PENSIONI E BLOCCO CONTRATTUALE. BASTA CON LA LOGICA DEI “DIRITTI ACQUISITI E CHI SE NE FREGA DI CHI VIENE DOPO”. IL PERSONALE ATTUALMENTE IN SERVIZIO HA GIA' PAGATO TROPPO LE FURBATE DEI PREDECESSORI - di Gianluca Taccalozzi.

lunedì 08 giugno 2015

E’ iniziata l’era Boeri all’INPS. Finalmente i dati in possesso dell’Ente Previdenziale saranno pubblici e tutti conosceranno e saranno in grado di apprezzare gli effetti di anni di compromessi, consociativismo ed irresponsabile gestione della previdenza. Un’intera classe dirigente (politici, burocrazia, sindacati) ha cristallizzato a suo favore una situazione che già si sapeva insostenibile, salvando le loro rendite e scaricando i sacrifici (e debiti) sulle future generazioni. Il conflitto generazionale sulla previdenza esiste e la questione verrà inevitabilmente affrontata, non fosse altro perché tutti quei soggetti che fino a ieri erano troppo giovani per sapere, per conoscere e per contare, oggi stanno aprendo gli occhi e stanno arrivando ai vertici della politica, dei sindacati e della burocrazia.

La fotografia scattata dall’INPS sui trattamenti pensionistici del personale del comparto sicurezza e difesa (così come di altri settori) è impietosa. Oltre il 90% dei pensionati del settore beneficia di un trattamento economico ben superiore rispetto ai contributi versati.

Il dato fa scalpore ma non può e non deve sorprendere. E’ infatti ovvio che il combinato disposto tra il vecchio metodo retributivo, i limiti ordinamentali, le vecchie modalità di accesso anticipato e la struttura delle carriere e delle retribuzioni del comparto sicurezza e difesa producesse questo tipo di risultato.

Calcolare l’assegno di pensione sulla base degli ultimi stipendi, a prescindere dai contributi effettivamente versati, nei confronti di lavoratori che:

  • avevano una vita lavorativa sensibilmente inferiore rispetto a tutti gli altri lavoratori per effetto dei c.d. “limiti ordinamentali” e delle finestre di accesso anticipato alla pensione;

  • avevano una struttura di carriera e di retribuzione legata principalmente alla mera anzianità di servizio con scatti e promozioni negli ultimi anni/mesi/giorni di carriera;

  • godevano di importanti meccanismi di incremento dell’assegni pensionistici (ausiliaria, privilegiata, sei scatti, 18%, ecc.),

comportava inevitabilmente un assegno di pensione superiore ai contributi realmente versati.

I dati pubblicati dall’INPS, quindi, rappresentano un quadro del tutto normale e perfettamente legittimo ma fotografano una situazione figlia di un sistema che già da anni non esiste più.  Le riforme pensionistiche degli anni novanta, la riforma Fornero, l’ultima legge di stabilità e l’atteggiamento più prudente delle commissioni mediche per l’attribuzione delle cause di servizio, infatti, hanno già di fatto corretto il sistema e determineranno la drastica riduzione dello squilibrio tra assegni di pensione e contributi versati.

Una “correzione” che però sarà pagata solo dal personale che andrà in pensione con il metodo misto o interamente contributivo, perché dal 1992 ad oggi si è sempre ragionato secondo la logica dei “diritti acquisiti e chi se ne frega di quelli che vengono dopo”.

Allora dove reperire le risorse per incentivare la crescita, aumentare la flessibilità in uscita e creare nuovi posti di lavoro? Dove volete, ma lasciate stare le pensioni e gli stipendi di chi oggi è in servizio. Noi abbiamo già dato e già non godiamo più di pensioni squilibrate rispetto ai contributi versati.

Abbiamo pagato in termini di pensione, per effetto:

  • dell’introduzione del metodo contributivo: con gli stessi contributi percepiremo un assegno di pensione molto inferiore;

  • dell’”annacquamento” dei meccanismi di compensazione dei limiti ordinamentali: il “X5” ed il ricalcolo del trattamento pensionistico a margine dell’ausiliaria valgono molto di meno rispetto alle “supervalutazioni” del retributivo;

  • del congelamento stipendiale e del blocco contrattuale: i contributi persi non ce li restituirà nessuno;

  • del cambio di atteggiamento delle Commissioni Mediche per l’attribuzione delle “cause di servizio”: oggi accolta solo in caso di gravi e dimostrate patologie e fino a qualche anno fa riconosciuta anche per un “brufolo”;

  • del mancato adeguamento della struttura delle carriere e della retribuzione rimaste ancorate a concetti come l’anzianità di servizio e la retribuzione fissa premianti con il sistema retributivo e penalizzanti con il sistema contributivo;

  • del mancato allungamento dei limiti ordinamentali per adeguarli ai nuovi limiti pensionistici: con il contributivo, infatti, bisogna lavorare più a lungo per incrementare l’assegno di pensione ed essere sbattuti fuori prima equivale ad un danno.

Abbiamo pagato in termini di lunghezza della vita lavorativa, per effetto del metodo contributivo e della modifica dei requisiti di accesso anticipato alla pensione: una volta si poteva andare in pensione (con un assegno dignitoso) con meno di 26 anni di servizio ed oggi per avere un assegno decoroso bisogna lavorare sino a 60 anni ed oltre.

Abbiamo pagato in termini di stipendio per effetto del congelamento contrattuale e del blocco stipendiale.

Non intendiamo più pagare per tutti i danni prodotti dagli errori, dall’irresponsabilità  e dalle “furbate” fatte dalle precedenti generazioni! Se i “diritti acquisiti” esistono, allora devono esistere per tutti e non si può continuare a pretendere che esistano solo per chi è già andato in pensione o chi si è assicurato (non curandosi di chi veniva dopo) un trattamento pensionistico ingiustificato e finanziariamente insostenibile (a partire da politici, maxi-dirigenti, sindacalisti, ecc.).  

E’ il caso che anche la Corte Costituzionale ne prenda finalmente atto!

Vedremo se il prossimo 23 giugno, quando dovrà decidere sul blocco dei contratti, continuerà a ritenere legittimo qualsiasi taglio alle retribuzioni del personale in servizio o userà la stessa “sensibilità” mostrata (in maniera sistematica e consolidata) rispetto a qualsiasi tipo di taglio delle pensioni retributive.

Gianluca Taccalozzi -Delegato Cocer Guardia di Finanza


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