DIFESA CEDE AUTO PER TRASPORTO AUTORITA', FIRMATA CONVENZIONE - FISCO:GIUDICE, DOLCE E GABBANA EVASO CON SOCIETA' ESTERA - ARRIVA NUOVO CATASTO, AVRA' MQ E VALORI MERCATO - MANETTE AI TITOLARI DI MISTER TOYS, FRODE DA 114 MLN
mercoledì 18 settembre 2013
DIFESA CEDE AUTO PER TRASPORTO AUTORITA', FIRMATA CONVENZIONE
CON MINISTERO TRASPORTI, OBIETTIVO OTTIMIZZARE RISORSE
(ANSA) - ROMA, 17 SET - Auto della Difesa per il trasporto di
autorita' di altre amministrazioni: lo prevede una convenzione,
firmata oggi, Oggi, tra il Ministero della Difesa ed il
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
La convenzione (siglata alla presenza del Segretario generale
della Difesa e Direttore nazionale degli armamenti, Enzo
Stefanini, e del vice segretario generale, Luigi Di Palma)
prevede "la cessione in comodato d'uso gratuito di autoveicoli
della Difesa da assegnare al trasporto di autorita'".
"Nell'ambito della razionalizzazione della spesa nelle
pubbliche amministrazioni e, piu' in dettaglio, per la necessita'
di osservare le vigenti disposizioni di legge in materia di
limiti di spesa riguardanti l'uso delle autovetture di servizio,
la convenzione - sottolinea la Difesa, in una nota - consentira'
al Ministero dei trasporti di impiegare un congruo numero di
vetture per soddisfare le esigenze di varie amministrazioni
centrali. Il provvedimento da' concreta attuazione alla volonta'
del Governo di ottimizzare le risorse esistenti per il
soddisfacimento dei bisogni del Ministero, coniugandolo con
l'obiettivo del contenimento della spesa pubblica". (ANSA).
FISCO:GIUDICE, DOLCE E GABBANA EVASO CON SOCIETA' ESTERA
MOTIVI CONDANNE, 'DANNO MORALE A AG.ENTRATE';DIFESA,PAGATO TUTTO
(di Igor Greganti)
(ANSA) - MILANO, 17 SET - Domenico Dolce e Stefano Gabbana
erano a conoscenza di quella operazione di
''estero-vestizione'', di cui erano, tra l'altro, ''beneficiari
effettivi'' e a cui hanno fornito un ''essenziale contributo
causale''. Operazione che sarebbe stata realizzata per evadere
il Fisco e che ha arrecato un ''danno morale'' all'Agenzia delle
Entrate.
E' cosi che, in sostanza, il Tribunale di Milano spiega le
ragioni per cui ha deciso, lo scorso giugno, di condannare i due
stilisti a un anno e 8 mesi (pena sospesa) per una presunta
evasione fiscale. Una sentenza che, tra l'altro, e' stata
seguita, lo scorso luglio, da una lunga 'querelle' tra il Comune
di Milano e i due fondatori della multinazionale della moda,
dopo le parole dell'assessore al Commercio Franco D'Alfonso,
secondo cui l'amministrazione non avrebbe dovuto concedere spazi
a evasori come loro. Frasi a cui Dolce e Gabbana avevano reagito
con una serrata di tre giorni delle loro boutique in citta'.
Lo scorso 19 giugno, gli stilisti sono stati condannati
assieme al loro commercialista e ad altri 3 manager, tra cui
Alfonso Dolce, fratello di Domenico. Al centro del processo una
presunta evasione che sarebbe stata realizzata, secondo le
indagini dei pm Laura Pedio e Gaetano Ruta, con una
'estero-vestizione': con la creazione nel 2004 di una societa'
fittizia in Lussemburgo, la Gado, per ottenere vantaggi fiscali.
Tuttavia, la cifra contestata di un miliardo di euro si e'
ridotta con la sentenza a circa 200 milioni e la condanna e'
arrivata solo per il reato di omessa dichiarazione dei redditi.
Mentre per la restante parte (circa 800 milioni di euro) e per
il reato di dichiarazione infedele dei redditi i due stilisti,
difesi dai legali Massimo Dinoia, Fortunato Taglioretti e
Armando Simbari, sono stati assolti. ''Si tratta di una
operazione articolata - chiarisce il giudice Antonella Brambilla
nelle motivazioni depositate oggi - che presenta molteplici
aspetti di criticita', ciascuno dei quali richiede autonomo ed
approfondito accertamento, anche perche' non tutti risultano
penalmente rilevanti''. Secondo la difesa, infatti, le
motivazioni della sentenza ''riconoscono e ribadiscono un
principio fondamentale, che invano i pubblici ministeri avevano
tentato di bypassare: nessuno puo' essere condannato a pagare
imposte su redditi che non ha mai percepito''. E la sentenza,
nella parte in cui sono stati assolti, ''e' un doveroso
riconoscimento alla piena legittimita' della condotta dei due
stilisti'' che hanno ''pagato regolarmente tutte le imposte,
fino all'ultimo centesimo''.
