LA MARINA ALLA GUERRA CONTRO LA FINANZA. SCONTRI FEROCI PER IL COORDINAMENTO DEL CONTRASTO AI FLUSSI CLANDESTINI LETTERE, PROTESTE, SUMMIT RISERVATI (Il Tempo)
Il Tempo - 22/11/2014 06:07
LA MARINA ALLA GUERRA CONTRO LA FINANZA
Scontri feroci per il coordinamento del contrasto ai flussi clandestini Lettere, proteste, summit riservati. E spunta una dura nota dell’Europa
di Luca Rocca
L’avvicendamento in corso fra le operazioni Mare Nostrum e Triton, la prima di soccorso in mare degli immigrati, gestita dall’Italia, la seconda di controllo delle frontiere, che fa capo all’agenzia europea Frontex, continua a fare fibrillare il rapporto fra la Marina militare e la Guardia di Finanza. Tutto nasce dalla richiesta della Marina di spostare il centro di coordinamento di Triton dal Comando aeronavale della Finanza di Pratica di Mare (Roma), al Comando della Squadra navale della marina militare stessa, collocato a Santa Rosa, sempre nella Capitale. Nelle scorse settimane sul ministero dell’Interno sarebbero pervenute pressioni in questo senso, tanto che il Viminale ha chiesto formalmente a Frontex un parere sulla possibilità che il coordinamento di Triton passasse alla Marina. La risposta dell’Agenzia europea, ormai nota, è stata un secco «niet». Non solo perché Triton, come ufficialmente affermato da Frontex, «non sostituirà Mare Nostrum» poiché «non è consentito né dal mandato né dalla disponibilità delle risorse», ma anche perché si tratta di un’operazione di polizia, e come tale non può essere affidata a una forza militare. Di fronte al netto rifiuto posto da Frontex alle richieste della Marina, il caso, però, rimane aperto, le pressioni continuano, il ministero dell’Interno è sempre più in imbarazzo. Il 18 novembre scorso, infatti, di buon mattino, Giovanni Pinto, Direttore centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere presso il Viminale, ha fatto visita al Comando aeronavale della Guardia di finanza di Pratica di Mare. E lo stesso giorno, ma nel pomeriggio, alti rappresentanti della Marina e delle Fiamme Gialle, si sono confrontati allo scopo di addivenire a una soluzione. La Marina militare ha ribadito la sua richiesta di prendere in mano Triton spostandone il centro operativo a Santa Rosa, ma contemporaneamente ha invitato la Finanza a far parte dell’operazione trasferendosi nella loro base. La risposta delle Guardia di Finanza è stata negativa, ribadendo appunto che si tratta di un’operazione di polizia ma, comunque, è stato fatto presente alla Marina che, anche volendo, spostare uomini, mezzi, banche dati, archivi, ecc, sarebbe costato diverse centinaia di migliaia di euro, cifra non compatibile in un momento del genere ed addirittura passibile di censura da parte della Corte dei conti. A questo punto la Marina si è «raffreddata» e il disaccordo è rimasto tale. Due giorni dopo, a tornare a Pratica di Mare è stato Klaus Rosler, direttore della Divisione operazioni di Frontex. Una visita molto significativa che dimostra come persino l’Europa sia stata in qualche modo indotta a intervenire per dirimere una «controversia» fra due corpi dello Stato italiano nata dalla pretesa di una forza militare di prendere il comando di un’operazione di polizia. Va sottolineato, inoltre, che tutte le operazioni che hanno la stessa natura di Triton, come Hermes e Aeneas, avviate da Frontex da sette anni a questa parte, sono state coordinate da una forza di polizia, cioè la Guardia di Finanza, sotto la supervisione del ministero dell’Interno. Una richiesta insolita, dunque, quella della Marina, per più di un motivo. Triton, come detto, è una missione di controllo delle frontiere marittime e non di soccorso, tanto è vero che l’operazione targata Frontex agisce entro le 30 miglia dalle coste italiane, mentre nell’ambito di Mare Nostrum le navi italiane arrivano a ridosso delle coste libiche per «intercettare» i clandestini in mare e soccorrerli. Due missioni di natura completamente differente, dunque, che vanno svolte, inevitabilmente, da «corpi» differenti. Per il controllo delle frontiere, infatti, non occorrono navi e cannoni, ma classiche operazioni di polizia giudiziaria che in Italia, in acqua, svolge ormai solo la Guardia di Finanza (polizia e carabinieri da tempo non lo fanno quasi più). D’altronde già all’avvio di Mare Nostrum, subito dopo la tragedia di Lampedusa dell’ottobre del 2013, che costò la vita a 300 migranti, le polemiche per il ruolo assunto dalla marina militare nel compito di soccorso in mare, non furono poche. Il motivo è ovvio: perché, se esiste già un’efficiente rete Sar nazionale, di «ricerca e soccorso» in mare, che fa capo alle Capitanerie di Porto, con tecnologia all’avanguardia, mezzi più agili e sicuramente meno costosi, Mare Nostrum è stata affidata alla marina militare, con un conseguente aggravio delle spese e una capacità di azione sicuramente meno snella? La Fondazione Icsa (Intelligence culture and strategic analysis), un centro studi di analisi su sicurezza, difesa e intelligence presieduta dal Generale Leonardo Tricarico, ex Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, in un suo report ha sottolineato come anche dando un’occhiata ai rispettivi siti istituzionali, emerga facilmente la differenza dei compiti fra l’una e l’altra. Alla marina militare, infatti, spetta la «difesa marittima del territorio nazionale», la «partecipazione alle operazioni nazionali e multinazionali per la gestione delle crisi e la sicurezza internazionale», il «contrasto ai traffici illeciti», mentre per l’attività di «ricerca e soccorso in mare», si legge nello studio di Icsa, «può solo essere chiamata a collaborare in caso di necessità». Per quanto riguarda la Capitaneria di Porto, invece, la sua attività principale è proprio «la ricerca e soccorso in mare». Nel loro report, infine, gli esperti del centro studi Icsa si dicono «confidenti, tuttavia, nel fatto che il ministro Roberta Pinotti saprà rimettere le cose a posto». L’operazione Mare Nostrum, gestita dalla Marina, è costata 9 milioni di euro al mese (c’è chi sostiene persino 12). Una spesa enorme, e dunque un flusso smisurato di denaro, destinato ad esaurirsi con la decisione del Viminale di far morire di morte quasi naturale una missione controversa.