UOMINI, SCIMMIE E …AMBIENTI DI LAVORO. CERTE DINAMICHE PERVERSE DEI GRUPPI UMANI NON POTREBBERO AVVENIRE NEL MONDO ANIMALE, OVE CIÒ CHE CONTA È LA SOPRAVVIVENZA DI TUTTA LA SPECIE - di Massimiliano Salce
Riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera giuntaci da Massimiliano Salce, il quale si applica in un interessante paragone tra le dinamiche lineari dei gruppi animali e quelle perverse dei gruppi umani; il titolo è della redazione del sito.
UOMINI, SCIMMIE E … AMBIENTI DI LAVORO … VOLENDO.
In un piacevolissimo libro dal titolo “A che gioco giochiamo noi primati”, scritto da Dario Maestripieri professore di biologia evoluzionistica e neuroscienze comportamentali all’università di Chicago, l’autore illustra il parallelismo esistente nel comportamento dei primati in particolare uomini e scimmie.
Lo scritto disvela interessanti aspetti attinenti al tema della psicologia sociale, traendo spunto dal suddetto esame tra questi animali al vertice dell’evoluzione ed è sicuramente interessante per chiunque, conoscendosi meglio nel suo modo di essere, voglia volendo, migliorare i rapporti umani in genere o in quelle organizzazioni particolarmente “tristi” che sono la maggior parte gli ambienti di lavoro e distinguendo in essi quegli ambienti marcatamente gerarchici .
Per far questo il prof. Maestripieri descrive situazioni nelle quali non è difficile identificarsi o verificare la descrizione esatta di nostri conoscenti che nel libro però appaiono col nome di Cita o Billy o Bongo.
D’altronde se qualcuno stesse già sorridendo circa l’affermazione di cui sopra , si potrebbe rinforzare la sua ilarità ricordando che ciò che accomuna lo scimpanzé con l’uomo , dal punto di vista biologico è l’avere il 98% circa del patrimonio genetico in comune (comunanza questa che è evidentemente da non ritenersi gradita ovviamente alle …scimmie , più che ai teorici del creazionismo, esaminando gli ultimi conflitti mondiali o ,che so, le ultime campagne elettorali o una trasmissione del grande fratello o certe strane ruberie di cui sono ricche le cronache dei telegiornali).
Comportamenti quali la dominanza, il far carriera, ricorrere alle raccomandazioni, le leggi dell’accoppiamento che l’eventuale lettore avesse immediatamente riferito a sue negative esperienze personali di lavoro o a casa…sono in realtà descritte, su base scientifica, dapprima come proprie delle scimmie e poi poste in esame comparato con gli stessi comportamenti umani.
Con una differenza che anticipo: e cioè che le scimmie sanno risolvere meglio di noi queste dinamiche.
Cosa ritrarne allora al fine di non solo farsi due risate (amare) dalla lettura e per migliorare i rapporti umani e gli ambienti di lavoro che ci occupano un terzo della giornata?
Sicuramente una prima conclusione un po’ sconfortante e cioè che vi è un certo rigidismo di fondo vincolante e cioè la nostra struttura biologica e il nostro modo di comportarsi, frutto di millenni di evoluzione animale, rappresentano dei vincoli comportamentali molto forti .
Di contro però dovremmo (dico dovremmo perché niente in scienza è certo ma di solito esclude l’improbabile) essere dotati di una mente , come dire, superiore. Affermazione, riconosco, un po’ altisonante e non sempre valida per tutti, guardandosi un po’ attorno. Mi riferisco al possesso della mente e non all’aggettivo.
Ma anche questo che appare essere un vantaggio, in realtà può essere un ulteriore vincolo se concordiamo (e molti studi lo confermano) che in noi agisce un potente inconscio non solo freudiano ma anche di tipo cognitivo (di cui non starò qui a spiegare il significato dicendo solo che è un modo evoluzionistico, che ci deriva da quando eravamo cavernicoli , di conoscere il mondo e comportarsi di conseguenza in via vincolata al di là della nostra volontà) e che esplica effetti spesso fuori controllo da parte del proprietario dello stesso, anzi in alcuni diciamo pure che questo aspetto, come dire, “fa gli straordinari” e non solo di notte in fase onirica, come possiamo “apprezzare” in certi soggetti ogni mattina.
Un uomo o una donna che nell’infanzia subisca rigidissime educazioni formali o peggio veda genitori assenti o di contro subisca abusi, è intuibile che, specie in un sistema fortemente gerarchico nel quale egli o ella possa trovarsi a capo, ne risentirà probabilmente in forma accentuata, non lui o lei ma purtroppo il sistema ambiente di lavor , o peggio Istituzione , che lo o la vede al comando, con conseguenze che è facile immaginare (qualche esempio di gerarca nazista ne è stato triste insegnamento ma anche in Italia abbiamo avuto e abbiamo ottimi esempi).
