GLI ENTI PREVIDENZIALI DELLA GDF ALL’ESAME DEL PARLAMENTO. SVOLTA O NIENTE CAMBIA? di Simone Sansoni
GLI ENTI PREVIDENZIALI DELLA GDF ALL’ESAME DEL PARLAMENTO. SVOLTA O NIENTE CAMBIA? di Simone Sansoni
Appena insediate, le Commissione parlamentari dovranno affrontare, tra i primissimi dossier[1], una annosa questione relativa al personale della Guardia di finanza: gli enti previdenziali dei Finanzieri, ossia il Fondo di previdenza del personale I.S.A.F.[2] (il Fondo) e la Cassa Ufficiali[3] (la Cassa).
E’ finalmente giunto in Parlamento un provvedimento governativo[4] relativo agli organismi di amministrazione di tali enti; l’atto riguarda il taglio del numero dei componenti ed arriva in netto ritardo sia rispetto alla legge che lo aveva disposto nel 2010, sia quella precedente del 2008[5].
Ci siamo già occupati della governance degli enti previdenziali su questo sito[6], come anche la Rappresentanza militare della Gdf ha tentato spesso (ma vanamente) di sollevare un problema fondamentale: chi e come gestisce i soldi dei Finanzieri.
Ad esempio, i componenti degli organismi di gestione di tali enti sono nominati dal Ministro e, quindi, sostanzialmente decisi dal Comando Generale. Se per quelli della Cassa non vi è nulla di anomalo (infatti i componenti sono tutti Ufficiali), assolutamente incredibile è invece la situazione del Fondo per il quale, su sette componenti del consiglio d’amministrazione, ben due (compreso il Presidente) sono attualmente nominati tra gli Ufficiali.
Sono, quindi, due persone che partecipano alla gestione del denaro versato obbligatoriamente da personale di altre categorie, sulla base di scelte subite dai contribuenti. La stessa ’anomalia non si riscontra per la Cassa nella cui gestione non partecipa, per l’appunto, nessun militare delle altre categorie.
Negli ultimi dieci anni vi sono state innumerevoli tentativi da parte della Rappresentanza militare di porre mano al modello organizzativo degli enti in questione, con diverse delibere e richieste rivolte ai Comandanti Generali avvicendatisi; l’esito dell’attività dei delegati è stato sostanzialmente nullo, visto che il provvedimento che giunge ora all’esame del Parlamento non incide sulla sostanza del problema ma si limita ad una mero taglio dei componenti.
Infatti, nel ridurre i numeri dei componenti da sette a cinque, il provvedimento conferma comunque la presenza della categoria Ufficiali (seppur ridotta ad un elemento, che rimarrà senz’altro il Presidente) nel consiglio di amministrazione del Fondo, tagliando nel contempo anche quella degli Appuntati/Finanzieri (che passano da tre a due). Peraltro la bozza del provvedimento prevede due componenti in un’unica categoria dei Sottufficiali, senza distinguere tra Ispettori e Sovrintendenti, con la possibilità, quindi, di escludere una delle due dalla gestione del denaro versato.
Per quanto riguarda la Cassa, pur avendo una attivo patrimoniale pari ad un trentesimo di quella del Fondo[7], nessun taglio di componenti avviene per il consiglio d’amministrazione che resta composto da cinque Ufficiali. Non basterebbero tre?
Ma sono anche altre le “curiosità” che riguardano l’atto all’esame delle Commissioni.
Innanzitutto, come si diceva all’inizio, il tempo trascorso da quando la norma (il famigerato D.L. 78/2010) aveva previsto il taglio dei componenti[8]. Nel frattempo si è fatto in tempo a rinnovare ben due volte i componenti del Fondo[9], senza mutare il loro numero, nonostante quel decreto legge prevedesse dei termini e delle conseguenze in caso di inerzia[10].
Lo stesso Consiglio di Stato, chiamato a fornire un parere[11] sul provvedimento, fa trasparire una certa ironia[12] circa il tempo trascorso per adeguarsi alla norma.
Proprio in relazione al Consiglio di Stato, balza agli occhi un’altra circostanza particolare: l’estensore del parere è Saverio Capolupo, ossia uno degli ex Comandanti della Gdf che dovettero confrontarsi con il CoCeR proprio sulla questione.
Il parere da egli firmato si sofferma sulla composizione dell’organo di gestione della Cassa Ufficiali, raccomandando la presenza di tutte le tre tradizionali categorie di ufficiali (inferiori, superiori, generali); per quanto riguarda invece il Fondo, nessun suggerimento è indicato, nemmeno sulla composizione delle varie categorie di personale, nonostante l’argomento sia sicuramente ancora ben presente all’ex Comandante.
Infatti, nel 2013, proprio al Generale Capolupo il CoCeR della Gdf fece l’ennesima precisa e puntuale richiesta[13] in merito al riassetto della governance degli enti previdenziali ed assistenziali[14], senza, come al solito, ottenere alcunché. Cosa chiedevano sostanzialmente i rappresentanti dei Finanzieri? Una completa riforma del modello di governace, con distinti organi di gestione e di indirizzo, un nuovo sistema contabile, e che nel "controllo" avessero voce in capitolo anche i rappresentanti del personale.
