PREVIDENZA COMPLEMENTARE, ANALISI DELLE 7 SENTENZE (TUTTE NEGATIVE) DEL TAR DEL LAZIO. IN VALUTAZIONE APPELLI "POLITICI" DA PARTE DI TRE SOLI RICORRENTI, SENZA SPESE MA CON VANTAGGI PER TUTTI IN CASO DI ESITO POSITIVO

mercoledì 12 maggio 2010

PREVIDENZA COMPLEMENTARE, ANALISI DELLE 7 SENTENZE (TUTTE NEGATIVE) DEL TAR DEL LAZIO. IN VALUTAZIONE APPELLI "POLITICI" DA PARTE DI TRE SOLI RICORRENTI, SENZA SPESE MA CON VANTAGGI PER TUTTI IN CASO DI ESITO POSITIVO

Pubblichiamo l’avviso che abbiamo appena ricevuto da La Rete Legale.

MANCATO AVVIO DELLA PREVIDENZA COMPLEMENTARE,
ESITI DEI RICORSI PROMOSSI DA LA RETE LEGALE E PROSPETTIVE

Con riferimento ai ricorsi promossi, per conto di associati Ficiesse, di fronte al T.A.R. del Lazio per l’avvio della previdenza complementare, si fa presente quanto segue.

I ricorsi sono stati complessivamente sette: n.10265/2009 (Polizia di Stato); n.10266/2009 (Forze Armate); n.378/2010 (Guardia di finanza); n.1152/2010 (Guardia di finanza); n.1153/2010 (Guardia di finanza); n.1154/2020 (Polizia di Stato); n.2032/2010 (Guardia di finanza).

Tutti sono stati oramai decisi: il n.378/2010 con sentenza della Sezione II del 24.02.2010 n.2991; il n.10265/09 con sentenza della Sezione I bis del 15.03.2010 n.3995; il n.1152/2010 con sentenza della Sezione I del 19.04.2010 n.7448; il n.1153/2010 con sentenza della Sezione I del 19.04.2010 n.7456; il n.1154/2010 con sentenza della Sezione I del 19.04.2010 n.7462; il n.2032/2010 con sentenza della Sezione I del 19.04.2010 n.7454; il n.10266/09 con sentenza della Sezione I bis del 22.04.2010 n.8008.

La presentazione dei ricorsi è stata preceduta dalla notifica di istanze al Ministero della Pubblica Amministrazione e dell’Innovazione finalizzate ad ottenere l’avvio delle procedure previste per l’istituzione delle forme di previdenza complementare. Decorsi inutilmente (ossia, senza risposta) novanta giorni dalla presentazione delle istanze, si è proceduto alla notifica e al deposito dei ricorsi, i quali sono stati smistati dal T.A.R. Lazio fra la Sezione I bis, la Sezione II e, da ultimo, la Sezione I.

La correttezza dei termini nei quali è stata impostata l’azione (impugnazione del silenzio-inadempimento dell’Amministrazione rispetto all’obbligo di avviare le procedure di concertazione e di negoziazione per l’istituzione della previdenza complementare, previa trasformazione del T.F.S. in T.F.R.) ha trovato puntuale conferma in alcune delle sopra citate decisioni.

Infatti, a fronte della prima delle sentenze pronunciate (la n.2991/2010 della Sezione II, che, in palese contrasto con quanto statuito in fattispecie non dissimili, ha ritenuto – poi seguita dalla Sezione I con le sentenze n.7448/2010, n.7456/2010, n.7462/2010 e n.7454/2010 –, che i “ricorrenti … sono portatori di un interesse solo indiretto, in relazione all’effettiva entrata in vigore del nuovo regime pensionistico e contributivo, in quanto potenziali destinatari delle misure da adottarsi anche all’esito del procedimento di concertazione di cui lamentano la mancata attuazione, in ragione della natura normativa dell’atto conclusivo, destinato a disciplinare una serie indeterminata di rapporti di pubblico impiego; ma non sono legittimati a partecipare a detto procedimento, non essendo titolari di un interesse personale, concreto ed attuale, specificamente tutelato dalla norma attributiva del potere con la previsione di un correlato obbligo di provvedere in capo alle Amministrazioni competenti. Ne consegue l’inammissibilità del proposto gravame per difetto di legittimazione attiva in capo agli istanti”), la successiva sentenza n.3995/2010 della Sezione I bis ha, invece, riconosciuto ed affermato la legittimazione dei singoli destinatari dei provvedimenti di negoziazione / concertazione ad agire al fine di ottenere l’avvio delle procedure per l’istituzione della previdenza complementare.

