GOVERNO IN IMBARAZZO SUL DIRITTO DEI MILITARI AD ISCRIVERSI A PARTITI POLITICI, IL SOTTOSEGRETARIO CROSETTO RISPONDE A UN'INTERROGAZIONE: NON àˆ VIETATO DALLA LEGGE MA NON SAREBBE CONSENTITO "DALLA PRASSI"

domenica 24 luglio 2011



Legislatura 16º - 4ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 227 del 20/07/2011

PROCEDURE INFORMATIVE 
 

Interrogazione   
 
            Il sottosegretario CROSETTO risponde all'interrogazione n. 3-02145, a firma del senatore Caforio e relativa alle limitazioni dei diritti politici del personale militare osservando che la risposta da lui fornita durante lo svolgimento di una interrogazione a risposta immediata presso la commissione Difesa della Camera dei deputati, avente ad oggetto l'iscrizione dei militari ai partiti politici, ribadiva che, allo stato, non risulta esistere una disposizione di legge che dia espressa e diretta applicazione al divieto di iscrizione ai partiti politici, di cui all'articolo 98 della Costituzione, che, al fine di salvaguardare l'imparzialità  e la sottrazione a strumentalizzazioni di appartenenti a categorie speciali dei pubblici dipendenti, consente di stabilire con legge limitazioni al diritto di iscriversi ai partiti politici per magistrati, militari di carriera in servizio attivo, funzionari ed agenti di polizia, nonchà© rappresentanti diplomatici e consolari all'estero.
            Rileva quindi che le disposizioni riguardanti l'esercizio dei diritti politici da parte dei militari, previste dall'articolo 6, primo e secondo comma, della legge n. 382 del 1978, sono state riassettate nell'articolo 1483 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, che non ha operato, nà© avrebbe potuto operare, alcuna innovazione di istituti preesistenti in ragione dei limiti imposti alla codificazione dall'articolo 14, comma 14, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e dall'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, ivi richiamati, precisando che, con un decreto legislativo già  deliberato preliminarmente dal Consiglio dei ministri ed ora ai previsti pareri, si provvederà  a un perfezionamento formale del riassetto con la sostituzione all'articolo 1483 delle parole «di cui all'articolo 1350» con le parole «che si trovino nelle condizioni di cui al comma 2 dell'articolo 1350», ripristinando l'identico testo dell'articolo 6 della legge n. 382 del 1978 in rapporto all'articolo 5.
            Tutto ciò chiarito, puntualizza che va pertanto confermato quanto affermato in sede di risposta alla citata interrogazione a risposta immediata in argomento, e cioè che, per le Forze armate, non esiste nà© è mai esistita una disposizione di legge ordinaria che, dando attuazione alla previsione dell'articolo 98 della Costituzione, abbia imposto espressamente il divieto di iscrizione ai partiti politici per i militari. Ciò a differenza di quanto avvenuto per i magistrati, per i quali ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 109 del 2006 l'iscrizione o la partecipazione sistematica e continuativa a partiti politici costituisce illecito disciplinare ancorchà© al di fuori dell'esercizio delle funzioni, e per le Forze di polizia, a seguito di quanto disposto dall'articolo 114 della legge n.121 del 1981 e successivi provvedimenti legislativi di proroga.
            Quanto alle Forze armate, il citato articolo 6 della legge n. 382 del 1978 (ora articolo 1483 del Codice dell'ordinamento militare) ha espressamente previsto che esse debbono in ogni circostanza mantenersi al di fuori delle competizioni politiche e che ai militari che si trovino nelle condizioni attinenti alle attività  di servizio di cui al terzo comma dell'articolo 5 (ora articolo 1350, comma 2, del citato codice) è fatto divieto di partecipare a riunioni e manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, nonchà© di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche o candidati a elezioni politiche e amministrative. Le Forze armate hanno pertanto dato e danno attuazione alle citate disposizioni assumendo di non poter ravvisare per i militari, nel descritto quadro normativo di riferimento, la possibilità  di iscrizione ai partiti politici, in quanto essa stessa costituisce espressione di militanza politica attiva e, come tale, in antitesi rispetto al dovere di preservare, in ogni circostanza, l'estraneità  delle stesse Forze armate da qualsivoglia competizione politica.
            Al riguardo, prosegue l'oratore, mentre non si ha contezza di pronunce in materia della Corte Costituzionale, risulta che recentemente il Consiglio di Stato, nell'unico intervento del quale si ha notizia, abbia affermato, ancorchà© in sede cautelare, che in ragione del quadro normativo attuale non possa considerarsi legittima l'assunzione di cariche attive da parte di militari all'interno di organizzazioni partitiche.
            Questo è quindi il quadro normativo e la situazione in materia di possibilità  di iscrizione dei militari ai partiti politici; un quadro di riferimento che potrebbe essere ulteriormente definito con chiare disposizioni legislative idonee a coniugare i diritti dei singoli con l'esigenza di terzietà  delle Forze armate.
 
