SCANDALI, CORDATE INTERNE E COMANDANTI GENERALI PROVENIENTI DALLA GDF: LA RICETTA CHE DA ANNI INDICHIAMO E PERCHE' INSISTIAMO PER AVER RISPOSTA ALLE 11 (ORA 12) DOMANDE RIVOLTE AL GENERALE NINO DI PAOLO - di Giuseppe Fortuna

venerdì 08 luglio 2011

Le cronache di oggi riportano notizie allarmate sull’esistenza di “cordate” interne alla Guardia di finanza che potrebbero aver avuto un ruolo nell’inchiesta sulla cosiddetta “P4” e nella nomina del primo comandante generale proveniente dalle fila del Corpo. C’è chi si sdegna (“è una vergogna”) echi minimizza (“è sempre stato così e sempre sarà  così”).

Entrambe le affermazioni hanno nello stesso tempo ragione e torto. Senza bisogno di richiamare gli studi di Pareto, l’esperienza di chiunque abbia vissuto un po’ di tempo in organizzazioni complesse conferma come ovunque il potere sia conteso da elitès concorrenti. Avviene nelle pubbliche amministrazioni, nei partiti, nei sindacati, nelle grandi aziende, come anche nella criminalità  organizzata: è una caratteristica del potere, che poi è semplicemente l’energia che tiene insieme i gruppi sociali. àˆ altrettanto vero, però, che le cordate, specialmente nel pubblico, vanno controllate e limitate, sennò vanno in metastasi e uccidono l’organismo.

 Che ci fosse un grosso problema di cordate interne al Corpo lo abbiamo espressamente segnalato fin dai primi anni di funzionamento del sito di Ficiesse. La prima volta fu a giugno del 2001, quando dalle colonne del Sole 24 Ore (http://www.ficiesse.it/home-page/882/giuliani-su-il-sole-24-ore_-basta-con-i-comandanti-generali-gdf-provenienti-dall_esercito_-e-zignani-non-parli-di-corruzione), Giuseppe Giuliani, già  brillante ufficiale del Corpo, si permise di bacchettare sulle dita l’allora comandante generale Alberto Zignani reo di aver accennato, nella prima pubblica uscita come numero uno delle Fiamme Gialle, al problema della corruzione nel Corpo: non parli moralità  – disse in sostanza l'insigne opinionista - proprio lui che viene dalla stessa istituzione, l’Esercito, del comandante generale Giudice, condannato per lo “Scandalo dei petroli”.

 Ecco il testo della lettera che inviammo nell’occasione al Sole 24:

<<Gentile Direttore de Il Sole 24 Ore, abbiamo letto sul Sole del 21 giugno scorso l’articolo a firma di Giuseppe Giuliani con il quale si auspica che il comandante della Guardia di Finanza sia tratto dalle fila del Corpo, invece che da quelle dell’Esercito. Secondo l’opinionista, la recente concessione del grado di generale di corpo d’armata agli ufficiali delle Fiamme Gialle renderebbe matura la soluzione di concedere loro l’accesso alla funzione di vertice nazionale. In tal modo, si potrebbero evitare – prosegue Giuliani - “scivoloni” come quello preso dal generale Alberto Zignani che nella sua prima apparizione quale comandante del Corpo ha “tirato fuori” la questione morale, proprio lui che proviene dalla stessa istituzione che ha prodotto il generale Giudice, “protagonista” dello scandalo dei petroli. L’associazione Finanzieri Cittadini e Solidarietà  è contraria alla soluzione che Giuliani, senza alcuna argomentazione, caldeggia. Il problema centrale è che, nonostante i recenti provvedimenti di riordino, la Guardia di Finanza è rimasta una organizzazione militare di tipo tradizionale i cui vertici dispongono di poteri pressoché illimitati all’interno delle strutture. Tale modello, che non consente alcuna forma di dialettica interna, è idoneo in tempo di guerra quando per prevalere sul nemico è necessaria la massima concentrazione degli sforzi; ma è pericoloso in tempo di pace, specialmente per un organismo di polizia economica e finanziaria, perché ostacola il confronto delle idee e fa chiudere l’organizzazione su sé stessa. Per questi motivi, l’associazione è decisamente contraria, finché non verrà  attuata la riforma per la democratizzazione delle rappresentanze militari, a comandanti generali provenienti dai ruoli della Guardia di Finanza, in quanto verrebbe accentuata l’autoreferenzialità  e la separatezza dell’istituzione dalla società  civile. Un comandante generale di nomina politica e di provenienza esterna rappresenta, al momento, l’unica garanzia per contrastare il grave fenomeno delle cordateche costituisce una delle principali cause dei comportamenti devianti che si manifestano nel Corpo. Anche per questo sorprende l’attacco personale al generale Zignani che nel corso della sua prima uscita pubblica ha correttamente ricordato la centralità  della questione morale. E’ vero che Giudice è stato “protagonista” dello scandalo dei petroli, ma tutti gli altri protagonisti, come il generale Lo Prete, non erano forse ufficiali di vertice della Guardia di Finanza? Ed è vero o no che i fatti, altrettanto gravi e dolorosi, di Milano e Venezia hanno visto protagonisti due ufficiali destinati a raggiungere i gradi più alti dell’organizzazione? E come mai i risultati della commissione interna di inchiesta che doveva individuare le cause genetiche della tangentopoli milanese non sono mai stati resi pubblici dai generali che l’hanno diretta? Siamo solidali, pertanto, con il Comandante generale Zignani che affrontando con chiarezza, nella sua prima uscita pubblica, la questione morale ha dimostrato una competenza, una sensibilità  e un senso dello Stato ammirevoli.>> 