Si legge, più in particolare, nella precitata decisione n.3995/2010 l’importante affermazione, ribadita poi dall’ultima delle sentenze depositate (la n.8008/2010, sempre della Sezione I bis), che: “facendo applicazione dei principi generali, il procedimento per l’istituzione della previdenza complementare, una volta concluso, influisce sugli interessi di tali soggetti (gli attuali ricorrenti), i quali, oltre che trovarsi in una posizione differenziata rispetto a quella della generalità degli altri soggetti, si trovano, precipuamente, in una posizione qualificata dall’ordinamento, atteso che ad essi si applicherebbero, non in via ipotetica, ma con certezza, le norme sulla previdenza complementare, per cui può affermarsi che l’ordinamento, nel disciplinare la normativa sulla previdenza, prende in considerazione proprio la posizione (anche) dei ricorrenti. Alla luce di ciò non può essere messo in dubbio che gli attuali ricorrenti vantino una posizione di interesse legittimo affinchè l’Amministrazione individuata dalla norma (e cioè il Ministro per la Pubblica Amministrazione e per l’Innovazione) attivi il procedimento così come disciplinato”.


Del tutto inaspettatamente, però, non solo le sentenze n.2991/2010, n.7448/2010, n.7456/2010, n.7462/2010 e n.7454/2010 (ossia, quelle che hanno disconosciuto la legittimazione dei ricorrenti), ma anche le sentenze n.3995/2010 e n.8008/2010 (cioè, quelle che, come visto, l’hanno affermata) sono state di rigetto dei ricorsi.

Ciò è accaduto, in quanto, a singolare avviso dell’Organo giudicante, non vi sarebbe stata – e non vi sarebbe – inerzia del Ministero competente rispetto all’avvio della concertazione e negoziazione per l’istituzione della previdenza completare, atteso che: “il suddetto Ministero ha avviato negli anni 1999-2000 le specifiche procedure aventi ad oggetto la materia del TFR e della previdenza complementare, convocando anche le rappresentanze sindacali e militari del personale del comparto, senza, peraltro, giungere ad un accordo condiviso tra le parti interessate. Successivamente, a seguito della modifica introdotta dall’art.3 del D. L.vo n.129/2000 che ha innovato gli artt.3, 4 e 5 del D.L.vo n.195/1995 inserendo espressamente, tra le materie oggetto di contrattazione e di concertazione, la disciplina del trattamento di fine rapporto e delle forme pensionistiche complementari, il Dipartimento della Funzione Pubblica, negli anni 2005 e 2006, ha di nuovo convocato i rappresentanti istituzionali delle amministrazioni allo scopo di riavviare le trattative e la concertazione, ma anche in questo caso non si è giunti ad una positiva conclusione a causa del mancato raggiungimento di un accordo tra le parti interessate”.

La sopra riportata conclusione è, peraltro, errata e smentita dagli stessi fatti che riporta e sui quali si fonda.

Infatti, se è vero che nell’autunno del 1999 vi fu effettivamente convocazione da parte dell’allora Ministero della Funzione Pubblica del tavolo di concertazione e di negoziazione per l’istituzione della previdenza complementare, è vero anche, però, che, in quell’occasione, non fu possibile “giungere ad un accordo condiviso tra le parti interessate” e, inoltre, che da allora, in contrasto con quanto normativamente previsto, non v’è stata più alcuna formale convocazione del detto tavolo, così come dà atto lo stesso T.A.R. del Lazio (anche nelle sentenze n.2991/2010 della Sezione II e n.7448/2010, n.7456/2010, n.7462/2010, n.7454/2010 della Sezione I).