Secondo il giudice, pero', ''la condotta di estero-vestizione
si e' tradotta nella costituzione di una societa' solo
apparentemente allocata in Lussemburgo e non dotata di alcuna
struttura amministrativa gestionale, contabile etc. idonea a
legittimare un dubbio circa la disciplina impositiva
applicabile''. E - si legge sempre nelle motivazioni - ''la
consapevolezza di tale fatto costituisce elemento soggettivo
certamente integrato in capo'' ai ''due stilisti''. Erano loro,
infatti, scrive il giudice, i ''soggetti che avendo ceduto i
marchi alla societa''' lussemburghese ''ne conoscevano
evidentemente la struttura e le finalita'''. Sempre secondo il
Tribunale, ''la stessa costituzione di Gado non puo' ritenersi
che finalizzata a trasferire in Lussemburgo il reddito derivante
dalla 'royalties' e quindi certamente tale progetto, tenuto
conto che i due stilisti avevano sottoscritto il fondamentale
contratto di cessione, pare elaborato in realta' nel loro
esclusivo interesse''. Su questo punto i difensori ribattono che
''le risultanze processuali'' sono state ''travisate o
dimenticate dal Tribunale'' e confidano nell'appello. Il
giudice, infine, spiega che bisogna tener conto si'
''dell'ingente importo dell'imposta evasa ma anche dell'avvenuto
pagamento documentato''. Ed e' per questo che il danno per
l'Agenzia delle Entrate, parte civile, puo' ritenersi ''limitato
essenzialmente al danno morale non tanto, ovviamente, per
l'esposizione a legittime critiche in merito agli accertamenti,
quanto per il pregiudizio che condotte particolarmente maliziose
cagionano alla funzionalita' del sistema di accertamento ed alla
tempestiva percezione del tributo''. (ANSA).
FISCO: ARRIVA NUOVO CATASTO, AVRA' MQ E VALORI MERCATO
PRIMO OK IN COMMISSIONE, NOVITA' DA LOTTA A EVASIONE
(di Giovanni Innamorati)
(ANSA) - ROMA, 17 SET - La riforma del catasto marcia ad
ampie falcate nella commissione Finanze della Camera, premessa
indispensabile alla trasformazione dell'Imu in ''service tax'':
la Commissione ha infatti votato gli emendamenti ai primi
quattro articoli della delega fiscale, tra cui il secondo, che
contiene appunto la riforma del catasto. La maggior novita'
riguarda il passaggio dai vani ai metri quadrati, nel calcolo
del valore dell'immobile, e l'allineamento ai valori di mercato.
Cosa che si dovrebbe tradurre in una diminuzione delle imposte
per la maggior parte dei proprietari di case. La Commissione
concludera' il voto entro venerdi' dato che il testo e' atteso in
aula lunedi' prossimo.
La speditezza dell'esame dipende dal ''clima di ampia
condivisione'' del testo, come ha detto Daniele Capezzone (Pdl),
relatore e presidente della Commissione, che ha parlato anche di
''piccolo miracolo''; giudizio condiviso dal capogruppo Pd Marco
Causi. E in effetti di miracolo si tratta visto che lo scorso
novembre proprio il Pdl, assieme a Lega e a Idv, affondo' la
delega fiscale con la riforma del catasto all'ultimo voto in
Senato; e rispetto a quel testo non ci sono grandi differenze.
Oggi la commissione ha comunque perfezionato le norme sul
futuro catasto, che il governo dovra' seguire nell'emanare i
decreti legislativi di attuazione. Il punto centrale e'
''l'invarianza di gettito'' complessivo il che significa che se
aumentera' il gettito derivante da alcuni immobili (quelli non
ancora accatastati e quelli con un classamento inferiore ai dati
reali di mercato), automaticamente scenderanno le tasse sulle
altre case ed edifici, a partire dall'Imu.
Le nuove categorie catastali dovranno essere definite tenendo
conto della ''relazione con il valore di mercato, la
localizzazione e le caratteristiche edilizie'' con differenze
''di ambito territoriale anche all'interno di uno stesso
comune''. Il classico esempio sono gli appartamenti nel centro
storico di Roma, oggi accatastati come ''case popolari'', ma in
effetti ristrutturate come abitazioni di prestigio, con un
valore di mercato altissimo.
In piu' l'utilizzo del ''metro quadrato come unita' di
consistenza'' al posto dei vani, dovrebbe 'avvantaggiare' le
abitazioni piu' piccole.
