CONSUETA POSIZIONE DEL C.S.M. DIFESA ALLA CAMERA: RAPPRESENTANZA MILITARE, PER SPECIFICITA’ DELLE FORZE ARMATE, DEVE RESTARE UNITA ED INTERNA ALLA STRUTTURA A SUPPORTO DEI COMANDANTI. NESSUNA DISTINZIONE SUL RUOLO DEI FINANZIERI

mercoledì 23 luglio 2014

CONSUETA POSIZIONE CONSERVATIVA DEL CAPO DI S.M. DELLA DIFESA IN AUDIZIONE ALLA CAMERA: LA RAPPRESENTANZA MILITARE, PER LA SPECIFICITA’ DEL PERSONALE DELLE FORZE ARMATE, DEVE RESTARE UNITA ED INTERNA ALLA STRUTTURA IN QUANTO DI SUPPORTO AI COMANDANTI. NESSUNA DISTINZIONE SUL RUOLO PARTICOLARE DEI FINANZIERI. PROSSIMAMENTE L'AUDIZIONE DEL GENERALE CAPOLUPO.

 

Pubblichiamo il testo dell’audizione, avvenuta ieri alla Commissione Difesa della Camera dei Deputati, del Capo di Stato Maggiore della Difesa, Ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, nell’ambito dell’esame delle proposte di legge per riformare la rappresentanza di militari.

Il vertice militare delle Forze Armate ha sostanzialmente confermato le consuete posizioni di chiusura netta su qualsiasi intento riformatore che trasformi concretamente lo strumento rappresentativo. Nel suo intervento l’Ammiraglio, come di consueto, non ha preso in nessuna considerazione la diversa posizione dei Finanzieri, i quali sono stati assimilati in tutto e per tutto al personale delle Forze Armate.

Prossimamente si dovrebbe tenere anche un'audizione del Comandante Generale Gdf; daremo sicuramente conto della posizioni del vertice delle Fiamme Gialle ed in particolare se si discosteranno da quelle del Capo di Stato Maggiore della Difesa.

Le parti evidenziate sono a cura della redazione.

 

Audizione informale del Capo di SMD in IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati su P.D.L. in tema di Rappresentanza Militare 

Fa fede il testo effettivamente pronunciato nel corso dell'audizione

 

Ringrazio il Presidente Vito, i Vice Presidenti Artini e Villecco Calipari e tutti gli Onorevoli Parlamentari della Quarta  Commissione Difesa della Camera dei Deputati per l’odierna convocazione sul disegno di legge di riforma della Rappresentanza militare.

Un tema importante sul quale sono state presentate tre proposte di legge da parte di alcuni Onorevoli Parlamentari (1).

Il mio auspicio è che si possa individuare e perseguire in maniera il più possibile condivisa una soluzione normativa che – anche alla luce del mutato quadro di riferimento – sappia conciliare le esigenze del personale militare, il ruolo della Rappresentanza e la specificità del Comparto Difesa e Sicurezza, con i compiti istituzionali dello Strumento Militare.

Vorrei ricordare che io stesso, nel mio primo incontro con il COCER Interforze quale Capo di Stato Maggiore della Difesa, ho rappresentato la necessità di rivedere le norme della Rappresentanza Militare in quanto, alla luce della “Legge sui Vertici” n. 25/97 (poi ripresa nel Codice dell’Ordinamento Militare), esse dovevano essere attualizzate e ho sollecitato gli stessi delegati ad avanzare specifiche proposte, con la massima disponibilità alla collaborazione.

La Rappresentanza Militare “nasce” infatti nel 1978 e viene normativamente orientata alla proposizione di iniziative legate alla cosiddetta “vita di guarnigione” ed al benessere - in senso lato - del personale militare, in una fase storica in cui le Forze Armate erano caratterizzate da un minimo coinvolgimento in missioni internazionali (allora agli albori), dalla “coscrizione obbligatoria” e dalla presenza di personale militare esclusivamente maschile che “viveva”  la caserma, la nave, il reparto come una “seconda casa”.

In tale ambito, i delegati degli Organi di Rappresentanza erano i principali interlocutori dei Comandanti, l’anello di congiunzione tra la “base” ed il “vertice”, con iniziative finalizzate a migliorare la “qualità della vita” del personale. Non a caso il COBAR, il Consiglio di Base di Rappresentanza (il livello “fisicamente” più vicino al personale), era percepito come la Rappresentanza per eccellenza, con uno strettissimo legame tra “eletti” ed “elettori”. I livelli intermedio e centrale (COIR e COCER), veicolavano le istanze che per loro natura richiedevano un coinvolgimento ed una assunzione di decisioni ad un livello superiore, fino al vertice politico del Dicastero.

