso giudice, dalla documentazione prodotta sempre dall’Amministrazione convenuta e dalla quale risulta che nel corso del 2006 era stato lo stesso *************a chiedere al comandante di corpo di essere esonerato dall’obbligo di usufruire della mensa obbligatoria di servizio, e ciò in cambio della possibilità  di concludere l’orario lavorativo un’ora prima del previsto.
Il giudice di primo grado ha inoltre affermato che a tali indiscutibili elementi fattuali va aggiunta un’ulteriore considerazione, legata alla natura dei servizi espletati dal *************nel periodo di tempo in contestazione, posto che dall’esame degli ordini di servizio da lui prodotti è emerso che l’attuale appellante ha svolto 12 servizi di vigilanza antibagarinaggio presso lo stadio di *************, 13 verifiche fiscali presso imprese ubicate nella provincia di *************, 26 servizi presso gli uffici della Guardia di Finanza o presso la Procura della Repubblica, a disposizione del Pubblico Ministero di turno, 15 notifiche di atti giudiziari fuori sede ma sempre nel territorio provinciale, 1 servizio esterno di supporto al G.I.C.O. (Gruppo d’investigazione sulla criminalità  organizzata che costituisce articolazione del Nucleo di Polizia Tributaria nelle città  dove hanno sede le D.D.A. - Direzioni Distrettuali Antimafia), 11 servizi di indagine di polizia giudiziaria fuori sede, 9 attività  di partecipazione a corsi di aggiornamento professionale e 2 generiche attività  d’ufficio.
Secondo lo stesso giudice di primo grado, eccettuando questi due ultimi servizi, per i quali neppure sarebbe ipotizzabile un’incompatibilità  con il grado di idoneità  di cui è in possesso il *************posto che si tratterebbe di attività  del tutto “riposanti” dal punto di vista fisico, per il resto andrebbe anzitutto precisato che la dizione di “servizio di esclusivamente addetto agli uffici”, contenuta nel provvedimento del Capo del I Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza n. 116062 dd. 13 maggio 1991 e applicato nei confronti del medesimo *************in dipendenza della conforme prescrizione contenuta nel predetto verbale n. 444 dd. 1 febbraio 1990 della Commissione Medica Ospedaliera costituita presso l’Ospedale Militare di Verona, non sarebbe necessariamente equivalente a quella di “attività  da svolgersi in ufficio”, posto che essa invece descriverebbe tutte le attività  istituzionali che non si possono definire “operative” .
Tali attività  “operative” per certo non svolgibili dal *************sono esemplificativamente elencate a pagina 7 della relazione a firma del Comandante regionale della Guardia di Finanza del 9 giugno 2008, afferiscono o a compiti di controllo dell’ordine pubblico (a cui anche i militari della Guardia di Finanza cooperano unitamente alle altre Forze di Polizia) oppure alla repressione di reati afferenti la materia valutaria e tributaria (ivi inclusi, ad esempio, il contrabbando e la contraffazione di marchi) e/o traffici illeciti in genere o alla vigilanza delle caserme del Corpo o delle dogane, e si caratterizzano per il notevole dispendio di energie psico-fisiche che producono nel personale, il quale, in frequenti casi, rischia anche la propria incolumità : e va da sà© che nell’espletamento di tali servizi – denota sempre il giudice di primo grado - i militari del Corpo sono anche costretti molto spesso a rinunciare alla consumazione di pasti regolari, come ad esempio negli appostamenti notturni oppure nei servizi di ordine pubblico presso gli stadi calcistici.
Il giudice di primo grado ha quindi evidenziato che nulla di tutto questo potrebbe essere sostenuto in relazione alle attività  di cui agli ordini di servizio esibiti dal ricorrente, i quali, peraltro, assumerebbero in tal senso una particolare valenza probatoria proprio in quanto a tergo di ogni documento è proprio il singolo operatore che, a fine servizio, descrive in che cosa è consistita l’attività  da lui svolta in tale frangente.
Il T.A.R. ha affermato in proposito che, a parte l’unica attività  svolta a supporto del G.I.C.O. (della quale peraltro non è stata specificata la natura, ma che in astratto potrebbe rientrare fra quelle cc.dd. “operative”), in tutti gli altri casi le attività  esterne svolte dal *************non hanno mai assunto le caratteristiche di servizi usuranti, trattandosi per lo più di attività  esattamente identiche a quelle che il *************medesimo avrebbe svolto in ufficio: e ciò in particolare varrebbe per i 26 servizi da lui svolti presso gli uffici della Guardia di Finanza o presso la Procura della Repubblica, a disposizione del P.M., i quali sono consistiti per lo più nell’esame e nella fotocopiatura di fascicoli relativi a indagini penali condotte dal Sostituto procuratore di turno, nell’audizione di persone coinvolte nelle indagini e nella redazione dei relativi verbali.