Questa “mente” , questo concetto del sé o dell’altro, questo insieme di un biologico esperienziale vincolato, conscio o inconscio nonchè di struttura cognitiva che è l’uomo e ancor più quello in “forti” strutture gerarchicizzate, ha dunque un dovere in più e cioè di lavorare molto su se stesso laddove si accorga che il suo rapporto relazionale sia afflitto da una conflittualità obiettiva sia con il prossimo, sia con gli oggetti che, come dire, gli “capitano sotto” e questo obbligo è ancor più marcato in relazione alla posizione che egli occupa nella scala gerarchica perché di solito quell’ambiente in cui agisce non è semplicemente un..bananeto.
Resta l’intuibile insormontabile problema che per buona parte dei casi, chi dovesse avere attriti relazionali con il prossimo o idee un po’ bislacche su come arricchirsi non sempre in realtà si accorge della propria condizione problematico comportamentale. O se ne accorge ma non riesce a controllarsi e qui ognuno di noi potrebbe stendere un bell’elenco di persone conosciute e purtroppo incrociate e comprendendo cognomi dalla a alla zeta.
Ecco che allora in un gruppo sociale umano, chi sta più in alto avrebbe l’obbligo di intervenire e non solo di prendere atto del guasto e rassegnarsi; ma una serie di motivi tra i quali il fatto che il dominante alfa nel gruppo umano non è un dominante biologico ma formale (nel senso che si trova al vertice della piramide per altri motivi che non siano quelli di essersi conquistato la guida ma di averla avuta sotto altre forme o ancor peggio senza nemmeno sapere lui come ha fatto, situazione questa che in natura non esiste) impedisce questo intervento e così assistiamo ciclicamente a lunghi periodi di gruppi umani nevrotizzati, con forti disagi che di solito sono somatizzati a causa dell’imperversare di soggetti disturbati , o disturbatori verrebbe il caso di dire, che si trovano a capo di un gruppo e i cui effetti cessano solo quando il soggetto finalmente va via ..cosa che in natura di solito non avviene, fortunatamente per loro, per i gorilla dico.
Infatti nei gruppi di gorilla o scimpanzé questo non avviene perché il soggetto in questione afflitto da turbe comportamentali quali per esempio “accaparrarsi molte banane oltre il legittimo per soddisfare la fame”, oppure per esempio rendere la vita impossibile ad altri (fenomeno sconosciuto nella giungla ma anche nella savana ma anche tra i ghiacci del polo ma di contro diffuso in ambienti urbani ) finisce per essere estromesso dal branco stesso in breve tempo o rimanere isolato o cadere vittima di reazioni violente, la qualcosa non appaia selvaggia o ripugnante, tutt’altro: il gruppo ritrova la sua pace ed equilibrio e può assicurare la sopravvivenza futura della specie.
Nei gruppi umani no. Appare esattamente il contrario. Così assistiamo a periodi in cui alcuni individui imperversano letteralmente distruggendo la serenità altrui. E a lungo. Così ovviamente non avremo mai bonobo o gorilla o oranghi con la gastrite, con l’insonnia, afflitti da eiaculatio precox, onicofagia, bruxismo o con degli strani tic o che si suicidano. Nei gruppi umani, di contro, sì.
Cosa dunque ci insegna questa riflessione scientifica comparata, esposta in questo gustoso libro ?
Che paradossalmente molte sovrastrutture sociali create da noi uomini (e sbandierate come il massimo del virtuoso, dell’efficiente, dell’affidabile, del produttivo) non sempre risolvono o migliorano o incanalano il comportamento animale di fondo che ci accompagna e ci condiziona tutti..anzi ! Ed è questo il problema in molti posti di lavoro ove, non solo un individuo imperversa non bloccato da chi dovrebbe essere il sovraordinato maschio alfa, salvo farlo dopo avergli permesso di distruggere per anni “l’intero bananeto” e il gruppo ma la stessa sovrastruttura organizzativa umana, inesistente in natura , diventa strumentale e funzionale al comportamento disturbato del soggetto che ivi si trovi, a dirigere quel gruppo, moltiplicandone gli effetti tossici.
Probabilmente occorrerebbe guardare di più a come la natura che ha qualche anno di esperienza più di noi o delle nostre organizzazioni aziendali, lavorative, militari, associative, ecc. ( ed è una constatazione scientifica a meno che non si voglia sostenere che prima dei dinosauri esistesse una repubblica ), regola certe dinamiche e prenderne spunto perché alla fin fine primati siamo e primati resteremo fino alla prossima mutazione genetico morfologica
Ah..dimenticavo…come risolvere allora i conflitti nel frattempo?
E’ una domanda alla quale ho ormai smesso di rispondere da tempo, né più né meno da quando mi interesso di psicologia, gruppi sociali, ambienti di lavoro e tentativi di miglioramento.
MASSIMILIANO SALCE