LO STRESS LAVORO-CORRELATO NELLE FORZE ARMATE. (da laran.it)

mercoledì 17 giugno 2020

In questo contributo il lettore troverà indicazioni relative alla trattazione del rischio da SLC e alcune considerazioni sul modo in cui il tema in oggetto, inerente alla sicurezza del lavoro, viene oggi trattato nell’ambito militare in Italia.

Parlare di Forze Armate come se costituissero un unicum è riduttivo e forviante, trattandosi di contesti organizzativi molto diversi tra loro sia per specializzazione sia per i compiti che assolvono, sia per la specifica cultura del lavoro [1] che li traversa; allo stesso tempo, alcune indicazioni relative allo SLC, elencate di seguito, sono trasversali e riguardano tutto il comparto dell F.F.AA.

I principali riferimenti normativi sono rintracciabili in:

– D.Lgs. 81/08;

– D.Lgs. 15 marzo 2010, n.66: “Codice dell’Ordinamento Militare”;

– Art. 255 valutazione dei rischi (da effettuare se ne è segnalata la necessità dai competenti servizi sanitari delle Forze Armate);

– Circolare prot. 15/SEGR/0023692 del 18.11.2010 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Su G.U.R.I. n° 304 del 30/12/2010.

Le indicazioni per la trattazione del rischio da SLC per l’ambito di F.A. sono contenute anche nei documenti sottoelencati:

– Linee Guida sugli adempimenti a carico dei Comandanti di EDRC in merito alla Valutazione Preliminare del Rischio da Stress Lavoro‐Correlato del 26 maggio 2011 di Comando Logistico dell’Esercito;

– Lettera del 25 luglio 2013 di SMD ‐ Ispettorato Generale della Sanità Militare.

– Resoconto conclusivo sull’attività del Tavolo Tecnico per lo studio delle Linee guida sanitarie per la valutazione del rischio Stress Lavoro Correlato;

Un interessante scambio di esperienze sul tema si è tenuto nel “Convegno sulla valutazione del rischio stress lavoro correlato in ambito militare” del giugno del 2019 (in collaborazione con “Sapienza” Università di Roma), al quale hanno dato il loro contributo molti professionisti che operano nelle FF.AA.

Riporto ora sinteticamente lo storico della trattazione dello SLC a livello civile e lo stato dell’arte, per le informazioni che sono riuscito a reperire, nell’ambito FF.AA., indicando alcuni elementi organizzativi che generano perplessità con l’obiettivo di porre l’attenzione sulla cultura del lavoro che li sostiene. Seguiranno poi alcune considerazioni sulla complessa posizione in cui si possono venire a trovare i Datori di Lavoro Delegati in ambito FF.AA.

La trattazione dello SLC a livello civile: una panoramica storica

All’inizio del 2012, quando il nostro Paese si allineò alle indicazioni dell’UE in tema di SLC, la situazione europea era così riassumibile: “Dagli studi condotti [2]risulta che oltre la metà dei lavoratori europei riporta problematiche riconducibili a SLC: oltre la metà dei 147 milioni di lavoratori europei riferisce di lavorare a ritmi molto serrati e di dover rispettare scadenze pressanti. Più di un terzo di essi non è in grado di influire sulle mansioni assegnate e più di un quarto non ha la possibilità di determinare il proprio ritmo di lavoro. Il 45% riferisce di svolgere lavori monotoni; il 44% non può usufruire della rotazione delle mansioni; il 50% è addetto a compiti ripetitivi. È probabile che questi “fattori di stress” contribuiscano a determinare l’attuale quadro di sintomi accusati dai lavoratori: il 13% di essi riferisce di soffrire di cefalea, il 17% di dolori muscolari, il 20% di affaticamento, il 28% di “stress” e il 30% di rachialgia; sono rilevate inoltre numerose altre patologie mediche, alcune delle quali hanno esiti gravi. In base a stime prudenti si calcola che i costi derivanti dallo stress dovuto al lavoro ammontino a circa venti miliardi di euro all’anno nella Comunità Europea”.

La “direttiva madre” dell’UE per la sicurezza e salute dei lavoratori

L’Unione Europea, fin dall’emanazione della “direttiva madre” n. 89/391/CE, ha cercato di orientare la specifica normativa di tutela della salute e sicurezza sul lavoro prevedendo l’obbligo per il datore di “tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori in tutti gli aspetti legati al lavoro” e di “adattare il lavoro all’uomo” e non il contrario.

Con la firma, nel 2004, dell’“Accordo quadro europeo sullo stress nei luoghi di lavoro”, venne ufficializzato che lo SLC, in quanto possibile fattore di rischio per i lavoratori, alla stregua di altri rischi lavorativi, fosse adeguatamente valutato da parte del datore di lavoro e, se presente, gestito al fine di preservare la salute del lavoratore nel senso più ampio.

