MUTUI IPOTECARI (EX) INPDAP: NEL 2010 SCENDE IL TASSO DI INTERESSE, MA VALE SOLO PER I DIPENDENTI DELL’ISTITUTO. IL RESTO DEL PUBBLICO IMPIEGO SONO FIGLI DI UN DIO MINORE? RISPOSTA DE “LA RETE LEGALE”
Lo scorso 9 maggio del 2013 abbiamo pubblicato la lettera di una ispettore della Guardia di finanza (consultabile qui) che metteva in evidenza la disparità di trattamento, tra i dipendenti ex Inpdap ed il resto del Pubblico impiego, nell’applicazione del tasso di interesse sui mutui ipotecari edilizi concessi dal citato istituto. Di seguito l’analisi de “La Rete Legale”:
“ La diversità del tasso applicato ai dipendenti INPDAP, da un lato, e a tutti gli altri pubblici dipendenti dall’altro non è utilmente coltivabile, considerato che, a ragione o a torto, comunque la normativa applicabile è diversa (D.P.R. 16.10.1979, n.509 per gli uni e D.M. 28.07.1998, n.463 per gli altri).
Quanto, invece, alla mancata previsione, nel regolamento da ultimo approvato, della possibilità per i dipendenti pubblici non INPDAP, già titolari di mutuo, di rinegoziarlo al più favorevole tasso stabilito successivamente dall’Ente, si rileva quanto segue:
- in via generale, nei mutui c.d. agevolati, l'obbligo di rinegoziazione sorge allorquando il tasso praticato sia superiore al tasso effettivo globale medio (per le medesime operazioni determinato ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n.108, alla data della richiesta), al fine di ricondurre il primo tasso ad un valore non superiore al secondo.
- nel caso che interessa, il tasso praticato dall’INPDAP è il 4,15%, mentre il tasso effettivo globale medio alla data (settembre 2013) della richiesta di applicazione del tasso più favorevole (3,75%), successivamente stabilito dall’Ente, era (v. D.MEF. 24.09.2013) ed è ancora (v. D.MEF 19.12.2013) il 5,11%.
Dunque, ammessa l’operatività nella fattispecie della normativa in materia di rinegoziazione (art.2, legge n.108/1996, art.29 legge n.133/1999, art.145, comma 62, legge n.388/2000, Decreto Ministero del Tesoro 24.03.2000, n.110), non sussiste, alla stregua della stessa, un obbligo dell’Istituto di procedere alla revisione del tasso applicato, poiché il tasso effettivo globale (5,11%) era ed è superiore al tasso praticato (4,15%).
Sotto altro profilo, l’art.9 del D.M. 28.07.1998, n.463 (Regolamento recante norme per la gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali istituita presso l’INPDAP, da adottarsi ai sensi dell’art.1, comma 245, della legge 23.12.1996, n.662) stabilisce che “1. In relazione alle linee strategiche fissate dal consiglio di indirizzo e vigilanza, il consiglio di amministrazione determina i requisiti necessari per usufruire delle prestazioni creditizie, le modalità di ammortamento, la misura delle spese di amministrazione e del premio compensativo dei rischi dell'operazione nonché i casi di estinzione anticipata e di rinnovo. 2. Il tasso di interesse sulle prestazioni creditizie da erogare può essere modificato con le modalità indicate nel comma precedente, … ”.
Con il regolamento entrato in vigore il 1° luglio 2010 e poi confermato, sul punto, da quello entrato in vigore il 1° ottobre 2011, il tasso d’interesse per i mutui INPDAP a tasso fisso è stato rivisto al ribasso (3,75%) rispetto a quello precedentemente praticato (4,15%), senza però prevedere la possibilità di rinegoziazione dei contratti di mutuo in corso.
Poiché i mutui vengono concessi dall’Ente sulla base di graduatorie formate tenendo conto della situazione familiare e reddituale dei richiedenti e, quindi, della relativa situazione di bisogno, l’abbassamento del tasso d’interesse, non accompagnato dalla previsione della possibilità di beneficiarne anche da parte di coloro che abbiano già stipulato un mutuo ad un tasso superiore, non pare in linea con la funzione sociale e non lucrativa propria delle prestazioni creditizie da erogarsi dall’Ente, aventi il fine di consentire l’accesso alla casa di abitazione ai cittadini che, per le loro condizioni economiche, non sarebbero in grado di contrarre un prestito alle ordinarie condizioni di mercato.
A ciò si aggiunga, che l’operato abbassamento del tasso d’interesse evidentemente ha come presupposto la discesa dei tassi d’interesse praticati sul libero mercato. In questo contesto, l’omessa previsione della possibilità di rinegoziare al nuovo tasso i contratti già stipulati ha determinato e determina una divaricazione (circa mezzo punto) tra precedenti e nuovi beneficiari di mutui INPDAP. Divaricazione certamente tanto più rilevante in un momento come il presente, di grave crisi economica.
Sennonché, la suddetta divaricazione, per quanto indubbiamente esistente, lascia la situazione dei titolari di vecchi mutui INPDAP comunque largamente più vantaggiosa rispetto ai titolari di mutui stipulati in condizioni di libero mercato (v. articolo allegato).
Tenuto conto di tutto ciò, la vicenda, a nostro avviso, è riconducibile ed inquadrabile unicamente nell’ambito di un erroneo o cattivo esercizio dei poteri amministrativi attribuiti in materia all’Ente previdenziale, che si potrebbe sostenere siano stati utilizzati in modo non pienamente conforme alla sopra evidenziata funzione sociale e non lucrativa propria delle prestazioni creditizie che lo stesso è chiamato ad erogare.
Conseguentemente, lo strumento giuridico che avrebbe potuto essere utilizzato a tutela degli interessati avrebbe dovuto essere quello dell’impugnazione di fronte al G.A. del nuovo regolamento approvato con la delibera n.362 del 23.09.2011. Impugnazione da proporsi nell’ordinario termine di 60 giorni dall’adozione ovvero dalla pubblicazione e, dunque, ormai non più esperibile per decorso del termine.
In caso di approvazione di un nuovo regolamento (confermativo del tasso del 3,75% o inferiore e della non applicabilità dello stesso ai mutui già stipulati), il discorso potrebbe tuttavia riaprirsi.
È bene, dunque, che gli interessati prestino costante attenzione a qualunque nuovo od ulteriore intervento in materia da parte dell’INPDAP/INPS, onde non perdere nuovamente la possibilità di tentare la strada sopra indicata.”