MILITARI A TEMPO PIENO MA GENITORI A “MEZZO SERVIZIO” - di Antonio Ventriglia

mercoledì 02 luglio 2014

 

In questi tempi di grandi mutamenti, spesso solo auspicati, rispolverare un argomento oramai digerito, o meglio mal digerito, potrebbe sembrare un inutile ritorno al passato. In realtà credo che la questione sia solo stata accantonata per le enormi difficoltà incontrate e per l’assoluta mancanza di interesse da parte di quelli che dovrebbero essere gli “addetti ai lavori”.

La questio è l’impossibilità per i militari di richiedere ed ottenere un rapporto di lavoro a tempo parziale, ossia lavorare part-time. Tale esclusione è prevista dall’ art. 1 comma 57 della Legge n. 662 del 23 dicembre 1996, il quale recita: “Il  rapporto di lavoro a tempo parziale può essere costituito relativamente a tutti i profili professionali appartenenti alle varie qualifiche  o livelli dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ad  esclusione  del  personale  militare,  di  quello  delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigli del fuoco.”  Tale legge trova origine nella necessità di porre in essere delle misure di razionalizzazione della finanza pubblica. Il motivo di tale esclusione è prontamente riferibile a quanto espresso dalle disposizioni previste dagli agli artt. 1, comma 60, della legge 662/96, 58 del d.lgs. 29/93 così come modificato dagli artt. 26 del d.lgs. 80/98 e 16 del d.lgs. 387/98 e dall’ art. 53 del d.lgs. 165/2001, riguardanti lo svolgimento di incarichi da parte dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ovvero, il divieto di “svolgere qualsiasi altra attività di lavoro subordinato o autonomo, tranne che la legge o altra fonte normativa, ne prevedano l’autorizzazione rilasciata dall’amministrazione di appartenenza.

Quindi, la ratio della norma, sembrerebbe ragionevolmente essere, quella di non concedere un rapporto di lavoro a tempo parziale alle categorie escluse, cioè militari,  Forze di polizia e Corpo nazionale dei vigli del fuoco, per ostacolare la violazione del divieto di porre in essere ulteriori incarichi non autorizzati. Tale previsione, che, visti i tempi difficili, andrebbe comunque riconsiderata, diviene per il legislatore la giustificazione alla mancata concessione di un beneficio, l’orario part-time, di carattere generale che potrebbe risolvere problemi di ben altra natura. E’ oltremodo scontato che, chi vorrà svolgere altre attività non autorizzate, lo farà comunque, indipendentemente dalle ore lavorative che dovrà fare.

L’esempio e di facile fattura: supponiamo di avere una coppia di genitori; entrambi sono dipendenti esclusi dal “part-time”; ed entrambi devono lavorare per più di 30 ore settimanali. Come potrebbero riuscire a conciliare, con la dovuta serenità ed armonia quanto richiesto dalla natura di padre e madre e dagli articoli art. 315 e ss. del codice civile, con gli obblighi dell’attività lavorativa? Riuscirebbero a garantire la piena assistenza al figlio e la prestazione lavorativa, senza intaccare nessuna delle due? Quanto ne risentirebbe la vita familiare e di coppia? Bisogna poi considerare che, le categorie escluse dal beneficio, sono le stesse che spesso si trovano a vivere condizioni di particolare disagio organizzativo ed economico. Questo perché, quasi sempre, l’attività lavorativa si svolge in città molto lontane dal luogo in cui risiede il nucleo familiare d’origine e quindi viene a mancare quel supporto sociale che permetterebbe di avere un aiuto concreto e gratuito da persone fidate, soprattutto nelle situazioni di emergenza come l’improvvisa malattia di un figlio, senza gravare ulteriormente sul bilancio familiare.

Il legislatore con l’introduzione del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, Decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ha fornito dei validi strumenti per cercare di modulare gli impegni lavorativi e le esigenze genitoriali. Tuttavia restano dei limiti oggettivi che rendono difficile il “mestiere” di genitore; non tanto nella concreta attuazione di tutti quegli espedienti che consentono di tirare avanti, ma, soprattutto,  nel vivere serenamente un’ esperienza straordinaria ma di grande impegno. Molte delle forme di assenza previste dalla normativa a tutela e sostegno della maternità e della paternità, prevedono decurtazioni importanti dello stipendio, mancata maturazione delle ferie, interruzione del computo dell’anzianità di servizio ed ovviamente hanno una durata ben limitata. Inoltre, dovendo comunque far fronte ad impegni inderogabili, il dipendente è costretto ad assentarsi frequentemente e per lunghi periodi e spesso senza avere la possibilità di informare per tempo l’amministrazione, creandole di fatto anche delle difficoltà organizzative. 

Se davvero si vuole parlare di sostegno alla maternità e paternità per tutti, bisogna rivedere il divieto posto dall’attuale normativa e considerare i militari, gli appartenenti alle FF.PP e al Corpo nazionale dei vigli del fuoco, quali cittadini, uomini, donne e genitori come tutti gli altri.

In sostanza si potrebbe richiedere l’orario di lavoro part-time per tanti validissimi motivi. Inoltre, se da un lato è doveroso garantire i sevizi alla comunità forniti dalle particolari categorie di lavoratori in esame,  dall’altro non si comprende perché l’esclusione normativa sia a priori, senza dare alle varie amministrazioni di appartenenza,  la possibilità di effettuare un bilanciamento di interessi tra le necessità organizzative delle istituzioni e quelle del singolo lavoratore. Prevedere la possibilità, anche solo per particolari condizioni, di accedere al contratto di lavoro part-time, permetterebbe di vivere l’esperienza genitoriale ed eventualmente, di fornire assistenza al familiare, senza penalizzare né la vita privata né la pubblica amministrazione. Infatti, quest’ultima, saprebbe in tempo utile le ore prestate dal dipendente e lo retribuirebbe in misura proporzionale. Verrebbero così garantite entrambe le necessità, quella pubblica e quella privata.

La normativa attuale invece da un lato, rende ulteriormente difficili le condizioni di una categoria di lavoratori spesso sottoposta a continui attacchi, bersaglio di tensioni sociali e sempre più frequentemente lasciata sola e senza tutele; dall’altro non permette alla Pubblica Amministrazione di organizzarsi al meglio, considerando l’effettivo impegno che ogni individuo potrà prestare.

Il mito del “soldato super uomo”, quale essere indistruttibile che non ha bisogno di niente e di nessuno, dovrebbe essere  superato in una realtà democratica e moderna, soprattutto, quando ci sono numerosi casi di suicidi a ricordarci la cruda realtà.

 

Antonio Ventriglia

Segretario Sezione Ficiesse di Seregno 


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