RAPPRESENTANZA MILITARE. DOPO IL 30.05.2012 SI DOVREBBE COMUNQUE VOTARE, ANCHE CON LE VECCHIE REGOLE. MENTRE SULLE NUOVE INCOMBE LA SCURE DELLA CORTE COSTITUZIONALE

lunedì 12 marzo 2012

RAPPRESENTANZA MILITARE. DOPO IL 30.05.2012 SI DOVREBBE COMUNQUE VOTARE, ANCHE CON LE VECCHIE REGOLE. MENTRE SULLE NUOVE INCOMBE LA SCURE DELLA CORTE COSTITUZIONALE

Quando è stato approvato il famigerato emendamento Scanu/Saltamartini, aldilà  del merito delle novità  introdotte al Codice dell’Ordinamento Militare, avevamo stigmatizzato i nefasti effetti che quelle modifiche avrebbero potuto comportare in sede di applicazione, per la difficoltà  di rideterminare la composizione dei Consigli e per il fatto che la legge non spiegava chiaramente la valenza dei mandati pregressi e di quello in corso per il limite dei tre mandati.
La novità  dell’ultima ora è rappresentata dal ricorso che sta predisponendo il PDM, in ordine alla possibile anticostituzionalità  delle modifiche introdotte al Codice dall’emendamento in questione, sulla base della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012. Un ricorso che, visto il contenuto della citata sentenza, presenta notevolissime probabilità  di essere accolto.
Ciò premesso, è ora tutto nelle mani del Ministro della Difesa che, a questo punto, può:
1.     emanare le necessarie modifiche al Testo Unico DPR n. 90/2010, con i ricalcoli della composizione dei Consigli e l’interpretazione della valenza dei mandati pregressi e del mandato attuale, in tempo utile per concludere i procedimenti elettorali entro il termine del 15.07.2012 (termine peraltro sollecitatorio/ordinatorio e non perentorio visto che mancano nella legge le paroline “e non oltre”), così come si è impegnato a fare alla Camera;
2.     non rispettare il termine, come detto non perentorio, del 15.07.2012 e non indire le elezioni del XI mandato sino all’emanazione delle modifiche regolamentari, procurando, di fatto, una proroga “sine die” dell’attuale X mandato;
3.     non emanare le necessarie modifiche al Testo Unico ed indire le elezioni con le vecchie regole rispettando il calendario già  predisposto, rimandando l’attuazione delle nuove regole in attesa dell’eventuale pronuncia della Corte Costituzionale.
Tutte tre le ipotesi, comunque, portano ad una situazione di incertezza ed instabilità , in quanto: nel primo caso, nell’eventualità  di una declaratoria di anticostituzionalità  delle nuove regole, si arriverebbe all’annullamento delle elezioni appena fatte, nel secondo caso si procurerebbe una proroga “sine die” dell’attuale X mandato e, nel terzo caso, si procederebbe ad elezioni con regole già  modificate da una nuova legge.
Una situazione molto simile si è già  recentemente verificata per le R.S.U. del pubblico impiego, quando il D.Lgs. 150/2009 (c.d. decreto Brunetta), all’art. 65 co. 3, ha disposto la proroga delle R.S.U., allora in scadenza, sino al 30.11.2010, in attesa che si desse attuazione alle modifiche introdotte agli artt. 54 e 56 dello stesso Decreto delegato (ovvero la riduzione dei comparti del pubblico impiego). Anche in tale occasione, la proroga delle R.S.U. era subordinata all’attuazione di una legge e prevedeva come termine ordinatorio e non perentorio la data del 30.11.2010.
 
Cosa è successo? Il termine del 30.11.2010 non è stato rispettato, ovvero non si è provveduto alla ridefinizione dei comparti del pubblico impiego, ed alcune organizzazioni sindacali hanno richiesto l’indizione delle elezioni. Il Ministero della Funzione Pubblica ha quindi adito il Consiglio di Stato che, con il parere n. 551 del 03.02.2011, ha affermato che il termine del 30.11.2010 non era un termine perentorio e che, superato quel termine senza che l’attuazione delle nuove regole sui comparti del pubblico impiego fosse stata posta in essere, non poteva sussistere una condizione sospensiva “sine die” del diritto ad eleggere la rappresentanza sindacale unitaria e che bisognava quindi comunque indire le elezioni con le vecchie regole. Si riporta di seguito un breve passo del parere:
“Ne consegue che dopo il termine del 30 novembre 2010 si riespande il diritto al rinnovo degli organi di rappresentanza sindacale di cui all’art. 42, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Naturalmente gli eletti secondo le regole previgenti, nei comparti in corso di revisione, rimarranno potenzialmente in carica per tre anni come da disciplina contrattuale.
Tuttavia se prima del decorso del predetto triennio si arriverà  alla definizione dei nuovi comparti previsti dalla riforma sarà  necessario indire con immediatezza le nuove elezioni, e le rappresentanze sindacali in carica secondo le vecchie regole rimarranno in carica fino all’insediamento dei nuovi eletti nei comparti revisionati (nello spirito di quanto disposto dall’art. 65, comma 3, più volte citato).”

La questione si è poi risolta con l’elezione delle nuove R.S.U., avvenuta nei giorni 5-7 marzo 2012, con le vecchie regole, in attesa di dare attuazione alle modifiche già  previste dalla legge ma non ancora attuate.
E’ chiaro che il parere espresso dal Consiglio di Stati è riferito a rappresentanze sindacali mentre la rappresentanza militare non ha natura sindacale, ma è altrettanto vero che non è ammissibile negare ai lavoratori con le stellette la possibilità  di scegliere i propri rappresentati solo sulla base di disfunzioni organizzative della pubblica amministrazione.
Senza contare che le nuove regole introdotte con l’emendamento in questione, potrebbero inoltre essere cancellate dalla Corte Costituzionale.

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