INCHIESTE E CORRUZIONE: COSA C’È VERAMENTE CHE NON VA NELLA GUARDIA DI FINANZA. LETTERA DI GIUSEPPE FORTUNA A REPUBBLICA

sabato 07 giugno 2014

Di seguito ed in allegato, la lettera che Giuseppe Fortuna, membro del Direttivo nazionale di Ficiesse e responsabile dello Sportello Anticorruzione, ha inviato al giornalista Alberto Statera, autore dell’articolo "Guardie e ladri, il doppio gioco degli uomini della Finanza", pubblicato ieri su repubblica.

 

Roma, 6 giugno 2014

L’occhiello dell’articolo di Alberto Statera pubblicato oggi da Repubblica annuncia che il giornalista spiegherà "perché negli ultimi scandali sulle tangenti spuntano sempre gli ufficiali infedeli delle fiamme gialle". Occhiello sbagliato, visto che l’articolo si limita a elencare le accuse per cui si procede.

Proviamo, allora, a spiegarlo noi il paradosso di un organismo certamente capace e pulito, ché altrimenti i magistrati farebbero lavorare i cugini dell’Arma e della Polizia di Stato, che però in quegli stessi scandali da qualche anno trova non di rado coinvolti alcuni suoi massimi vertici.

C’è qualcosa che non va nel Corpo? Secondo noi sì, c’è qualcosa che non va.

Non va che i due numeri uno della Gdf, comandante generale e comandante in seconda, guadagnino cifre astronomiche rispetto a tutti gli altri che vestono la loro stessa divisa e riescano a doppiare, addirittura con i soli straordinari (già questa un’anomalia), il reddito complessivo di un qualunque finanziere o maresciallo. Come non va che la loro pensione arrivi, secondo notizie stampa, a 12mila euro netti al mese e che una volta in quiescenza ricevano non di rado ulteriori incarichi pubblici a forte remunerazione.

Ma ancor di più non va che queste esplosioni di ricchezza siano decise dai “signori della politica”, col rischio che vengano messe a repentaglio la stessa autonomia e indipendenza delle pubbliche amministrazioni.

Pensiamo sia opportuno, perciò, tornare a stipendi e pensioni di accettabile livello etico, come quelli ante 2006, e che sia chiaramente stabilito per legge che chi ricopre incarichi pubblici di vertice nella pubblica amministrazione non possa, una volta andato in pensione, ricoprirne altri, di nessun genere, che siano remunerati con denaro pubblico.

Chi ha voglia di continuare a lavorare deve certamente esser libero di farlo, ma come professionista o come consulente di aziende private e non con nomine a consiglieri di Stato o della Corte dei Conti o con l’assegnazione di incarichi in aziende di Stato.

Altro intervento urgente e specifico per la Guardia di finanza è poi quello in tema di segreto istruttorio e di segreto d’ufficio.

Non è un caso che le contestazioni di questi ultimi anni a gradi elevati abbiano sempre riguardato accuse (che, peraltro, va detto, sono state successivamente archiviate) di aver fornito indebitamente informazioni su attività operative dei reparti dipendenti.

Il punto dolente è che non si sa bene quali informazioni siano dovute ai superiori e quali non, tema delicato e scottante da sempre sul quale la confusione è ancor di più aumentata nel Corpo con la nota vicenda P4.

Mentre, infatti, una circolare del 1998 che ci risulta ancora in vigore continua (opportunamente) ad escludere i casi di segreto istruttorio “assoluto”, si è appreso l’anno scorso dalla stampa di archiviazioni che avrebbero riconosciuto rilevanza a non meglio precisati “regolamenti militari” e addirittura a “prassi usuali”.

È facile capire come i finanzieri di ogni grado debbano aver certezza della piena legittimità dei loro comportamenti e non possano essere lasciati nel dubbio, ancor di più dopo le vicende di cui si legge sui giornali di questi giorni.

Chiediamo quindi al ministro Padoan di disporre che sia chiarito, il più in fretta possibile e in modo pubblico e trasparente, cosa esattamente i reparti operativi del Corpo possano e debbano comunicare ai superiori regionali e nazionali, sia in materia di procedimenti giudiziari che di verifiche fiscali.

AVV. GIUSEPPE FORTUNA

Direttore dello Sportello Anticorruzione Ficiesse

 


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