C'e' poi il capitolo delle case non ancora accatastate oppure
che presentano discrepanze tra realta' di fatto e e realta'
dichiarata: tra le novita' un emendamento di M5s, approvato, che
prevede la ''condivisione telematica dei dati e documenti tra
l'Agenzia delle entrate e gli Uffici urbanistici dei comuni in
modo da creare una corretta ed unica corrispondenza tra
documenti progettuali depositati, elaborati catastali e stati di
fatto degli immobili''.(ANSA).
MANETTE AI TITOLARI DI MISTER TOYS, FRODE DA 114 MLN
IVA EVASA CON IMPORT GIOCATTOLI DA CINA SENZA PASSARE PER DOGANA
(ANSA) - CASERTA, 17 SET - Con l'accusa di aver frodato allo
Stato 114 milioni di euro sono finiti agli arresti domiciliari
Mauro e Luigi Cataneo, titolari del noto marchio 'Mister Toys'
che commercializza giocattoli.
Secondo la Guardia di Finanza, avevano escogitato e messo in
piedi un meccanismo in base al quale importavano i giocattoli
dalla Cina senza passare per la Dogana. Lo strumento della
truffa erano una serie di societa' create ad hoc in diversi Paesi
europei e che poi venivano fatte fallire, diventando delle
scatole vuote.
Amici, parenti e un 'esercito' di prestanome sono risultati
coinvolti nelle indagini coordinate dalla Procura di
Santa Maria Capua Vetere (Caserta), con il pm Antonella
Cantiello e l'aggiunto Luigi Gay, e dalla Guardia di Finanza di
Capua.
Con i Cataneo ai domiciliari, su ordine del gip di
Santa Maria Capua Vetere, Cettina Scognamiglio, sono finiti
altri due parenti, Francesco Chianese, di 43 anni, e Giovanni
Bagno, di 50. Obblighi di dimora per altri quattro indagati, tra
cui un nipote dei due imprenditori. In totale nell'inchiesta
risultano indagate 45 persone.
Ammonta a 114 milioni di euro la frode accertata. Le indagini
hanno consentito di accertare l'emissione e l'utilizzazione di
fatture per operazioni inesistenti per un valore di oltre 79
milioni di euro, l'importazione dall'estero, mediante l'impiego
di 'missing trader' per la successiva immissione sul mercato
nazionale per complessivi 12 milioni di euro, il contrabbando di
beni provenienti dalla Cina attraverso societa' rappresentate da
prestanome per 13 milioni e 800 mila euro e un'evasione totale
accertata di 10 milioni di euro.
Sequestrati in via preventiva agli imprenditori napoletani
anche 16 immobili. Nessun provvedimento e' stato adottato per i
numerosi punti vendita sparsi per la regione in quanto intestati
alla societa'.
Secondo gli investigatori il sistema truffaldino messo in
piedi dai fratelli Cataneo era collaudato e andava avanti da un
periodo di gran lunga precedente a quello di inizio indagini,
ovvero il 2011. Stando all'accusa, gli imprenditori di Grumo
Nevano (Napoli) hanno creato ben 37 societa' intestate a
prestanomi con sede in Slovenia, Germania, Austria, Gran
Bretagna e Belgio.
Aziende create ad hoc per figurare come importatori di
giocattoli dalla Cina; in tal modo i fratelli Cataneo
acquisivano prodotti da queste ditte e, trattandosi di acquisti
infracomunitari, non pagavano l'Iva ma accumulavano comunque un
credito con l'Erario. In totale, hanno calcolato gli inquirenti,
sarebbero state emesse e utilizzate dai due imprenditori
napoletani fatture per operazioni inesistenti pari quasi a 80
milioni di euro. Soldi, secondo l'accusa, risparmiati e
trasformati in provviste sempre disponibili con cui comprare
continuamente giocattoli dalla Cina rivendendoli a prezzi di
mercato inferiore, e in questo modo attuando anche una forma di
concorrenza sleale. Le societa' venivano poi fatte fallire e
sostituite nuovamente; anche molti documenti sono stati fatti
sparire ma i finanzieri guidati dal capitano Andrea Longo e
coordinati dal comandante provinciale Giuseppe Verrocchi, sono
riusciti comunque a sequestrare rilevante documentazione.
Altro canale illecito era quello del contrabbando dei
giocattoli cinesi, alimentato - sempre secondo la Procura - con
documenti falsi che attestavano l'arrivo dei prodotti al porto
di Capodistria presso la sede di una delle 37 societa' fittizie;
i beni invece arrivavano direttamente a Napoli senza passare per
alcuna dogana. A scoprire il remunerativo traffico, pari a quasi
14 milioni di euro, sono stati i finanzieri di Trieste che hanno
sequestrato un carico proveniente via nave dalla Cina. (ANSA).