     Il senatore CAFORIO (IdV) sottolinea l'importanza delle problematiche sottese al suo atto di sindacato ispettivo, rimarcando altresì l'esigenza che la normativa vigente venga sottoposta ad interventi volti ad eliminare interpretazioni discriminatorie.
            Conclude dichiarandosi parzialmente soddisfatto delle delucidazioni ricevute.
 

Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02145

Atto n. 3-02145 (in Commissione)

Pubblicato il 5 maggio 2011
Seduta n. 550

CAFORIO - Al Ministro della difesa. -
Premesso che:
il 28 giungo 2010 il generale Massimo Iadanza, comandante interregionale carabinieri "Vittorio Veneto", in una circolare indirizzata al consiglio intermedio di rappresentanza dell'Arma (prot. 117/5-2005), afferma come l'iscrizione ai partiti politici, ancorchà© non vietata, sia da intendersi assorbita dal divieto di esercizio dell'attività  politica, prevedendo gravi sanzioni disciplinari per i trasgressori;
numerosi atti di sindacato ispettivo, anche precedenti alla nota citata, hanno posto in diverse occasioni la questione di una diffusa convinzione secondo la quale il personale militare non avrebbe il diritto di iscriversi a partiti politici;
il 5 aprile 2011 è stata presentata in IV Commissione permanente (Difesa) della Camera dei deputati l'interrogazione 5-04535 riguardante l'iscrizione di personale militare a partiti politici, a cui il Sottosegretario di Stato per la difesa, on. Crosetto, ha risposto il 6 aprile 2011 confermando quanto espresso nella circolare e dando un'interpretazione del quadro normativo di riferimento non condivisibile, tanto da indurre il deputato Di Stanislao a presentare, in data 14 aprile 2011, una nuova interrogazione (4-11619) contenente una diversa interpretazione delle norme citate, nonchà© la richiesta al Governo di riconsiderare quanto affermato dal Sottosegretario;
l'art. 98 della Costituzione prevede che «Si possono con legge stabilire limitazioni al diritto d'iscriversi ai partiti politici per i magistrati, i militari di carriera in servizio attivo, i funzionari ed agenti di polizia, i rappresentanti diplomatici e consolari all'estero», affermando il principio secondo il quale limitazioni nell'esercizio dei diritti politici fondamentali del personale delle Forze armate sono possibili qualora vi siano interessi superiori e nelle forme strettamente stabilite dalla legge;
appare evidente, in ragione della natura dei diritti individuali di cui il cittadino militare verrebbe privato, come non sia consentito interpretare in modo estensivo divieti non espressamente previsti da disposizioni di legge;
a tutt'oggi non è stata promulgata una legge che preveda esplicitamente il divieto per il personale delle Forze armate di iscriversi a partiti politici;
l'articolo 6 della legge n. 382 del 1978, e l'articolo 1483 del codice dell'ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010, citati dal Sottosegretario, prevedono entrambi che le Forze armate debbano mantenersi, in ogni circostanza, al di fuori delle competizioni politiche ed individuano limitazioni alla partecipazione dei militari a riunioni o manifestazioni di partito o nello svolgimento di propaganda a favore o contro partiti; tali disposizioni risultano, per stessa ammissione del Sottosegretario, prive di norme che pongano un esplicito divieto al personale militare di iscriversi a partiti politici;
per legge, dunque, si fa riferimento alla sola partecipazione alle competizioni politiche, e a quelle attività  che necessariamente le accompagnano, mentre in nessun modo vengono interessati dalle disposizioni in oggetto i comportamenti che siano semplice espressione di una preferenza o di un'appartenenza politica;
il principio di estraneità  dalle competizioni politiche è chiaramente riferito alle Forze armate complessivamente ed istituzionalmente intese e non alle condotte del singolo militare che, nell'esercizio di un diritto costituzionale garantito a tutti i cittadini, si iscriva ad un partito o svolga attivismo politico, fermo restando il rispetto delle limitazioni che la legge stabilisce,
si chiede di sapere:
se il Ministro in indirizzo intenda rivedere o ridimensionare l'interpretazione del quadro normativo di riferimento offerta dal Sottosegretario per la difesa in merito all'iscrizione di militari a partiti politici;
quali iniziative intenda porre in essere per ridurre la confusione generata dagli atti amministrativi esistenti, relativi alle limitazione dei diritti politici del personale militare, poco chiari e soggetti a interpretazioni contrastanti, al fine di annullare la discrezionalità  che oggi contraddistingue le autorizzazioni a partecipare alla vita politica, difficilmente concesse ai subalterni dai propri ufficiali.

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