Concludevamo augurandoci <<che il primo quotidiano economico d’Europa non si limiti, su temi di tale rilievo, alle valutazioni di un singolo opinionista ma decida, come sempre fa, di dare testimonianza delle diverse posizioni esistenti..>> 

Tornammo sull’argomento con un editoriale del 9 febbraio 2002 dal titolo “Perché siamo contrari a comandanti generali provenienti dalla Gdf” (http://www.ficiesse.it/home-page/1218/perche_-siamo-contrari-a-comandanti-generali-provenienti-dalla-gdf---di-giuseppe-fortuna).

 <<In una notizia d’agenzia che pubblichiamo in altra parte del sito, l’Ansa riferisce che per la prima volta sarebbero in corsa, per la carica di comandante generale dei Carabinieri, anche degli ufficiali dell’Arma. Si tratterebbe di una novità  storica per la Benemerita, motivata dal fatto che la riforma ha portato a generale di corpo d’armata il grado vertice degli ufficiali dei Carabinieri, per cui non vi sarebbero più ragioni per insediare al vertice dell’istituzione un pari grado proveniente dall’Esercito. Poiché a una tale novità  aspirano anche i neo-generali di corpo d’armata della Guardia di Finanza, riteniamo utile rappresentare in anticipo quale sia, in merito, l’opinione di Ficiesse. La nostra associazione è decisamente contraria a comandanti generali provenienti dai ruoli della Guardia di Finanza. E’ contraria non perché l’istituzione non sia in grado di esprimere professionalità  di livello elevato, ma per un motivo più semplice. Perché in tal modo verrebbe accentuata l’autoreferenzialità  e la separatezza del Corpo dal resto società  civile. Il problema è che, nonostante i recenti provvedimenti di riordino, la Guardia di Finanza è rimasta una organizzazione militare di tipo tradizionale i cui vertici dispongono di poteri pressoché illimitati all’interno delle strutture. Tale modello, che non consente alcuna forma di dialettica interna, può essere idoneo in tempo di guerra quando per prevalere sul nemico è necessaria la massima concentrazione degli sforzi; ma è pericoloso in tempo di pace, specialmente per un organismo di polizia economica e finanziaria, perché ostacola il confronto delle idee e fa chiudere l’organizzazione su sé stessa. Un comandante generale di nomina politica e di provenienza esterna rappresenta, al momento, l’unica garanzia per contrastare il grave fenomeno delle cordateche costituisce una delle principali cause dei comportamenti devianti che si manifestano nel Corpo.>> 

Il 25 aprile 2010 correggemmo in parte la nostra opinione con l’articolo “Perché non siamo più contrari a un comandante generale proveniente dalla Gdf” (http://www.ficiesse.it/home-page/3872/perche-non-siamo-piu-contrari-a-un-comandante-generale-proveniente-dalla-gdf_-ma-sara-una-responsabilita-da-far-tremare-le-vene-e-i-polsi-–-di-giuseppe-fortuna), dove però, già  nel titolo, mettevamo in guardia che “sarà  una responsabilità  da far tremare le vene e i polsi”, che può essere utile riprodurre anch’esso in questa sede. 