Nà© – sempre secondo lo stesso giudice – integrerebbero il carattere di attività  operative le notifiche di atti giudiziari, ancorchè svolte all’esterno, e la stessa conclusione varrebbe anche per le verifiche fiscali compiute presso alcune aziende locali, posto che in tali caso, l’unico fattore di stress potrebbe essere stato rappresentato dal fatto di dover percorrere alcuni chilometri in auto, e non risulterebbe che le condizioni di salute del *************siano incompatibili con l’uso dell’autovettura, presumibilmente da lui impiegata ogni giorno per recarsi in ufficio.
Secondo il T.A.R., neppure i servizi svolti dal *************presso lo stadio di *************, sia pure in orari serali e notturni, sarebbero da considerare “operativi”, in quanto consistenti nel controllo sull’attività  dei cc.dd. “bagarini”, ossia dei rivenditori a prezzo maggiorato dei biglietti d’ingresso : e ciò anche a non voler considerare che, secondo l’Amministrazione, tali servizi erano svolti su base volontaria, ossia da dipendenti appassionati di calcio, i quali, una volta espletato il servizio, avevano la possibilità  di assistere agli incontri calcistici, senza sottacere che non consta che nel corso di tali servizi si siano verificate situazioni che hanno richiesto, ad esempio, l’uso della forza e men che meno delle armi.
Da ultimo, il giudice di primo grado ha affermato che ciò che esclude in radice il nesso di causalità  fra lo svolgimento delle predette attività  e gli asseriti danni alla salute subiti dal ricorrente è il rapporto del tutto sproporzionato agevolmente rilevabile tra il numero di tali servizi e l’arco temporale all’interno del quale essi sono stati espletati; considerando infatti che il *************ha svolto un totale di 89 servizi (la quasi totalità  dei quali, come detto, non è comunque classificabile fra le attività  di carattere operativo) in un arco temporale di circa 1450 giorni (e quindi un servizio ogni 15 giorni), ne conseguirebbe che non è stato fornito neanche un principio di prova sulla sussistenza del nesso di causalità .
Il T.A.R. ha integralmente compensato tra le parti le spese e gli onorari del primo grado di giudizio.
2.1. Con l’appello in epigrafe il *************chiede ora la riforma di tale sentenza.
Il *************deduce innanzitutto l’avvenuta violazione dell’art. 2 del D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 738 in materia del personale delle Forze di Polizia invalido per causa di servizio e censura in particolare l’assunto del giudice di primo grado secondo il quale la dizione di “servizio di esclusivamente addetto agli uffici” contenuta nel provvedimento del Capo del I Reparto del Comando Generale della Guardia di Finanza n. 116062 dd. 13 maggio 1991 e applicato nei suoi confronti in dipendenza della conforme prescrizione contenuta nel predetto verbale n. 444 dd. 1 febbraio 1990 della Commissione Medica Ospedaliera costituita presso l’Ospedale Militare di Verona non equivarrebbe a quella propria di “attività  da svolgersi in ufficio”.
Il *************richiama inoltre le deduzioni del proprio consulente medico, già  prodotte in primo grado e secondo le quali le proprie predette e documentate attività  estranee ai lavori di ufficio gli avrebbero arrecato un pregiudizio rilevante sotto il profilo biologico e sotto il profilo morale, per cui insiste per l’accoglimento delle proprie domande di risarcimento di tali danni proposte in primo grado.
2.2. Si è costituito anche nel presente grado di giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze, concludendo per il rigetto dell’appello.
2.3. Alla pubblica udienza del 6 marzo 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.
3.1. Tutto ciò premesso, l’appello va respinto per quanto qui appresso specificato.
3.2. L’art. 2 del D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 783, disciplinante l’utilizzazione del personale delle forze di polizia invalido per causa di servizio, dispone che l’invalidità  non comportante l’inidoneità  assoluta del personale delle forze di polizia ai servizi d’istituto è accertata dalle commissioni di cui agli articoli 165 e seguenti del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, le quali “devono altresì fornire indicazioni sull’utilizzazione del personale stesso, tenendo conto del grado di invalidità  determinato dalle ferite, lesioni o altre infermità  riportate in conseguenza degli eventi indicati nel precedente art. 1”, ossia derivanti da “ferite, lesioni o altre infermità  riportate in conseguenza di eventi connessi all’espletamento dei compiti d’istituto”, e fermo restando che l’utilizzo avviene, “d’ufficio o a domanda, in servizi d’istituto compatibili con la ridotta capacità  lavorativa e in compiti di livello possibilmente equivalenti a quelli previsti per la qualifica ricoperta” (cfr. art. 1 cit.).
Nel caso in esame la Commissione Medica Ospedaliera ha invero disposto nel senso che il ************* sia impiegato nel “servizio di esclusivamente addetto agli uffici”.
