“FABRIZIO NON VOLA PIÙ...” BELLISSIMA LETTERA DI UN FINANZIERE PER UN AMICO CHE CI HA VOLUTO LASCIARE

giovedì 01 maggio 2014

Fabrizio non vola più.

Fabrizio ha scelto di non volare più...

Tante volte è andato in soccorso di chi era in difficoltà, tante volte ha portato aiuto affrontando e superando gli ostacoli della natura.

Forse questa volta era lui ad aver bisogno di aiuto, un aiuto che non poteva arrivare con un elicottero.

Se ne va anche una parte di noi, di quei ragazzi che quasi ventisette anni fa cominciarono a camminare insieme a lui, a marciare insieme a lui, a studiare insieme a lui ed a fare altro insieme a lui.

Se ne va un'altra parte della 7^ Compagnia.

Le tue inquietudini sono ora finite Fabrizio, ora puoi veramente volare.

Ciao.”

Così ho salutato Fabrizio sulla sua pagina Facebook dove tanti altri hanno scritto.

A volte uno dice “…più di vent’anni che non vedi quella persona, ormai te la sei pure scordata…” invece no, ci sono cose che ti rimangono dentro per sempre che fanno parte della storia di ognuno di noi.

Sentimenti, emozioni che stanno lì, da una parte, dormienti che improvvisamente si attivano ed esplodono a seguito di determinati accadimenti e ti riportano indietro nel tempo al 1987.

Rivivi in un attimo tutto il corso, il 62° Dodecanneso, Cuneo, Ostia, la Scuola Sottufficiali, la 7^ Compagnia.

La 7^, l’ultima.

“IN CAUDA VENENUM” il motto riportato sul crest sotto lo scorpione che ci rappresentava… no, anzi… che ci rappresenta! Perché a distanza di quasi trent’anni, sparsi per tutta Italia, continuiamo a rimanere incredibilmente legati ed uniti nei momenti difficili, continuiamo ad essere la 7^ Compagnia.

Nelle mail che ci siamo scambiati alla notizia di Fabrizio uno di noi, Raffaele, scrive “…ancora una volta, un evento tragico come questo ci fa sentire come un'unica entità, e ci ritroviamo ancora una volta qui, a farci coraggio l'un l'altro, ed a farci le condoglianze tra di noi, come se avessimo perso un parente stretto. Infatti ognuno di noi è legato agli altri da un invisibile filo che ci rende fratelli, non di sangue, ma di vita, per quella strana alchimia che unisce persone lontane, eppure spiritualmente vicine. Come nell'attuale dolore, che ci ha accomunato tutti, dal primo all'ultimo. Perché la perdita di Fabrizio è un lutto che ha colpito gravemente la nostra amicizia, mutilando il ricordo della nostra gioventù spensierata, ricordandoci quanto è dura la vita e come è stato sin qui faticoso il cammino…”.

Parole che descrivono in maniera straordinaria il nostro stato d’animo ed è qualcosa che va anche oltre lo Spirito di Corpo che ci hanno insegnato a sentire.

E continua “…Facciamoci una promessa: chiunque di noi abbia un problema grave che lo assilla, lo esponga ad uno di noi, al più lontano, magari a quello con il quale al Corso ha anche legato meno, magari in privato e non pubblicamente, perché a volte la forza ti arriva da chi meno te lo aspetti, e la vita muta di aspetto di giorno in giorno, come i prati, come il mare, come le cime dei monti. Non lasciamo che l'oblio di distrugga...”.

Nel nostro lavoro ci capita spesso di aiutare il prossimo, di condividere moralmente paure e preoccupazioni di altri, di stare male per cose non nostre. E tutto questo oltre ai problemi propri. Siamo abituati a resistere, andare avanti, combattere ma non ci rendiamo conto che a volte perdiamo di vista il fatto di non essere delle macchine ma delle persone. Anche noi possiamo aver bisogno di aiuto, di supporto e, se in qualche occasione può bastare una chiacchierata o uno sfogo col collega o meglio l’amico, in altri momenti forse serve di più.

Un altro di noi scrive “…Odio questa vita frenetica che ci impedisce di fermarci a riflettere sulle cose. Non c'è mai tempo per niente, siamo sempre di corsa.
Basterebbe fermarsi un attimo e fare attenzione a chi ci sta intorno,
forse basterebbe una parola, un momento di pausa, di ascolto…”

Questi episodi, che nessuno vorrebbe leggere, rimangono quasi sempre nel silenzio dei rispettivi reparti, familiari, amici, ma prima di intraprendere azioni così inappellabili proviamo a chiedere aiuto.

Non è una debolezza fermarsi un attimo e riprendere fiato e coraggio.

Impariamo noi a parlare ma facciamo in modo che ci sia qualcuno pronto ad ascoltare ed in grado di capire i disagi.

Essere militari non vuol dire essere indistruttibili.

Anzi, forse l’ambiente militare sottopone a tensioni ancora maggiori vuoi per i rapporti gerarchici in alcuni casi esasperati, vuoi per quella condizione psicologica che tutti noi abbiamo di dovere essere sempre all’altezza delle situazioni nel rispetto dei nostri doveri.

Forse non sarebbe servito lo stesso per Fabrizio o forse sì, non lo sapremo mai ma se non si comincia da qualche parte….

 

Lgt Antonio Sterpetti 


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