<<Chi sarà  il primo comandante generale proveniente dalle fila delle Fiamme gialle? Questo l’argomento che tiene banco da mesi nei palazzi della Guardia di finanza. E non può essere diversamente, visto l’impatto che avrà  sui destini del Corpo una decisione che sembra raccogliere un consenso così ampio e trasversale a tutte le forze politiche. Ma cosa cambierà  in soldoni nella gestione della Gdf? Molti ricorderanno che in passato, e precisamente a febbraio del 2002, abbiamo espresso un netto dissenso sull’ipotesi di un “C1” proveniente dal Corpo (http://www.ficiesse.it/news.php?id=1218). Osservavamo, in particolare, come la Guardia di Finanza fosse rimasta una organizzazione militare di tipo tradizionale e tendeva quindi ad ostacolare la dialettica e il confronto delle idee, col risultato di chiudersi sostanzialmente su sé stessa e di allontanarsi dalla società  civile. Da allora è passata molta acqua sotto i ponti e dobbiamo riconoscere che quanto a informazione e trasparenza sono stati compiuti passi avanti considerevoli, anche se ancora c’è molto da fare, specialmente sul fronte delle tutele e dei diritti dei cittadini militari. A nostro avviso vi sono, però, due rischi nella proposta di cui si discute che ci sembra importante segnalare. Il primo si riferisce agli scenari generali legati ai temi dell’efficacia, dell’efficienza e della qualità  delle pubbliche amministrazioni, per i quali ci sembra assuma centrale rilievo quella che può essere considerata come la più singolare delle peculiarità  del Corpo: la sua caratteristica di sussidiarietà , di “non indispensabilità ”. La Guardia di Finanza non svolge, infatti, come noto, alcuna funzione in via prioritaria ed esclusiva, ma opera sempre a supporto, in concorso o in sostituzione di altre amministrazioni. Ne consegue, secondo noi, che l'istituzione continuerà  ad esistere negli anni futuri solo e nella misura in cui riuscirà  a garantire un rilevante (e crescente) valore aggiunto rispetto ai suoi competitori naturali (rappresentati, in primo luogo, dalle Agenzie fiscali) e, nel contempo, a rimanere indispensabile nell'istruzione di procedimenti penali a carattere finanziario, economico e societario di particolare complessità  (come quelli Parmalat ed ex Banca Popolare di Lodi, tanto per fare due esempi). Sennonché, per rimanere competitivi non basta certo organizzare corsi di formazione e aggiornamento di buona qualità . Bisogna fare le scelte giuste di lungo periodo. Che vuol dire un vertice nazionale capace di interpretare il presente, di immaginare il futuro e di elaborare visioni strategiche le più convenienti per i destini dell’organizzazione. Fino a oggi, tali scelte sono state di competenza di un “Numero 1” nominato dall’autorità  politica e per di più proveniente da una amministrazione (l'Esercito) istituzionalmente deputata a fare tutt’altro. Perciò, i più o meno inevitabili errori e inadeguatezze della gestione sono sempre tornate sulle spalle del ministro pro tempore senza sfiorare quelle degli appartenenti all’elite di vertice del Corpo. Da domani, questo vantaggio verrà  probabilmente meno e il comandante generale Fiamma Gialla, proprio in ragione della sua lunga militanza nel Corpo, sarà  gravato da una ben maggiore responsabilità . C’è poi il secondo rischio. I lettori non più giovanissimi ricorderanno il devastante “Scandalo dei petroli”, che coinvolse nei primi anni Ottanta i vertici massimi della Guardia di finanza: comandante generale e capo di stato maggiore. Ricorderanno anche, una decina d’anni più tardi, la vicenda altrettanto dolorosa della “tangentopoli” milanese. Ebbene, si trattò di vicende che ebbero un impatto terribile sull’istituzione e su ogni suo singolo appartenente e a nulla valse la considerazione che fatti del genere capitano, più o meno periodicamente, nelle amministrazioni finanziarie di tutto il mondo. In quelle occasioni, politici di rilievo e opinionisti di livello nazionale ebbero parole di grandissima severità  nei confronti della Guardia di finanza, arrivando a paventarne lo scioglimento. E in entrambi i casi fu di grande aiuto, da una parte, la militarità  dei finanzieri e, dall’altra, le osservazioni sulla responsabilità  della nomina politica di comandanti paracadutati chissà  come e chissà  perché dall’esterno. (Anche se in realtà , a nostro avviso, giocò un ruolo decisivo lo situazione di sostanziale abbandono e di incapacità  operativa in cui languivano gli uffici finanziari di quei tempi che non permetteva di rinunciare all'apporto dei finanzieri-militari). àˆ evidente che almeno tale ultimo argomento non sarà  più spendibile nel prossimo futuro e che la Guardia di Finanza, anche in ragione del carattere di “non indispensabilità ” di cui s’è detto, potrebbe difficilmente resistere a prove di altrettanta severità , specialmente ora che il suo primo “competitor” (l’Agenzia delle entrate) manifesta ben altra efficienza e capacità  operativa rispetto al passato. Ecco, allora, il compito che avranno di fronte il primo comandante generale proveniente dal Corpo e i comandanti che avranno l’onore e la gravosa responsabilità  di seguirne le orme: guidare le donne e gli uomini che vestono la loro stessa divisa riuscendo a trasmettere l’entusiasmo e l’orgoglio di far parte di un’istituzione che è rimasta indispensabile per il paese e per i cittadini.>>

