BLOCCO STATALI, SI GUARDA AL PRECEDENTE DELLA LEGITTIMITÀ PER I NON CONTRATTUALIZZATI. I GIUDICI POTREBBERO ANCHE DICHIARARE INFONDATA LA QUESTIONE MA INVITARE IL LEGISLATORE A EVITARE IN FUTURO BLOCCHI COSÌ LUNGHI (Il Sole 24 Ore)
Il Sole 24 Ore - 23 giu 2015
BLOCCO STATALI, SI GUARDA AL PRECEDENTE DELLA LEGITTIMITÀ PER I NON CONTRATTUALIZZATI
L’IPOTESI ALTERNATIVA I giudici potrebbero anche dichiarare infondata la questione ma invitare il legislatore a evitare in futuro blocchi così lunghi
di Marco Rogari
Oggi la Corte costituzionale valuterà la legittimità del blocco per il personale del pubblico impiego contrattualizzato, deciso nel 2010, per il triennio successivo, dall’ultimo governo Berlusconi e poi prorogato anche per il 2014. Non ci dovrebbero essere rinvii per la pronuncia della Consulta. Che nel caso di una bocciatura peserebbe sui conti pubblici per 35 miliardi (due punti di Pil). Con un “effetto strutturale” di circa 13 miliardi annui dal 2016 secondo le indicazioni contenute nella memoria difensiva dell’Avvocatura dello Stato. I giudici della Corte fin qui non si sono ancora mai riuniti su questa questione. Ma la decisione della stessa Consulta di dichiarare legittimo, con la sentenza n. 310 del dicembre 2013, l’analogo blocco previsto per il personale pubblico non contrattualizzato, tra cui magistrati e docenti universitari, costituisce sicuramente un precedente importante al quale si è guardato anche nelle valutazioni preliminari.
In quell’occasione la Corte costituzionale non bocciò il congelamento per tre anni dei meccanismi di adeguamento retributivo e degli automatismi stipendiali per il personale non contrattualizzato previsto dal decreto legge n. 78/2010 (la manovra correttiva targata Tremonti), lo stesso che ha innescato il blocco anche per gli altri dipendenti pubblici “contrattualizzati”. Anche per questo motivo una bocciatura integrale sembrerebbe essere una via non percorribile dalla Corte. Le misure contestate da una serie di sigle sindacali del pubblico impiego (Flp, Fialp, GildaUnams, Confedir e Cse la prima ordinanza; ConfsalUnsa la seconda) riguardano oltre il blocco dei contratti anche lo stop ai trattamenti accessori, le progressioni di carriera e la vacanza contrattuale. Si contesta la lunghezza del periodo di blocco che è superiore al biennio, un intervallo che in passato era stato giudicato “congruo” dalla Corte.
Tra le varie ipotesi che si rincorrono in attesa della sentenza di oggi, alimentate anche da alcuni giuristi, c’è anche quella di una sentenza con cui si dichiara infondata la questione ma con una sorta di monito al legislatore affinché in futuro non si ripetano blocchi di così lunga durata. C’è poi chi considera plausibile l’opzione di un accoglimento solo parziale delle richieste di illegittimità. Parte del mondo giuridico si appella al nuovo articolo 81 della Costituzione che ora prevede l’obbligo di pareggio di bilancio. Un articolo al quale la Corte si è esplicitamente “agganciata” nella pronuncia con cui la Robin tax sulle società petrolifere è stata dichiarata incostituzionale ma senza effetto retroattivo per evitare le ricadute negative sui conti pubblici derivanti dalla restituzione delle tasse già pagate. Nessun riferimento esplicito è stato invece fatto dalla Corte nella recente sentenza sul blocco dell’indicizzazione sulle pensioni deciso dall’esecutivo Monti, che ha costretto il Governo Renzi a varare un decreto per garantire i rimborsi agli assegni tra tre e sei volte il minimo.