SPENDING REVIEW. GIARDA: "SE IL GOVERNO È FORTE, I BUROCRATI CEDERANNO" (La Repubblica)
La Repubblica – 8 aprile 2014
GIARDA: "SE IL GOVERNO È FORTE, I BUROCRATI CEDERANNO"
di Eugenio Occorsio
ROMA - "È una leggenda metropolitana quella dello strapotere dei mandarini dei ministeri, gli alti burocrati che avrebbero il potere di far saltare qualsiasi riforma, di ritardare fino a consunzione il rinnovamento. Se c'è un ministro, un governo, una classe politica determinata ad andare in fondo, quelle riforme si fanno. Mandarini o no". Piero Giarda, come dice lui fa "un altro lavoro " perché è presidente della Banca Popolare di Milano, ma segue con trepidazione la spending reviewa cuihadedicato un corposo studio per il ministro Tremonti nel 2011 e poi i 15 mesi dell'esecutivo Monti da ministro dei Rapporti con il Parlamento.
Il governo ha forza sufficiente per imporre e misure?
"In linea di massima mi sembra che ci sia una determinazione fortissima. Però è tremendamente difficile passare dallo studio accademico alla fase esecutiva. Non basta purtroppo portare alla luce le diseconomie per azzerarle e trasferire automaticamente i benefici alla diminuzione delle tasse. Qui si vale il politico: deve essere immaginifico, capire dove può andare a colpire. E farlo con la consapevolezza che con qualcuno si dovrà scontrare anche duramente".
Dove riscontrò gli sprechi peggiori?
"È l'organizzazione stessa della macchina pubblica che necessita di una profonda ristrutturazione, come un'azienda che si rivolge a una società di consulenza. Non ci sono settori in cui si annidino gli sprechi maggiori, né credo alla scoperta di qualche miniera d'oro cui attribuire possibilità salvifiche".
Lei parlò 100 miliardi di spesa aggredibile, solo per un terzo relativa al livello centrale.
"Il fatto che ci siano 8500 comuni, ognuno con la sua storia che non si può toccare, non facilita le cose. Comunque di tagli ne hanno subiti anch'essi, né sono riusciti a recuperarli con le tasse locali. Nel complesso la spesa pubblica si è ridotta, al punto che è arduo identificare le riduzioni. Prendiamo le infrastrutture: strade, ferrovie, scuole, riassetto idrogeologico. Avrebbero bisogno di risorse, altro che tagli ".
Come evitare l'infame termine "tagli lineari"?
"Non li chiamerei lineari, diciamo tagli generali. C'è un'ulteriore difficoltà: dover programmare oggi quello che dovrò tagliare fra tre anni, quando l'orizzonte della tecnologia e della società sarà cambiato. Ci sono degli assurdi che occorre ricordare: la spesa sanitaria negli anni '80 e '90 è cresciuta del 26%, quella per l'istruzione è diminuita della stessa misura. Bisogna riequilibrare: questa è spending review".