MILANESE RACCOMANDAVA IL FIDANZATO DELLA FIGLIA. NELLE CARTE DEL MOSE TUTTI I FAVORI ED I CONTATTI CON I FINANZIERI (Il Fatto Quotidiano)

domenica 06 luglio 2014

Il Fatto Quotidiano – 6 luglio 2014

MILANESE RACCOMANDAVA IL FIDANZATO DELLA FIGLIA

Nelle carte del MOSE tutti i favori ed i contatti con i finanzieri prima delle manette

di Davide Vecchi e Antonio Massari

Il primo giorno cruciale è il 29 aprile 2010: quando, per la prima volta, Marco Milanese incontra il re del Mose, Giovanni Mazzacurati. Il secondo è il 16 giugno 2010: il giorno successivo al pagamento, secondo l’accusa, della tangente di 500 mila euro da parte di Mazzacurati. E in questi 48 giorni Milanese ha fatto partire, dal proprio cellulare, almeno sessanta tra telefonate e sms indirizzati esclusivamente agli uomini del “sistema corruttivo”. Da venerdì Milanese è in una cella d’isolamento, nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, dove sta elaborando la linea difensiva con il suo difensore, l’avvocato Bruno Larosa. La difesa che punterà anche a valutare il suo stato di salute: Milanese, spiega Larosa, che l’ha incontrato in queste ore, un anno fa ha subito un infarto. Domani incontrerà il gip per l’interrogatorio di garanzia. L’accusa è pesante: corruzione. Secondo la procura veneziana ha intascato 500mila euro per favorire il finanziamento di 400 milioni di euro, deciso dal Cipe nel 2010, destinato al Mose.

ALTRI 500 mila euro, invece, li avrebbe intascati per coinvolgere l’ex generale della guardia di finanza, Emilio Spaziante, nel “monitoraggio” delle indagini svolte dalla procura veneziana. In quei mesi l’imprenditore Roberto Meneguzzo, tramite tra Mazzacurati e Milanese, riportava colloqui e sms – ricevuti da Milanese – al “re del Mose”: “Il nostro amico mi ha detto che è confermato che domani va il Mose in Cipe”. E aggiunge: “Ha parlato con il suo Capo”, cioè Tremonti. E ancora: girava direttamente un sms, ricevuto poco prima da Milanese, nel quale era scritto: “Al consiglio di domani sera c’è la norma per Mose… Avverti il nostro amico e tranquillizzalo!”. Il “nostro amico” era Mazzacurati. “Tre – monti mi aveva detto di occuparmi di Mazzacurati personalmente perché era un rompicoglioni – è la versione di Milanese – e non voleva che lo contattasse continuamente. E io contattavo Meneguzzo per evitare che Mazzacurati continuasse a rompere le scatole a me”. Milanese, che in queste ore ha incontrato il suo avvocato, in cella si sfoga così: “Ma come potevo, io, gestire 400 milioni di euro? Non poteva farlo neanche Giulio Tremonti. E infatti c’era uno stallo tra lui e Altero Matteoli: Tremonti chiedeva che fosse il ministero delle Infrastrutture, a stanziare i 400 milioni necessari per il Mose, mentre Matteoli diceva che lui, dal suo dicastero, non intendeva spostare un centesimo, perché aveva già impegnato il miliardo che aveva a disposizione. E poi, se avessi voluto intascare dei soldi, mi sarei fatto affidare una consulenza: scrivevo dieci pareri in un anno e incassavo centinaia di migliaia di euro…”. Ma è per “l’intenso pericolo di reiterazione”, oltre alla “pericolosità sociale eccezionalmente elevata”, che Milanese è finito in carcere due giorni fa. Gli investigatori hanno intercettato il telefono intestato a sua figlia e hanno scoperto tre episodi, descritti in un’informativa depositata il 2 luglio, allegata all’ordine d’arresto firmata dal gip veneziano Alberto Scaramuzza. “Come sta andando il ragazzo?”, chiede Milanese, chiamando un generale della GdF, per avere informazioni sul fidanzato della figlia che, l’11 marzo scorso, ha partecipato al concorso per l’accademia ufficiali delle fiamme gialle a Bergamo. “Non volevo influenzare nessuno –è in sintesi la sua difesa – ma soltanto chiedere che il mio futuro genero non fosse penalizzato dalle mie vicende: ormai ho molti nemici nella GdF, ma non è giusto che il fidanzato di mia figlia, paghi per le mie vicissitudini”. A detta di Milanese, la risposta dell’ufficiale sarebbe stata piuttosto piccata: “Se il ragazzo merita bene, se è incapace non passa”.

IL SECONDO episodio riguarda una “a utenze del quartier generale della Gdf presso il comando generale in Roma”. Sul punto, la difesa di Milanese, è piuttosto circostanziata. In un processo a Napoli l’accusa sostiene che Milanese abbia ancora un ruolo nella GdF. “Ci siamo riservati di produrre la documentazione che dimostra il contrario – spiega Larosa – Abbiamo il verbale del sottufficiale del Comando Generale, che ci consegna il foglio matricolare di Milanese, specificando di averlo consegnato ‘previa richiesta telefonica’ dello stesso Milanese. Tutto qui”. Infine, secondo l’accusa, Milanese è intervenuto negli ultimi mesi sul ministero della Salute, per intercedere in merito alla commercializzazione di un’acqua minerale, e per questo viene contattato da un uomo del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza. “In questa vicenda – conclude Larosa – ho un ruolo preciso: una cliente mi aveva chiesto di vendere la sua fonte d’acqua minerale. Ho chiesto a Milanese, al quale avrei versato una parcella come consulente e collega, di verificare se esistevano le condizioni per la vendita. Milanese ha verificato che la venditrice non era in possesso della licenza e, dopo quella telefonata, mi ha avvertito: sono certo che, tra le intercettazioni, c’è anche quella con me, che fuga ogni dubbio sulla situazione”.


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