Questo giudice d’appello concorda con l’assunto del T.A.R. secondo il quale tale espressione di per sà© non equivale a quella di “attività  da svolgersi in ufficio” e che pertanto essa consente di escludere sicuramente dal novero delle attività  che possono essere svolte dal *************le attività  cc.dd. “operative”, le quali – come a ragione precisato dallo stesso giudice di primo grado, si sostanziano – in via esemplificativa - in compiti di controllo dell’ordine pubblico a’ sensi dell’art. 16 della L. 1 aprile 1981 n. 121 e dell’art. 6 del D.L.vo 19 marzo 2001 n. 68, ovvero nella repressione di reati afferenti la materia valutaria e tributaria (ivi inclusi il contrabbando e la contraffazione di marchi), dei traffici illeciti in genere e nella vigilanza di installazioni delle caserme del Corpo o delle dogane, e che si caratterizzano comunque per il notevole dispendio di energie psico-fisiche che producono nel personale, il quale, in frequenti casi, rischia anche la propria incolumità .
Le attività  che possono essere svolte dal *************, anche al di fuori del proprio ufficio, devono peraltro essere ontologicamente contraddistinte dalla stessa, prevalente sedentarietà  che caratterizza le attività  dell’ufficio, non potendo quindi ragionevolmente implicare per il loro svolgimento affaticamenti della persona, tali – per l’appunto – da modificare le caratteristiche proprie dell’attività  medesima, rendendola di fatto non sedentaria.
Premesso ciò, il Collegio reputa di condividere l’argomento fondamentale addotto dal giudice di primo grado per escludere la sussistenza, nel caso di specie, del nesso di causalità  tra lo svolgimento dei servizi ordinati al ************* e gli asseriti danni alla salute subiti da lui subiti.
Infatti, a ragione il giudice di primo grado ha evidenziato il rapporto del tutto sproporzionato e che è agevolmente rilevabile tra il numero dei servizi pretesamente eccedenti le mansioni disposte per il *************e l’arco temporale all’interno del quale essi sono stati espletati.
Il *************ha infatti riferito di aver svolto un totale di 89 servizi non conformi alle proprie mansioni in un arco temporale di circa 1450 giorni, ossia un servizio asseritamente “illegittimo” ogni 15 giorni: e già  da ciò ben emerge, quindi, il rapporto del tutto sproporzionato tra il numero di tali servizi e l’arco temporale all’interno del quale essi sono stati espletati.
Se si considera, poi, la circostanza che il *************nell’arco temporale 2003-2006 (ossia nel periodo in cui i superiori gerarchici lo avrebbero impiegato in servizi incompatibili con le sue condizioni di salute e che è pari complessivamente a circa 1450 giorni) ha prestato servizio per un totale di 250 giorni, nel mentre nel 2007 egli è stato presente nel proprio ufficio di assegnazione per 62 giorni, e l’ulteriore circostanza per cui nel corso del 2006 lo stesso *************ha chiesto e ottenuto di essere esonerato dall’obbligo di usufruire della mensa obbligatoria di servizio in modo di concludere l’orario lavorativo un’ora prima del previsto, non è ragionevolmente sostenibile la sussistenza di un nesso di causalità  tra la condotta dell’Amministrazione e il danno lamentato dal medesimo *************.
Tale rilievo risulta assorbente anche a fronte della circostanza che alcune attività  svolte dal *************nel periodo per l’innanzi considerato non sembrano sicuramente riconducibili alla prevalente sedentarietà  che impone l’anzidetta non equivalenza tra “servizio di esclusivamente addetto agli uffici”
“attività  da svolgersi in ufficio”.
Il T.A.R. ha invero individuato come presumibilmente “operativa” l’unica attività  svolta dal *************a supporto del G.I.C.O.; ma se si può anche concordare con le conclusioni raggiunte dal giudice di primo grado sulla natura “non operativa” e, quindi, sostanzialmente sedentaria dei servizi svolti dal *************per le verifiche fiscali, nonchà© presso gli uffici del Corpo e la Procura della Repubblica e per l’aggiornamento professionale, le attività  di notificazione di atti giudiziari fuori sede, nonchà© le attività  di indagini di polizia giudiziaria fuori sede e il servizio antibagarinaggio presso lo stadio (la cui effettuazione non consta sia stata direttamente sollecitata dall’interessato al fine di poter poi assistere gratuitamente all’evento sportivo, come viceversa parrebbe ipotizzare lo stesso giudice di primo grado) non possono essere tout court assimilate a quelle effettuate sedendo dietro una scrivania, e ciò in quanto esse ragionevolmente implicano l’effettuazione per la maggior parte delle relative prestazioni in piedi, e senza quindi la posizione prevalentemente seduta della persona, viceversa intuitivamente essenziale per l’attività  espletata da colui che è addetto ad un ufficio.
Nondimeno, per quanto rilevato dianzi in via assorbente, tali tre tipologie di attività  risultano del tutto ininfluenti per il periodo complessivamente considerato agli effetti della configurazione dell’anzidetto nesso di causalità ; ma, permanendo il *************nelle attuali condizioni di salute, è auspicabile non siano più a lui affidate.
3.3. Le spese e gli onorari del presente grado di giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge come da motivazione.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità  amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2012

 

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