 Ecco indicata, quindi, la principale soluzione che secondo noi va perseguita per contrastare che le cordate interne a organismi di polizia, specialmente se strutturati militarmente come Finanza e Carabinieri: 

1) TRASPARENZA PER IL CONTROLLO PUBBLICO DELLE DECISIONI DEI VERTICI E DELLA LORO EFFETTIVA COERENZA CON GLI INTERESSI PUBBLICI; 

2) “MERITO”, INTESO COME MIGLIORAMENTO, ESATTAMENTE MISURATO, DEI SERVIZI RESI AL PAESE E AI CITTADINI E DEI FENOMENI SOCIO-ECONOMICI DI COMPETENZA. 

La trasparenza, dal 2001, con la riforma dell’articolo 118 della Costituzione, la possono finalmente PRETENDERE i cittadini e le loro organizzazioni civiche. E quindi la pretendiamo anche noi del “Comitato Articolo 52 - Militari tra la gente” e dell’Associazione “Finanzieri Cittadini e Solidarietà ”.

Per questo insistiamo perché il primo comandante della Gdf proveniente dall’interno, Nino Di Paolo, risponda, sul caso P4, alle undici domande che gli abbiamo posto dai siti www.ficiesse.it e www.articolo52.it.Per questo, e cioè anche per garantire la maggior trasparenza e il maggior controllo possibili nei confronti di organismi vitali per la democrazia come Guardia di finanza, Carabinieri e Forze Armate, insistiamo da anni affinché sia data completa attuazione all’articolo 52 della Costituzione e le forze politiche si decidano finalmente a riconoscere, superando le ingiustificate (e in qualche caso interessate) resistenze di stati maggiori e comandi generali, quanto la piena libertà  di associazione al personale delle organizzazioni militari in modo che tale CONTROLLO DI LEGALITA'  E AFFIDABILITA' sia il più ampio, strutturato e continuo possibile. 

Un’ultima considerazione sul “merito”, come sopra definito. 

Se le pubbliche amministrazioni non saranno costrette, come cercano inutilmente di imporre le leggi che si sono susseguite in questi ultimi vent’anni (e da ultimo la 150 del 2009) a conseguire obiettivi di reale produttività , qualità  ed economicità  e obiettivi di risultato (outcome) alla cui determinazione devono poter partecipare i cittadini e le loro organizzazioni civiche, i meccanismi di selezione delle burocrazie pubbliche, e specialmente quelle delle Forze armate e di polizia, tenderanno sempre più a premiare non la capacità  professionale e manageriale quanto la fedeltà  cieca (e talvolta illecita) al capobastone di turno. 

 

GIUSEPPE FORTUNA


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