A fronte di questa incontestata ed incontestabile situazione di fatto, non è dato comprendere come sia possibile sostenere – come, invece, è avvenuto – che non vi sia stato e non vi sia il lamentato inadempimento.

Altrimenti detto, a fronte di un’inerzia del Ministero competente rispetto (non soltanto alla conclusione, ma addirittura anche) all’avvio delle procedure de quibus, che dura, quanto meno, da un decennio e che non può reputarsi superata da “iniziative” prive all’evidenza del valore e degli effetti ricollegati dall’art.7, comma 1°, del D.Lgs. n.195/1995 unicamente all’atto di formale convocazione delle parti demandato all’anzidetto Ministero, deve ritenersi sussistere e persistere la dedotta inadempienza dell’Amministrazione al chiaro e preciso obbligo, sulla stessa incombente, a provvedere a dare avvio alle procedure di concertazione e di negoziazione per la definizione, ex artt.3, comma 1°, lettera b), 4, comma 1°, lettera b), 5, comma 1°, lettera b), del D.Lgs. n.195/1995, della disciplina del T.F.R. ai sensi della legge n.335/1995 e l’istituzione della previdenza complementare.

Procedure che, non solo non sono state avviate “in deroga a quanto stabilito dall’articolo 7, comma 1, del citato decreto legislativo n.195 del 1995” (cfr. art.26, comma 20°, ultimo periodo, della legge n.448/1998), ma non lo sono state, sinora, neppure in occasione o nell’ambito delle ordinarie tornate di concertazione e di negoziazione del rapporto di lavoro del personale del Comparto Difesa e Sicurezza, ivi comprese le cc.dd. code contrattuali per il precedente quadriennio 2006/2009.

Né la rilevata persistente inerzia di cui sopra può essere giustificata dalla sussistenza di divergenze valutative tra i partecipanti alle procedure di concertazione e negoziazione. Infatti, la giurisprudenza ha ripetutamente chiarito, che è inammissibile che pretese difficoltà operative o divergenze valutative fra le Amministrazioni coinvolte nel procedimento possano condurre ad una situazione di sostanziale inerzia provvedimentale e che difficoltà di ordine economico possano costituire valido motivo per non provvedere o per ritardare sine die l’adozione di qualsiasi provvedimento.

Inoltre, la sequenza procedimentale disciplinata dall’art.7 del D.Lgs. n.195/95 prevede che, prima, il Dipartimento della Funzione Pubblica formalmente convochi e debba convocare il tavolo di concertazione e negoziazione e che, poi, gli organismi rappresentativi del personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia possano presentare proposte e richieste. Sicché, in difetto, da parte del Ministero, di formale convocazione del tavolo di concertazione e di negoziazione per (o anche per) l’avvio della previdenza complementare, non può, a ben vedere, neppure parlarsi di divergenze di valutazione ostative ad un accordo o di mancanza di interesse delle parti ad addivenire allo stesso.

Tenuto conto di quanto sopra, la possibilità di appello al Consiglio di Stato contro le indicate sentenze appare senz’altro percorreribile, magari, considerata la già evidenziata valenza “politica” dell’iniziativa, DA UN NUMERO LIMITATO DI RICORRENTI, in quanto suscettibile di far ottenere una pronuncia positiva.

Ciò, tuttavia, con l’avvertenza che la vicenda dei ricorsi di cui sopra sta ancora una volta a dimostrare che:

1) come, fin dal marzo del 2008, s’è avuto modo di sottolineare, il tema previdenza complementare ha una fortissima carica “politica”, date le enormi implicazioni finanziarie derivanti, a carico del bilancio dello Stato, da qualsiasi soluzione allo stesso si voglia dare;

2) la via principale per conseguire il risultato ricercato avrebbe dovuto e deve essere quella di un’adeguata forma di pressione politica, su un piano generale, e quella di una maggiore pressione dei Cocer, su un piano particolare, quest’ultima da affiancare, semmai, con un’azione giudiziale dei Cocer dello stesso tipo di quelle di cui qui si discorre.
 

LA RETE LEGALE


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