CASO ALDROVANDI: IL SINDACATO DEI POLIZIOTTI INFANGATO DAL SAP. GLI APPLAUSI DI RIMINI SONO IL DURO PREZZO DEI DIRITTI DEI LAVORATORI IN DIVISA – di Francesco Lo Sardo (da Europa)
1 maggio 2014
Il processo al capitano Salvatore Margherito del II Reparto Celere («Non vogliamo più mettere a ferro e fuoco le città, ma inserirci nella realtà che ci circonda») condannato e rinchiuso a Peschiera. E poi le coraggiose pagine di Nuova Polizia di Franco Fedeli per difesa dei diritti e la conquista della dignità di lavoratori tra lavoratori dei cittadini in divisa. Chi tra i meno giovani non ricorda le lotte del movimento per la smilitarizzazione e la sindacalizzazione del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza che poi dilagarono e contagiarono tutte le altre forze armate?
Storie e battaglie nobili degli anni ‘70 che stridono con le ignobili cronache del secondo millennio, quelle dell’arrogante standing ovation del congresso nazionale del Sap, a Rimini, ai poliziotti condannati per la morte di Federico Adrovandi. Un’agghiacciante, cinica speculazione sindacale di sapore para-politico, nella logica di strappare iscritti agli altri sindacati di polizia, dal maggior competitor Siulp, al Siap, al Silp-Cgil, alla Federazione Sp che lega Uilps, Sup, Anip, Italia Sicura, all’Ugl, al Consap, al Coisp: il sindacato di polizia protagonista del volantinaggio contro l’incarcerazione degli agenti condannati del caso Aldrovandi sotto la sede del comune di Ferrara dove lavorava la madre del ragazzo morto.
Ieri le condanne della maggior parte dei sindacati di polizia per il gesto del Sap sono state fermissime e nette. Ma tra i poliziotti iscritti ai sindacati – oltre il 96,5 per cento del totale – quelli del Sap sono ventimila su quasi centomila agenti: una “minoranza” molto robusta, in ascesa, che fa politica, che trasmette messaggi politici e che continuerà a farlo. Come fanno del resto partiti e sindacati. Questo rappresenta, alla fine, l’applauso del Sap: un messaggio politico per guadagnare seguito e consensi, per chi lo condanna un protervo inno all’inciviltà e uno sprezzante schiaffo alla giustizia che ha emesso sua sentenza definitiva di condanna.
Ma i fatti riminesi, al di là dell’esecrazione in primis del governo con la telefonata alla madre di Aldrovandi del presidente del consiglio Matteo Renzi che ha definito «un gesto indegno» l’applauso del Sap, pongono un interrogativo provocatorio che cade proprio il giorno del 1° maggio, festa dei lavoratori.
Sarebbe potuto mai esser messo in circolo un messaggio devastante come quello del Sap, sarebbe mai potuto accadere qualcosa del genere se i condannati fossero stati carabinieri o agenti della guardia di finanza? No. Perché in Italia soltanto la polizia di stato (legge 121 del 1 aprile 1981), la polizia penitenziaria (legge 395 del 15 dicembre 1990) e le varie polizie municipali e provinciali (legge 65 del 7 marzo 1986) – non ci sono più le province ma resta una misteriosa polizia provinciale cresciuta negli anni ‘90 – sono state trasformate in corpi civile militarmente organizzati e dunque liberamente sindacalizzati.
Non così carabinieri, guardia di finanza e le altre tre forze armate rimaste con le stellette. Non che siano meno “corporative” rispetto a quelle dei sindacati degli “smilitarizzati” le prese di posizione dei Cocer delle cinque armi (il livello più alto della rappresentanza militare, posto sopra ai Coir intermedi e ai Cobar della base, istituita con legge 382 dell’11 luglio 1978). Ma la natura di quella rappresentanza fa sì che per caratteristiche e modalità dell’esercizio di tutela degli interessi della base che l’ha eletta, la sua azione non possa mai deragliare – come invece è avvenuto a Rimini – proprio per la particolarità dei cittadini che i Cocer rappresentano: lavoratori pubblici, ma in divisa e armati.
In divisa e armati sono anche gli “smilitarizzati”, inquadrati in una struttura gerarchica para-militare: il che però non impedisce a poliziotti di applaudire come eroi, senza incorrere in severe punizioni disciplinari, un gruppo di condannati per la morte di Aldrovandi, piuttosto che di dare del bugiardo e chiedere la cacciata – come fa il Sappe della penitenziaria – del capo del Dap da cui dipendono, l’ex pm Giovanni Tamburino, o di mettere in ginocchio coi loro scioperi il traffico nelle grandi città, come gli ineffabili vigili urbani di Roma. Paradossi fisiologici o patologie?
Nello specifico la crescita degli iscritti al Sap, secondo sindacato di polizia in Italia, è anche la conseguenza di errori politici. Frutto delle divisioni e poi della frantumazione e scissione nel 1999 del colosso democratico del Siulp, nato come emanazione dell’unità Cgil-Cisl-Uil e di una certa cronica disattenzione e diffidenza del centrosinistra per i lavoratori del comparto difesa e sicurezza.
Tornare indietro sul terreno dei diritti conquistati dai lavoratori della polizia non si può e non si deve. Il costo della democrazia, così come per le invettive di Beppe Grillo, è anche quell’applauso del Sap. Ma quando qualcuno riproporrà la smilitarizzazione della Guardia di finanza, sarà meglio pensarci bene. E’ vero, in Olanda anche i marines sono sindacalizzati e te li ritrovi in corteo insieme i metalmeccanici. Ma prima di arrivare all’Olanda qui da noi, a quanto pare, c’è ancora parecchia strada da fare.
@francelosardo