Rimanendo nello specifico del nostro Paese, nel D.Lgs 81/08 la definizione di “salute” si allinea con quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità quale “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente unicamente in un’assenza di malattia o d’infermità”. L’art. 15 disciplina le misure generali di tutela che riguardano la valutazione dei rischi, la programmazione della prevenzione e, come obiettivo finale, l’eliminazione dei rischi stessi.

Per quanto concerne la valutazione dei rischi, l’art. 28 esplicita che, oggetto della stessa, sono “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 ottobre 2004”.

Le novità introdotte dal “Testo Unico 106/09”

Il 20 agosto del 2010 è entrato in vigore il Decreto correttivo “Testo Unico 106/09”; si tratta di disposizioni integrative e correttive del D.L. 9 aprile 2008 n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Tale decreto ha introdotto importanti novità che riguardano:

– Obbligo di formazione, informazione addestramento sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi all’attività dell’impresa in generale (art. 36 e 37 sez. IV);

– Possibilità di delegare specifiche funzioni in materia di sicurezza; nel dettaglio, il datore di lavoro ha una serie di obblighi non delegabili, mentre altri lo possono essere (vedi ad esempio l’art. 18 D.Lgs 81/08, “adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento”);

– Circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali – Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro: Prot.15/SEGR/0023692 del 18/11/2010;

– Obbligo di valutazione del rischio stress lavoro-correlato secondo le indicazioni che dovranno essere elaborate dalla Commissione Consultiva Permanente per la Salute e Sicurezza sul Lavoro in merito alle modalità di valutazione del rischio da stress lavoro correlato, “in quanto si tratta di una procedura sulla quale permangono consistenti dubbi operativi, non essendo disponibile a tutt’oggi un metodo condiviso, validato, affidabile e applicabile con semplicità”.

A seguito di queste difformità metodologiche, il 18 novembre del 2010 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha emesso delle circolari di chiarimento sull’applicazione delle direttive.

Lo SLC deve essere valutato su gruppi omogenei di lavoratori

Nella Comunità Europea negli ultimi anni si è sviluppata una conoscenza sempre più approfondita del fenomeno e degli interventi idonei a ridurne il rischio; anche grazie all’attività promossa dall’OSHA (Agenzia Europea per la Salute e Sicurezza del Lavoro) e dalle istituzioni dei vari stati membri (INAIL per l’Italia) che hanno elaborato e diffuso metodologie per valutare il rischio SLC e intervenire per la sua riduzione. Quello che si è sempre chiaramente evidenziato è che lo SLC non è un tratto che riguarda il singolo individuo “problematico”, ma deve essere valutato su gruppi omogenei di lavoratori e che l’origine va ricercata con opportuni processi di approfondimento, dopo la valutazione preliminare degli indicatori del compito e del contesto lavorativo. Gli ambiti di approfondimento sono in rapporto con l’organizzazione del lavoro e impattano sulla relazione tra lavoratori e organizzazione, sulla qualità della convivenza organizzativa e non ultimo sui risultati produttivi delle organizzazioni. Nell’esperienza di chi scrive, l’approfondimento delle dinamiche organizzative che caratterizzano le attività lavorative dei GOL (Gruppi Omogenei di Lavoratori) [3] ha permesso la riduzione del rischio da SLC, lo sviluppo di buone prassi a favore della riduzione degli incidenti sul lavoro e dei rischi psicosociali [4].

I costi in termini di salute ed economici: l’esempio britannico

Da più di un decennio, quindi, è noto il costo in termini etici (salute) ed economici dello SLC. Ed è impressionante il dato reso pubblico dal Governo britannico nel 2019 in merito alle implicazioni per i lavoratori britannici dello SLC: “Over 11 million days are lost at work a year because of stress at work. Employers have a legal duty to protect employees from stress at work by doing a risk assessment and acting on it”[5]. Possiamo quindi ipotizzare che anche nel comparto F.A. lo SLC abbia un costo in termini di salute del personale, di giornate di lavoro perse e conseguenzialmente un peso economico rilevante se non adeguatamente trattato; considerando che la pochezza di disponibilità economiche è un leitmotiv nella F.A. La direttiva europea sullo SLC sposta il focus dall’individuo al contesto lavorativo e agli elementi che al suo interno possono determinare l’aumento di tale rischio; tra questi, un ruolo di rilievo è da attribuire alla componente organizzativa, che è condizionata quotidianamente da tutti gli attori dell’organizzazione i quali, con le loro modalità relazionali, contribuiscono a determinarne la cultura del lavoro.