L’avvio del processo di professionalizzazione e l’apertura alla componente femminile delle Forze Armate, gli attuali mezzi comunicazione di massa e la loro velocità (la Rappresentanza Militare è presente su siti web della Difesa anche con link dedicati), la “globalizzazione” delle problematiche hanno radicalmente mutato il quadro di riferimento e le stesse esigenze da veicolare e rappresentare, “accorciando” le distanze tra COCER, COIR e COBAR. Al riguardo, l’articolo 878 del Testo Unico dell’Ordinamento Militare ha novellato le aree di competenza “comuni” a COBAR, COIR e COCER, con un focus particolare proprio sugli aspetti assistenziali e sociali, legati al miglioramento della qualità della vita, includendo anche la tematica dell’integrazione del personale femminile in ambito militare.

È anche importante evidenziare la competenza specifica del COCER per quanto attiene a “…pareri, proposte e richieste su materie che formano oggetto di norme legislative e regolamentari circa la condizione, il trattamento, la tutela di natura giuridica, economica, previdenziale, sanitaria, culturale e morale dei militari”, come previsto dall’articolo 879 del Testo Unico dell’Ordinamento Militare.

Si tratta di tematiche di grande rilievo, soprattutto alla luce delle attuali penalizzazioni in termini stipendiali, con il blocco delle progressioni economiche e con effetti negativi anche maggiori in una prospettiva pensionistica, anche per il mancato avvio della previdenza complementare del Comparto Difesa e Sicurezza.

Se da un lato è quindi cresciuta la “consapevolezza del ruolo”, dall’altro si è manifestata in alcuni casi - a fronte di una situazione di grande disagio per le motivazioni su esposte - una tendenza ad indirizzare la Rappresentanza verso modelli organizzativi ed operativi di tipo sindacale.

Si è anche assistito ad iniziative individuali o di gruppi di delegati (e quindi prive del requisito essenziale della “collegialità” e della “rappresentatività”), dalle quali sono scaturiti “comunicati” - spesso non condivisi in ambito COCER - diffusi via internet in maniera quanto meno irrituale, con il rischio di sminuire il valore della Rappresentanza e la sua vera forza: la coesione interna.

Un modus operandi che non solo non risponde alle esigenze del comparto militare, ma non è neppure funzionale alla miglior tutela al personale militare, il prioritario parametro da tenere in considerazione nell’agire quotidiano.

Voglio anche sottolineare che il rapporto dello SMD e mio personale con le Organizzazioni Sindacali per la trattazione delle problematiche afferenti al Personale Civile della Difesa è assolutamente trasparente e costruttivo, significando che il “distinguo” con le Organizzazioni sindacali non vuole suonare irriguardoso, ma evidenziare che la Rappresentanza Militare è una questione affatto diversa.

La  “specificità militare” richiede infatti un approccio alle tematiche del personale “con le stellette” diverso da quello del Pubblico Impiego, proprio per ciò che il loro status comporta in termini di limitazioni e obblighi che non vengono chiesti ad altri Servitori dello Stato.

Ricordo che la sentenza n° 449 del 1999 della Corte Costituzionale sulla Legge n. 382/78 – istituente la Rappresentanza Militare – chiarisce che la Legge in questione “pur negando ai militari la libertà sindacale riconosce loro le facoltà tipiche di essa, devolvendole ad organi che si pongono in posizione collaborativa e non antagonista rispetto all’autorità militare”. Ritengo quindi che l’intento del Legislatore fosse di avere un organismo endogeno a supporto e a consiglio della catena gerarchica e non un elemento avulso né in  antitesi alla stessa. Del resto, poiché qualunque militare riconosce nella motivazione e nella coesione del proprio reparto l’elemento prioritario ed indispensabile della sua operatività ed efficacia, è evidente che gli obiettivi del Comandante e dei rappresentanti di Base non possono che coincidere nella grandissima parte dei casi.

Un istituto dunque specifico delle Forze Armate e delle Forze di Polizia ad ordinamento militare (Carabinieri e Guardia di Finanza), che può e deve essere attualizzato nei suoi meccanismi, nella sua struttura e nelle sue modalità di funzionamento, ma che non può essere stravolto, salvaguardandone la funzione di supporto nei confronti dei Comandanti e di tutela del personale soprattutto per porre sempre più l’Uomo e non l’Organizzazione al centro di tutto.

