VISCO: FIAMME GIALLE INFILTRATE DALLA POLITICA, UNA PARTE DEI VERTICI NE PORTA LA COLPA. A MILANO GRUPPO DI POTERE (int. al Corriere della Sera)

domenica 31 luglio 2011


Corriere della Sera – 31 luglio 2011

L'ex ministro

A Milano gruppo di potere

VISCO: FIAMME GIALLE INFILTRATE DALLA POLITICA UNA PARTE DEI VERTICI NE PORTA LA COLPA

ROMA — «Quando nel 2oo6 sono tornato al ministero dell'Economia ho trovato nella Guardia di Finanza una situazione molto peggiore di quella lasciata cinque anni prima. Meno autonomia, più influenza della politica. In particolare a Milano c'era un gruppo molto legato a Marco Milanese e quindi a Giulio Tremonti. Un vero grumo di potere». Allora Milanese era già  stato aiutante di campo di Tremonti al ministero, poi ne sarebbe diventato consulente politico. Lo ha mai conosciuto? «No. Ma poi ho saputo che, quando era ancora nella Guardia di Finanza, era proprio lui a gestire la scorta in occasione dei miei viaggi a Milano». Vincenzo Visco ha avuto per quasi sette anni la responsabilità  della Guardia di Finanza. Ed anche lui ha avuto il suo grande scontro, quello del 2007 con il comandante Roberto Speciale che portò quasi ad una crisi di governo.
Tremonti dice che nella caserma della finanza si sentiva spiato. Le pare possibile?
«Non credo che i finanzieri, per conto proprio, si mettano a spiare il loro ministro».
Lei dice per conto proprio. Pensa sarebbe possibile se la richiesta arrivasse da chi è più in alto?
«Mi sembra difficile. Quando ero ministro venivo informato di ogni incontro che i vertici del corpo avevano con i politici. Ma certo, allora i rapporti erano trasparenti».
Lei era stato accusato di aver fatto pressioni sul generale Speciale per obbligarlo a trasferire quattro ufficiali che a Milano indagavano sulla scalata alla fini di Unipol, vicina al suo partito.
«Lo scontro venne presentato così ma si trattava di una ricostruzione ridicola. Tutti sapevano che a indagare su quella vicenda era il nucleo valutario di Roma».
Qual era il motivo dello scontro, allora?
«Proprio la gestione del Corpo, poco autonoma e influenzata dalla politica».
Sta parlando del gruppo legato a Milanese e Tremonti?
«Non solo. Il generale Speciale mi aveva proposto una serie di trasferimenti che riguardavano tutte le province tranne Milano e Roma. Come se quelli dovessero restare lì per sempre, intoccabili. E poi affidava ad alcuni colonnelli compiti che in realtà  spettavano a generali».
Cosa c'era dietro, secondo lei?
«Una gestione delle promozioni che veniva influenzata dalla politica con il rischio di interferenze esterne e anormali sulle indagini. E guardi che gran parte di queste preoccupazioni erano condivise dai generali Pappa e Favaro, che di Speciale erano i vice».
Che effetto le fece, poi, vedere Speciale eletto con il Pdl?
«Nessuna sorpresa, la conferma di quello che pensavo».
Le accuse nei suoi confronti vennero archiviate ma il magistrato scrisse che le sue pressioni furono «indebite».
«Una forzatura per dare un colpo al cerchio ed uno alla botte. Quello che conta è l'archiviazione. E ricordo che venni iscritto nel registro degli indagati dopo l'esposto di Costantino Belluscio, ex deputato socialdemocratico e appartenente alla P2».
Si dovrebbe dimettere Tremonti per la vicenda della casa?
«Allo stato non sono in grado di dire se si deve dimettere domani, dopodomani o mai. Certo, quello che sta venendo fuori è poco commendevole. Ma mi sembra chiaro che l'uscita delle notizie sia in qualche modo sollecitata. E che il tutto parta non da una questione morale ma dallo scontro di potere fra Berlusconi e Tremonti. Quella che mi dispiace, però, è un'altra cosa».
Cosa?
«Che un Corpo di qualità  si trovi precipitato in questo gorgo per colpa di una parte dei suoi vertici. Oggi, nell'interesse di tutti, bisognerebbe tutelare la Guardia di Finanza. Non mi sembra che stia accadendo».

Lorenzo Salvia

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