Purtroppo le richieste del CoCeR sono rimaste lettera morta. Sono state ottenute solo alcune marginali aperture, tramite circolari, volte ad introdurre un parere non vincolante da parte della rappresentanza militare ed una certa rappresentatività territoriale onde evitare che, come in passato, i componenti provenissero solo dalla Capitale. Ma trattasi di palliativi che non incidono sull’assetto fondamentale che risale a ben prima della seconda guerra mondiale.
Anche il provvedimento all’esame del Parlamento incide su aspetti molto limitati; comunque, già solo eliminare la presenza del personale Ufficiali nella gestione del Fondo e limitare la totale discrezionalità del Comando Generale segnalerebbe una qualche volontà politica di cambiamento rispetto al passato. Quantomeno significherebbe che la politica fa una valutazione nel merito e non prende per oro colato tutto ciò che promana dall’Amministrazione.
Come già scrivevamo nel 2009, gli enti previdenziali sono un retaggio di epoca fascista, con una concezione autoritaria che non ha più alcuna ragione d’esistere nel 2018[15]. Molto meglio sarebbe che ciascuno fosse libero di disporre del proprio denaro, senza obblighi o ingerenze improprie (esiste già l’INPS!).
Qualora, purtroppo, questa scelta netta non fosse ancora matura, perlomeno si dovrebbe riconoscere ai Finanzieri la dignità di persone professionalmente preparate, in grado di gestire il proprio Fondo senza bisogno di badanti, allo stesso modo col quale viene loro riconosciuta la professionalità per svolgere indagini complicate ed impegnative.
Spero, quindi, che il nuovo Parlamento esca dalla concezione stereotipata e arcaica del militare quale minus habens e sappia dare tale dignità ai Finanzieri, alla pari di tante altre categorie di lavoratori pubblici e privati.
Nonostante ciò, resteranno intatti i problemi di fondo di organizzazioni così vetuste, che a mio modesto parere sono: un sistema di rendicontazione finanziaria troppo superficiale, che non permette un controllo puntuale degli iscritti sulla gestione del fondo; requisiti indefiniti per essere nominati; conseguentemente, un impegno sporadico e non professionale, che non valorizza né responsabilizzano i diretti interessati; l’assenza di un organismo di indirizzo che non si occupi dell’amministrazione.
Per tali innovazioni basterebbero delle modifiche agli statuti, ma appare evidente che da parte dell’Amministrazione non vi è alcuna intenzione di andare in tale direzione, né di cambiare alcunché nella sostanza.
[4]http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0027.pdf&leg=XVIII#pagemode=none
[5] http://www.ficiesse.it/home-page/3620/quale-futuro-per-la-previdenza-targata-gdf-troppi-misteri-sui-fondi-dei-finanzieri-_di-simone-sansoni_
[6]http://www.ficiesse.it/home-page/2815/se-134-milioni-vi-sembrano-bruscolini_-ovvero_-cosi_-il-fondo-di-previdenza-gdf-gestisce-i-nostri-soldi---di-simone-sansoni_-salvatore-trinx-e-giovanni-mazzarella
[7] I bilanci del 2016 indicano attività per circa 250 milioni € (Fondo) e 8,5 milioni € (Cassa)
[8] L'articolo 6, comma 5, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha, tra l'altro, fissato il limite massimo di cinque il numero di componenti che costituiscono gli organi di amministrazione di tutti gli enti e organismi pubblici, rinviando la concreta applicazione di tale misura alla normazione secondaria
[9] http://fondoprevidenza.gdf.it/amministrazione-trasparente/personale/incarichi-amministrativi-di-vertice%20fino%20al%2021%20febbraio%202018/Incarichi%20amministrativi%20e%20dirigenziali.pdf
[10] “5. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7, tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalita' giuridica di diritto privato, provvedono all'adeguamento dei rispettivi statuti al fine di assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi di amministrazione e quelli di controllo, ove non gia' costituiti in forma monocratica, nonche' il collegio dei
revisori, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti. In ogni caso, le Amministrazioni vigilanti provvedono all'adeguamento della relativa disciplina di organizzazione, mediante i regolamenti di cui all'articolo 2, comma 634, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con riferimento a tutti gli enti ed organismi pubblici rispettivamente vigilati, al fine di apportare gli adeguamenti previsti ai sensi del presente comma. La mancata adozione dei provvedimenti di adeguamento statutario o di organizzazione previsti dal presente comma nei termini indicati determina responsabilità erariale e tutti gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli. Agli anti previdenziali nazionali si applica comunque quanto previsto dall'art. 7, comma 6.”
[11] http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0027_F002.pdf&leg=XVIII#pagemode=none
[12] “La Sezione prende atto che dopo il non poco tempo trascorso…”
[13] http://www.ficiesse.it/home-page/7397/il-cocer-gdf-chiede-una-vera-riforma-per-la-gestione-degli-enti-previdenziali-ed-assistenziali-del-corpo_-che-finalmente-coinvolga-i-finanzieri-nella-gestione-dei-loro-fondi
[15] “Il Fondo è nato in un contesto sociale e storico molto diverso dall’attuale; la maggior parte dei Finanzieri d’allora proveniva da ceti sociali modesti e con una bassa scolarizzazione. Lo Stato paternalistico degli anni ’30 si fece carico di prevedere una qualche tutela finanziaria per coloro che, congedatisi dal Corpo e magari tornati alle origine contadine, se lasciati a se stessi non avrebbero provveduto ad accantonare un adeguato risparmio durante il servizio attivo.”