Auspico quindi un sereno e ponderato dibattito sul tema, perché è nell’interesse di tutti (e del Capo di SMD per primo) che le esigenze del personale militare vengano tutelate nel miglior modo possibile.

Ho detto “l’Uomo al centro”. E le donne e gli uomini che devono essere tutelati dai Comandanti con il supporto fondamentale degli Organi della Rappresentanza non sono solo pubblici dipendenti ma “militari”, con uno status giuridico chiaramente definito dalla legislazione e dalle normative vigenti.

Il Codice dell’Ordinamento Militare (il decreto legislativo n. 66/2010) identifica obblighi precisi (quali, ad esempio, “l’impegno senza riserva, fino al sacrifico della vita”) ed anche limitazioni personali difficilmente riscontrabili tra i pubblici dipendenti (quali, ad esempio, le costanti verifiche di idoneità psico-fisica ed il mantenimento di elevati standard di efficienza operativa, l’assoggettamento a codici penali e regolamenti “ad hoc”, l’incompatibilità generale dello “status militare” con l’esercizio di ogni altra professione od attività, il divieto di ricorrere a forme di libertà quali il “diritto di sciopero”, la valutazione sistematica del rendimento in servizio, etc.). A tal proposito, evidenzio che lo Stato Maggiore della Difesa ha recentemente interessato la Rappresentanza Militare per contribuire in termini propositivi a dare effettività a quell’articolo 19 della Legge n. 183/2010 che ha sì riconosciuto la “specificità” militare, ma senza che siano poi seguite azioni/provvedimenti che la sostanziassero, con una omologazione del personale militare ai Pubblici dipendenti, fatti però salvi i doveri, le limitazioni ed i sacrifici (personali e familiari) che la vita militare impone.

Parimenti sono stati attivati, su alcune aree tematiche, dedicati Tavoli Tecnici riguardanti: “Il Riordino dei Ruoli e delle Carriere”, “I prestiti al Personale e la Previdenza Complementare”, “Il blocco del trattamento economico ed il Fondo per l’Efficienza dei Servizi Istituzionali (FESI)” e “La Riforma della Rappresentanza Militare”.

Quest’ultimo Tavolo Tecnico, per ovvi motivi, non si è ancora riunito proprio in attesa degli esiti dei lavori parlamentari, significando che comunque la possibilità di poter essere auditi da parte di questa Commissione consente di esprimere opinioni ed avanzare proposte. I restanti tre Tavoli Tecnici si stanno riunendo invece regolarmente e sono attivamente impegnati in un aperto e corretto confronto.

Devo poi rimarcare come la stessa “specificità” militare si rifletta “negativamente” nelle diversità esistenti in termini di possibilità concertative/contrattuali delle rappresentanze del Comparto Ministeri rispetto a quelle delle similari Parti sociali delle Forze di Polizia e di quelle, per l’appunto, della Rappresentanza Militare.

I modelli di riferimento in ambito europeo indicano come in molte nazioni la rappresentanza dei militari non abbia una fisionomia di tipo sindacale e l’attività svolta, all’interno dell’amministrazione o all’esterno da Associazioni, è essenzialmente rivolta al miglioramento del benessere del personale.

Fanno eccezione Germania e Svezia dove la struttura di tipo sindacale è esterna ed è autofinanziata, pur occupandosi delle stesse materia di cui tratta la Rappresentanza Militare.

Si tratta ora di verificare e, se necessario, attualizzare materie, funzionalità, possibilità di interazioni esterne all’Amministrazione Difesa, a partire dalle materie già oggi oggetto delle attività della Rappresentanza Militare. A ben vedere, esse sono ampie e variegate. Sono escluse solo quelle indissolubilmente vincolate all’efficienza dello Strumento Militare. Mi riferisco alla preclusione a trattare ordinamento, struttura delle Forze, addestramento, operazioni, il settore logistico-operativo, il rapporto gerarchico-funzionale e l’impiego. Confermo ancora valide tali limitazioni individuate all’origine dal legislatore, proprio per la peculiarità dello Strumento Militare e nei compiti ad esso assegnati (che richiedono prontezza decisionale, rapidità risolutiva, alta mobilità ed assoggettamento a particolari ed usuranti condizioni di impiego oltre alla indispensabile riservatezza per garantire la sicurezza dello Stato e del personale stesso). Viceversa, un settore che nell’evoluzione generale può ora trovare spazio di trattazione è la possibilità di una certa autonomia negoziale in materia di concertazione economica, al pari di quanto avviene per le Forze di Polizia ad ordinamento civile.

