L'ARTICOLO DI LIBERO E' IL SEGNALE DI UN DISAGIO CONCRETO E DI REALI PROBLEMI NELLA GUARDIA DI FINANZA. BASTA CON LA POLITICA DEGLI STRUZZI: IL CORPO HA BISOGNO URGENTEMENTE DI RIFORME, MA NON DI STRUMENTALIZZAZIONI PSEUDO-SCANDALISTISCHE

martedì 29 aprile 2014

 

Ha destato molto scalpore l’articolo di Libero dal titolo provocatorio “CONFESSIONI DI UN FINANZIERE "INCASSO TANGENTI PER LO STATO", nel quale verrebbe riportato lo sfogo di un anonimo Maresciallo della Guardia di finanza impegnato nell’attività di verifica fiscale alle imprese.

Non è nostro interesse appurare se lo scritto sia effettivamente di un appartenente alla Guardia di finanza o se sia frutto di un collage di informazioni riportate da un giornalista; né tantomeno ci interessa sapere quali siano i sentimenti e le motivazioni che hanno spinto l’estensore a sfogarsi.

Per le finalità che hanno l’associazione e questo sito internet, interessa capire se quello che viene descritto nell’articolo corrisponda alla realtà e cosa comporti per l’efficienza e la funzionalità della macchina fiscale ed in particolare della Guardia di finanza in questo caso.

Ebbene, al di là delle esagerazione dei titoli di Libero, della evidente strumentalizzazione ed enfatizzazione anti-fiscale e di alcune iperboli ed imprecisioni contenute nell’articolo, da quanto ci è dato sapere, per la conoscenza che abbiamo grazie ai numerosi soci in servizio nella Guardia di finanza, possiamo affermare che gran parte di quel che viene descritto corrisponda sostanzialmente alla realtà.

Preliminarmente corre però l’obbligo di esprimere il più assoluto disappunto per l'uso di termini come “tangenti per lo Stato” o di altre espressioni che nulla hanno a che fare con l’applicazione della legge e l’esercizio legittimo di poteri pubblici, quali quelli in capo alla Guardia di finanza e dei suoi tanti appartenenti che compiono dignitosamente il loro dovere.

Sfatiamo anche una leggenda: non esistono premi in denaro per coloro, semplici Finanzieri o alti Dirigenti, che raggiungono determinati risultati nella lotta all’evasione.

Infatti il sistema premiale della Gdf non si basa sui risultati ottenuti nella lotta all’evasione ed in ciò differisce molto da quello dell’Agenzia delle Entrate; paradossalmente questo è però un punto debole della distorta macchina tributario. Le progressioni di carriera in Gdf hanno poco di meritocratico in quanto si basano in gran parte sulla mera anzianità o, questo soprattutto per i vertici, sulla fedeltà alla gerarchia, come qualsiasi struttura militare in tempo di pace; ne deriva che i risultati reali dell’attività antievasione destano poco interesse.

E' vero anche che i verificatori non sanno pressoché nulla del verbale che si invia all'Amministrazione finanziaria. Ciò che conta è la statistica (il famigerato STAT), cioè quanto viene segnalato, non quanto sarà realmente incassato.

Come è noto l’attività d’accertamento è in capo solo all’Agenzia, mentre la Gdf si limita a segnalare la presunta evasione. Ne può conseguire una de-responsabilizzazione da parte dei verificatori: si può segnalare il massimo possibile, anche magari grazie forzate interpretazioni normative, tanto sarà poi compito dell’Agenzia vagliare. Ma sulla base di questi rilievi parte poi la fredda macchina dell’accertamento, del contenzioso o del concordato.

All’interno della Gdf l’attività di verificatore è ormai considerata la meno appagante, stretta tra esigenze di mera statistica (che confluiranno nelle asettiche relazioni annuali), nessun tipo di incentivazione e poche risorse. Viene dato più riconoscimento ad un sequestro di stupefacenti che ad una attività di contrasto all’evasione, perché sui giornali è più facile che ci vada il sequestro, per non parlare di quell'attività premiale che nulla hanno a che vedere con i compiti del Corpo.

Chi può cerca quindi di dedicarsi ad altro: lo stesso MEF ha certificato che solo 1 Finanziere su 6 (10.000 su 60.000) è impiegato nella lotta all’evasione, la quale in teoria sarebbe invece il core business del Corpo, proprio perché essa è divenuta la meno valorizzata.

Se per l’Agenzia il sistema degli incentivi ha prodotto un “eccesso di zelo”, nella Gdf l’assoluta mancanza di incentivi ha invece prodotto la fuga dall’attività principale (pare che quasi la metà dei Finanzieri non farebbe attività operativa). Pertanto uno dei primi interventi da porre in essere sarebbe proprio quello di motivare e rendere maggiormente appagante l’attività core.

I problemi evidenziati dall’anonimo Maresciallo sono assai spinosi è difficilmente emergono in una organizzazione chiusa come quella militare, anche a causa della mancanza di organismi terzi in grado di tutelare veramente il personale, ma è bene che ormai si affrontino pubblicamente, senza fare gli struzzi mettendo la testa sotto la sabbia, ma nemmeno con una campagna di delegittimazione come quella allestita da Libero.

Bene farebbe la politica e la dirigenza ad affrontare il disagio ormai evidente tra i Finanzieri, di cui l’articolo è solo la punta dell’iceberg, e le disfunzioni di una organizzazione che necessita urgentemente di essere riformata


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