ZAVATTOLO: ATTENZIONE ALLA MILITARIZZAZIONE ED AL CORPORATIVISMO DEL COMPARTO SICUREZZA. PERICOLOSA LA DIREZIONE INDICATA NEL LIBRO BIANCO DELLA DIFESA. INTERVENTO DEL SEGRETARIO GENERALE FICIESSE AL CONVEGNO CGIL SULLA RIFORMA DELLE POLIZIE

sabato 29 novembre 2014

Di seguito l'intervento di Francesco Zavattolo al convegno organizzato dalla CGIL il 26 novembre scorso.

 

Trent'anni fa, a seguito di forti tensioni sociali  sfociate ne terrorismo, il settore sicurezza è stato interessato da una profonda stagione di riforme che ha avuto il culmine con l’emanazione della Legge 121 del 1981.

Quella legge, infatti, non era solo foriera di benefici economici e di carriera e di diritti nei confronti del personale della Polizia di Stato, ma rappresentava soprattutto, la trasformazione della polizia italiana da “polizia del sovrano” a “polizia del cittadino” ed avvicinava i poliziotti alla società civile ponendoli dentro le regole democratiche e non al di fuori come era stato sino ad allora.

Sulla scia di quella riforma venne interessato anche il comparto difesa, anche a seguito dei ricorsi presentati da Carabinieri e Finanzieri che portarono alla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 277/1991, alla Legge delega n. 216/1991 ed alla successiva decretazione delegata del 1995. Vi fu, in sostanza, l’allargamento di molti contenuti della Legge n, 121 anche al personale delle Forze di Polizia militari e, per scelta politica, anche al personale delle Forze Armate. E’ nato così il comparto sicurezza e difesa. Di conseguenza tutti quei principi democratici che in qualche modo appartenevano al mondo civile cominciavano a trovare spazio e ad innovare, dopo la sicurezza, anche un settore fortemente chiuso come quello militare.

Un processo di democratizzazione e di emancipazione del personale che sembrava irreversibile, ma che ebbe una prima pesante battuta d’arresto nel 1999, quando la Corte Costituzionale con la sentenza n. 499 negò ai militari la possibilità di costituirsi in sindacato.

Da quel momento in poi, per una serie di motivi (scarsa tensione sociale, professionalizzazione delle Forze Armate, missioni internazionali), quel processo si è fermato e negli ultimi tempi si è addirittura invertito.  Oggi è la Difesa che, a differenza di qualche anno fa, sembra tirare il comparto sicurezza in un lento processo di nuova militarizzazione.

Il nuovo Codice dell’Ordinamento Militare, Strade sicure, la specificità, gli arruolamenti dei VFP,  e, da ultimo, il libro bianco della difesa ne sono limpidi esempi.

Basta leggere i punti 68 e 69 del Libro Bianco (attenzione sono militari anche Carabinieri e Finanzieri!) per capire quale è la direzione che intende seguire la Difesa: separare i militari dalla società civile.

Art. 68

...Occorre pertanto interrogarsi se la condizione di militare e le relative assolute peculiarità, anche di impiego e di stato giuridico, non possano essere meglio garantite e rese di maggiore utilità per il Paese riconoscendo a tale condizione una differenza tanto marcata dal pubblico impiego da superare il rapporto di genere e specie che, fino ad ora, ha condizionato entrambi i domini.

Art. 69

Occorre verificare, inoltre, se le esigenze di utilizzabilità ed efficacia operativa, essenziali ad un modello professionale ed in una prospettiva di integrazione europea, possano essere garantite dall’attuale sistema di reclutamento, permanenza in servizio e progressione di carriera, che genera una elevata età media del personale, minore flessibilità di impiego ed operatività dei Reparti e costi complessivi elevati.