Infatti, ad oggi, la Rappresentanza Militare non può esprimere una autonoma posizione in questa materia, una possibilità che invece potrebbe dare più voce alle istanze del personale, ponendosi quale ulteriore attore nei confronti dell’Esecutivo, distinto dall’Amministrazione Difesa.

Per quanto riguarda il funzionamento generale, la Rappresentanza si presenta nell’attuale struttura da 36 anni. Nata in un contesto di scambi informativi limitati, essa è desueta nei livelli organizzativi, nella composizione e durata del mandato, nelle modalità di relazioni esterne al Dicastero della Difesa.

Innanzitutto, grazie ai nuovi sistemi di comunicazione globale, ritengo si possa ipotizzare una struttura più snella, agile e funzionale (in linea con la filosofia stessa della Revisione dello Strumento Militare), con l’eliminazione dei livelli intermedi non più necessari (penso ai COIR) in modo da rendere ancor più diretto e tempestivo il collegamento tra “periferia” e “centro”.

Si può quindi valutare la possibilità di deliberare anche a maggioranza semplice e per comparto ma tenendo unita come ora la Rappresentanza Militare, nell’attuale configurazione di Sezioni di Forza Armata con la contestuale contrazione del numero dei delegati per categorie, distinguendo anche tra graduati e militari di truppa.

Tutto ciò potrà assicurare maggiore continuità d’azione e mitigare il problema della mancanza del numero legale: quindi più omogeneità interna e più peso alle effettive proposte della periferia.

Penso inoltre ad un solo mandato non prorogabile onde garantire un adeguato e costante ricambio generazionale, a vantaggio della freschezza di idee e della riduzione di possibili rischi di autoreferenzialità. La riconferma (anche per più mandati) nella carica di delegato rischia di “allontanare” il personale militare dalle realtà operativa e dalle concrete esigenze della base, creando dei “professionisti della Rappresentanza”, sentiti come poco “rappresentativi” dalla Base ancorché tecnicamente preparati.  Infine, ritengo importante sottolineare che la Rappresentanza Militare non può essere l’interlocutore politico del Dicastero, in quanto tale funzione è peculiare del Ministro della Difesa. È tuttavia vero che alcuni vincoli esistenti in termini di relazioni esterne sono stati superati nei fatti e va quindi riconosciuta alla Rappresentanza la facoltà di poter legittimamente, attraverso un suo “rappresentate legale”, colloquiare ed esprimere autonome posizioni con i Media e con le Istituzioni.

In conclusione, nella speranza di aver sgombrato il campo da ogni possibile fraintendimento sulla funzione “storica” della Rappresentanza Militare, ne ribadisco il suo insostituibile ruolo di supporto per il miglior espletamento della funzione di comando, ad ogni livello ordinativo. Sottolineo, infine, che i Comandanti sono istituzionalmente i primi responsabili del benessere del personale dipendente, che deve essere nelle migliori condizioni per assolvere i peculiari e sovente rischiosi compiti che gli vengono chiesti per prepararsi e per assolvere le missioni, in Italia così come nei Teatri Operativi.

Quando si parla di “governo del personale” e di “funzione di comando” si parla anche di questo, e la Rappresentanza in tale contesto è un elemento “chiave” ed imprescindibile.

Tutto ciò, partendo da una premessa sostanziale: per la specificità delle Forze Armate ed i compiti ad esse assegnati, la Rappresentanza deve rimanere all’interno della struttura militare della Difesa con connotazione non sindacale e sostenuta finanziariamente con oneri a carico del Bilancio della Difesa.

Nel rispetto della apoliticità delle Forze Armate, essa deve essere uno strumento a supporto, anche critico, della catena gerarchica, ma con spirito propositivo e costruttivo, in linea con l’etica e i valori delle Forze Armate. La Rappresentanza Militare ed i Comandi corrispondenti devono poter operare con la massima sinergia e comunione d’intenti, per il bene dell’Organizzazione, del personale militare, della nostra stessa Sicurezza e Difesa.

Con questo auspicio concludo il mio intervento e rimango a disposizione per eventuali approfondimenti.

 

 

 

Nota:

(1) A.C. 1963 On. Scanu e altri; A.C. 1993 On. Duranti e A.C. 2097 On. D’Arienzo.

 


Tua email:   Invia a: