DALLA DIAZ AGLI APPLAUSI DEI FORCONI «I POLITICI NON CI STRUMENTALIZZINO» (Il Tempo)
DALLA DIAZ AGLI APPLAUSI DEI FORCONI «I POLITICI NON CI STRUMENTALIZZINO»
Lui il casco se l'è tolto davvero. Se l'è sfilato per soccorrere una manifestante con la testa sfasciata nella Diaz e per dare un segnale ai suoi poliziotti (quelli del reparto scelto...
Lui il casco se l'è tolto davvero. Se l'è sfilato per soccorrere una manifestante con la testa sfasciata nella Diaz e per dare un segnale ai suoi poliziotti (quelli del reparto scelto del G8 di Genova denominato Settimo Nucleo) affinché si distinguessero dagli altri colleghi responsabili di quella che lui chiamerà "macelleria messicana". Nessuno meglio di Michelangelo Fournier, ex vicequestore della Celere, al Reparto Mobile di Roma sa cos'è l'ordine pubblico e il confronto coi manifestanti avendo personalmente partecipato a centinaia di scontri, gli ultimi dei quali nella baraonda del luglio 2001. In quella scuola Fournier entrò e rimase impietrito per la scena che gli si parò davanti e al processo, che per lui si è concluso con una prescrizione, parlò infatti di “macelleria messicana”. Raccontò della ragazza stesa a terra con la testa fracassata e in una pozza di sangue e di come, dopo essersi guardato intorno e aver visto ciò che mai pensava di vedere, si tolse il casco per farsi riconoscere, chiamo a sé i poliziotti e urlò “basta… basta”. Oggi Fournier si occupa d'altro e a tempo pieno si dedica al lavoro dei colleghi come sindacalista del Consap. Accetta di parlare del gesto che ha fatto il giro del mondo, ovvero degli agenti che si tolgono il casco applauditi dalla gente, escludendo qualsiasi impazzimento della sua polizia e qualsiasi forma di solidarietà . Lui Che in piazza ci ha vissuto, ci rivela cos'è successo.
Allora Fournier, è credibile che i poliziotti si siano tolti il casco per schierarsi coi manifestanti?
«Macché. È solo un’enorme strumentalizzazione. Quando si sta ore e ore in piazza, a un certo punto dobbiamo pur toglierceli i caschi, come succede praticamente sempre e come è accaduto già migliaia di volte. Non significa affatto che si parteggi con chi manifesta. Si tratta di un gesto normale, e in casi particolari, anche "distensivo" verso manifestanti pacifici. Bisogna capire che spesso, e per fortuna, le protesta di piazza non ci impongono il rigore del casco in testa. È incredibile che anche qualche forza politica ci speculi sopra».
Testimonianze simili giungono anche da Genova e Milano, non solo Torino.
«Le ragioni sono quelle che le ho appena detto. La polizia, dopo momenti di tensione, si è trovata di fronte a manifestanti tranquilli, non ostili. Togliersi il casco era perciò ragionevole».
Fra i rappresentanti della polizia ci sono però diversità di vedute. C’è chi interpreta quel gesto in maniera diversa.
«Se qualche sigla sindacale vuole per forza ravvisare in queste iniziative l’inizio di qualche forma di ribellione, se ne assumerà la piena responsabilità ».
I manifestanti hanno urlato “siete come noi” ai poliziotti senza casco e li hanno anche applauditi.
«Ãˆ un fatto positivo che dimostra non solo la sensibilità della piazza verso la polizia, ma anche che levandosi il casco l’obiettivo di rasserenare il clima in un momento delicato è stato raggiunto. Lo ripeto, questo episodio è strumentalizzato, non solo dai politici, ma anche dai giornalisti che devono pur riempire le pagine in qualche modo, quando ci sarebbero cose più serie di cui parlare».
Perché un’immagine non nuova, che anzi è usuale, viene interpretata questa volta quasi come una “rottura” fra la polizia e le istituzioni?
«Me lo chiedo anch’io. È una strumentalizzazione dalla quale non so cosa si voglia ricavare».
Teme che, se le cose non miglioreranno, quello che oggi lei definisce «strumentalizzazione» un domani possa diventare realtà ?
«Spero non accada mai. Sarebbe una cosa di una gravità inaudita. Mi auguro che i manifestanti continuino a fare i manifestanti e le forze dell’ordine a svolgere il proprio lavoro tutelando l’ordine pubblico come in ogni paese democratico. Se così non fosse, significherebbe che siamo arrivati al punto di non ritorno».
Ieri, nel suo discorso alla Camera, quando il premier Enrico Letta ha elogiato le forze dell’ordine, i deputati hanno applaudito convinti. Lo Stato, le istituzioni, fanno il proprio dovere verso i poliziotti?
«Assolutamente no. Lo Stato è “patrigno”, ci sfrutta fino a che è possibile e ci abbandona al momento della difficoltà . Ci dà stipendi da fame, non ci addestra. Noi poliziotti, ma anche i carabinieri, siamo “figli di un Dio minore”. Gli applausi, poi, sono gratis, ci fanno ridere. Sa quanto guadagna il Capo della polizia? 650mila euro l’anno. Soldi che continua a prendere anche quando va in pensione. Il Capo della polizia, ma anche altri alti ufficiali, sono “milionari di Stato” cooptati dalla politica”».
Come giudica l’appello di Grillo indirizzato proprio al Capo della polizia e al Generale dei carabinieri?
«Ãˆ un gioco pericolosissimo, certe cose si possono chiedere in Tunisia o Egitto, non certo in Italia. La polizia non sarà mai coprotagonista della ribellione. Quell’appello non doveva essere fatto a nessuno, men che meno ai “milionari di Stato”. Se proprio non poteva farne a meno avrebbe dovuto rivolgerlo direttamente ai poliziotti».
Al G8 di Genova del 2001 le forze dell’ordine furono messe a dura prova. Lei, a proposito dei fatti della Diaz, parlò di “macelleria messicana” e si tirò addosso accuse di ogni tipo. Quei fatti sono distanti mille miglia da quanto accade oggi. Ma che lezione ne trasse allora e ne trae adesso?
«Che quando siamo nei guai ce la dobbiamo cavare sempre da soli. Vale per allora e anche per adesso».