INAIL definisce le indicazioni applicative del 2010 “un percorso metodologico che rappresenta il livello minimo di attuazione dell’obbligo”; l’attenzione s’incentra così sull’assolvimento minimo dell’obbligo, a scapito della presa in carico della complessità della tematica della Salute e Sicurezza del Lavoro (SSL) che è strettamente connessa con le competenze del management a gestire i sistemi complessi di convivenza in cui i fenomeni, come lo SLC, dovrebbero essere trattati quali effetti di approcci gestionali all’organizzazione.

La disciplina della materia, in Italia, si è basata su un approccio tecnico-organizzativo che valuta gli stimoli oggettivi (cause o stressor) e gli effetti sulla collettività (eventi sentinella) nella parte necessaria e obbligatoria per la stima dell’indice di rischio stress lavoro correlato (valutazione preliminare), e sull’approccio psicologico per ciò che riguarda la successiva eventuale valutazione approfondita [6].

La difficile posizione del “datore di lavoro” nelle FF.AA.

Per la legge italiana il datore di lavoro (DDL) è responsabile della Salute e Sicurezza dei lavoratori ed è il detentore del potere organizzativo. In genere il datore di lavoro ha una formazione specifica inerente all’ambito operativo che sovrintende; nelle organizzazioni complesse, quali le FF.AA., il suo ambito di azione si estende anche a campi che tendenzialmente non appartengono alla sua formazione, e raramente il DDL possiede il set di competenze necessarie alla gestione dei cambiamenti organizzativi; la presenza di tali competenze è lasciata in linea generale al caso o all’eventuale suo interesse personale.

In merito allo SLC, dal D.Lgs. 81/08 (*) è inoltre riconosciuta al DDL, e quindi ci si aspetta che questi la declini correttamente, anche la decisione degli opportuni cambiamenti (essendo il detentore del potere organizzativo) da apportare ai processi organizzativi per limitare il rischio di SLC che, come accennato, va ricercato nelle percezioni dei gruppi omogenei di lavoratori e non nelle caratteristiche dei singoli operatori. Dopo l’attuazione dei correttivi, da lui decisi e di cui è legalmente responsabile, deve rivalutare il livello di rischio di SLC ed eventualmente definire e declinare altri interventi correttivi.

Il DDL si trova contemporaneamente a far fronte a una responsabilità giuridica importante e alla presa di decisioni su interventi correttivi per i quali non sempre possiede il set di competenze opportune. Per l’alta probabilità di non riuscire a risolvere le complessità dell’organizzazione del lavoro (nell’attuale scenario ad alta velocità di trasformazione) e per le responsabilità connesse al suo ruolo, può trovarsi egli stesso a rischio di SLC (avendo la percezione costante di non riuscire a fare in modo corretto tutto quello che ci si aspetta dal suo lavoro). Per uscire da questa situazione, la soluzione più a portata di mano, e che sembra più utilizzata, consiste nel dimostrare di aver assolto tutti gli adempimenti normativi per sentirsi garantito da eventuali implicazioni legali. Il suo compito di garante della salute e sicurezza dei lavoratori spesso si riduce all’assolvimento dei compiti relativi che lo garantisce anche in caso di risultati modesti. Questo approccio talvolta è ben distante dall’operare con l’obiettivo di riduzione del rischio di SLC.

La responsabilità del DDL come leadership competente

L’assolvimento è solo il punto di partenza “dovuto”; un orientamento allo sviluppo organizzativo implica un’attenzione a capire cosa non è sufficientemente valorizzato e cosa va promosso nell’organizzazione; questo approccio sottintende la promozione della competenza; permette inoltre di sentirsi parte di un obiettivo e dare senso alla quotidianità del proprio lavoro; l’epifenomeno di questo approccio per obiettivi è la promozione di un commitment che sostiene i risultati organizzativi di cui si è responsabili. Ciò comporta interpretare la responsabilità del proprio ruolo non come protezione dal rischio di sanzioni, ma come leadership competente.

Nel citato riferimento all’art. 255 si legge:

Nell’ambito dell’Amministrazione della difesa, tenuto conto che le vigenti disposizioni in  materia di organizzazione del lavoro, rapporti gerarchici, relazioni con i superiori e doveri propri di quest’ultimi, di cui, fra gli altri, al libro IV del codice, titolo VIII e al libro IV del regolamento, titolo VIII, sono già preordinate anche alla prevenzione dei rischi psicosociali e dei loro possibili effetti sulla salute negli ambienti di lavoro militari, la valutazione dei rischi collegati allo stress lavoro-correlato, di cui all’articolo 28, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, al fine di adottare le conseguenti misure di prevenzione e  sorveglianza sanitaria, è effettuata dal datore di lavoro se ne è segnalata la necessità dai competenti servizi sanitari delle Forze armate a seguito delle attività espletate in applicazione delle vigenti disposizioni in materia di idoneità fisica, psichica e attitudinale al servizio per il personale militare e civile della difesa. Un rilievo presente nella reportistica del convegno sopracitato del giugno 2019 è che i competenti servizi sanitari delle FF.AA. non sono ancora esplicitati con chiarezza.