 

Non so, in termini assoluti, quale dei due passaggi è più pericoloso per gli equilibri democratici delle forze armate in particolare, e del paese in generale. Certo è che nel secondo articolo, il 69, dove si dice che bisogna verificare se le esigenze operative possono essere garantire dall'attuale sistema di arruolamento, permanenza in servizio e progressione delle carriere che genera un'elevata età media del personale, significa, a mio modesto parere, che o si va verso un futuro esercito di "mercenari", persone ingaggiate per 5 o massimo 10 anni eppoi scaricate, oppure, cosa ancor peggiore per i riflessi negativi che potrebbe avere sui cittadini, che questi futuri VFP(10) una volta finito il servizio nella forza armata finiscano ad integrare gli organici delle forze di polizia. In questo modo non si farà altro che spostare i costi umani dalla difesa alla sicurezza.

Nel frattempo però la crisi economica ha fatto riemergere la tensione sociale e le Forze di Polizia, al di là dei tagli finanziari, si sono, di nuovo come negli anni settanta, trovate impreparate (culturalmente prima che organizzativamente) di fronte alla piazza. Non solo una questione di risorse, mezzi o contratti. E’ una questione di cultura, la cultura che si respira all’interno delle caserme e degli Uffici di Polizia.

Altro aspetto preoccupante che non possiamo e non dobbiamo assolutamente sottovalutare (e che indica che problema culturale di cui prima ho fatto accenno) è la tendenza di alcune sigle sindacali, di inasprire il rapporto tra gli operatori di polizia e cittadini. L'esasperazione della difesa corporativista ad oltranza, che abbiamo conosciuto in questi ultimi mesi, e mi riferisco al caso Cucchi, Aldovranti e agli scontri con il lavoratori di Terni, portate avanti da alcune organizzazioni sindacali della Polizia di Stato  sono espressione del tentativo di addensare adesioni attorno ad una cultura violenta e separatista che ricorda altri tempi. Ecco, noi, la Cgil, non possiamo soprassedere su questi fenomeni. Questi Vanno ostacolati con forza comunicativa e con la professione di una nuova cultura, della cultura della condivisione e del dialogo, altrimenti non passerà tempo che si arriverà allo scontro civile.

Questo è lo scenario. Quali sono le soluzioni?

ü  Riattualizzare la 121, soprattutto nella parte che prevede la formazione e la trasparenza.

ü  Avviare una nuova stagione di dibattito pubblico attorno al tema della sicurezza.

ü  Aprire ad una piena sindacalizzazione confederale ai sindacati di polizia, perché quel bisogno di tenere separati i corpi di polizia dalla resto della società civile, per assicurare la neutralità dei poliziotti, non ha più ragione di esistere, anzi, tutt'altro.

ü  Aprire alla sindacalizzazione nelle strutture militari, o almeno per le Forze di polizia, lo prevede la ConvenzioneEDU, lo ha ribadito il CorteUDU, l'art 11 della convenzione non dice che hai militari è negato il diritto di associazione, ma solo che va ricollocato con le leggi nazionali che ne dovranno definire i limiti....

ü  Avviare la contrattazione integrativa. Non possiamo ridurre tutto e tutti in un comparto unico. Ogni organizzazione ha una sua particolare funzione, una sua veste, e non è assolutamente vero che la divisa di un poliziotto vada bene anche al finanziere o all'aviere....

ü  Spostare il sistema degli obiettivi e, di conseguenza dei risultati, dalla repressione alla prevenzione.

 

Concludo. Dire che le Forze di Polizia sono troppe e basta, non significa nulla. Dire che da qui all'estate rimarranno solo due forze di polizia è un'assurdità. Non paga in termini di efficienza, né di risparmi di spesa! Il 90% dei costi di un bilancio delle amministrazioni pubbliche sono dati dalla spesa per il personale, non si risparmierebbe nulla, a meno che non si stia pensando di licenziare.

Noi un dibattito, oggi, lo abbiamo aperto. Dobbiamo ora portarlo all'esterno, nella società civile e nel mondo delle università, questo ci potrebbe aiutare ad avere un quadro costituzionale e giuridico complessivo, fondamentale per un tema delicato come quello del futuro assetto delle forze di polizia e del rapporto tra queste e i cittadini. Ed il sindacato confederale, la CGIL in primis, deve essere protagonista di questo dibattito, come lo fu negli anni settanta.

Francesco Zavattolo

Segretario generale FICIESSE

 


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