L’approccio da evitare che genera il senso di distanza tra vertici e base

Sembra quindi che la trattazione di sintomi che potrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere rinforzati dallo SLC se non contrastato, si concentri unicamente sull’idoneità fisica, psichica e attitudinale, eludendo la componente delle caratteristiche organizzative. Sembra che la responsabilità sia del singolo se non è idoneo (mentre prima, alla luce dei processi selettivi che ogni arma attua, lo era) e la variabile organizzativa (che potrebbe essere una concausa) non sia considerata e di conseguenza non abbia rilevanza alcuna. Questo approccio, di cui l’esempio descritto è solo un esempio dovuto anche alla non totale chiarezza delle disposizioni, genera sensazione di distanza tra vertici e base, diffonde la cultura dell’interesse personale a scapito dell’interesse collettivo, aumenta la conflittualità interna ai reparti nonché i costi economici della gestione del sistema F.A., e sostiene quegli approcci descritti nel capitolo 1 dell’ultimo rapporto Censis dal titolo “Il furore di vivere: la solitaria difesa di se stessi degli italiani”.[7] Il perdere di senso di affidabilità del proprio rapporto con il contesto lavorativo sostiene un atteggiamento di chiusura che limita la capacità di sviluppo dei sistemi produttivi, anche quando il prodotto è un “servizio”, quindi un bene intangibile come quello che le FF.AA. danno quotidianamente al paese. Ed è un peccato, considerando l’altissimo valore del loro capitale umano.

(*) Spesso il decreto legislativo 81/08 non veniva attuato in ambito militare, in quanto le FF.AA. dovevano prima recepire la legge scritta e approvata per l’ambito civile.

Ogni Forza Armata ha il dovere di emanare un regolamento interno (DVR -Documento Valutazione Rischi) da distribuire ai suoi reparti, unità navali ecc.

In lunghi anni di lavoro abbiamo constatato che in molti casi, emersi anche grazie alle cause di servizio e ai contenziosi finiti in tribunale civile (e talvolta in quello penale) fra l’Amministrazione Difesa e singoli militari, che la norma non era stata recepita e tantomeno erano stati scritti i DVR in ottemperanza al D.Lgs. 81/08 per la tutela e la sicurezza del lavoratore sul posto di lavoro.

In questi ultimi anni l’Amministrazione Difesa si è sicuramente dimostrata più attenta nel recepire la normativa per la sicurezza dei lavoratori, producendo i DVR e mettendoli a disposizione dei responsabili per la sicurezza sul lavoro. Questo però non è ancora sufficiente, poiché risulta sempre più necessario fare i conti con la necessità di rispondere a specifiche esigenze operative, talvolta utilizzando mezzi, anche obsoleti, che difficilmente possono rispondere in pieno a tutti i parametri di sicurezza definiti da normative sempre più stringenti; di conseguenza, i datori di lavoro e i responsabili per l’attuazione della norma subiscono una sempre maggiore pressione, e la velocità con la quale cambiano le leggi può far sì che non tutto sia perfettamente allineato. C’è anche da tenere conto che il lavoro delle Forze Armate gode di una specificità unica in tutto l’ambito lavorativo, pertanto, per taluni reparti militari, in sede di attuazione del D.Lgs. 81/08 è necessario valutare quanto sopra. (di Tatiana Basilio)

 

NOTE AL TESTO:

[1] Intesa come insieme di norme esplicite ed implicite che orientano l’interpretazione della convivenza e dei processi produttivi entro un’organizzazione.

[2] A. Copertaro, Lavoro a turni e notturno: valutazione del rischio e sorveglianza sanitaria (Book Sprint edizioni 2012).

[3] Cfr: INAIL: Il percorso di valutazione del rischio stress lavoro correlato.

[4] Bettini C. Costanza G. Rossi G. (2019): “Valore delle persone e risultati, il Sharing Enterprise well-being”, in Sviluppo & Organizzazione n° 288

[5] “Oltre 11 milioni di giorni vengono persi al lavoro ogni anno a causa dello stress sul lavoro. I datori di lavoro hanno il dovere legale di proteggere i dipendenti dallo stress sul lavoro facendo una valutazione del rischio e agendo su di esso.” (Stress risk assessment)

[6] Inail 2019: “Conoscere il rischio. Fattore Umano. “Definire e valutare lo stress lavoro correlato”, di Paolo Clerici – Contarp

[7] Censis 2019: 53° Rapporto sulla situazione sociale del paese – Edizioni Franco Angeli.

 

 

Fonte: https://news.laran.it/2020/04/lo-stress-lavoro-correlato-nelle-forze-armate/

 

 


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